PROLOGO: Da qualche parte nella catena Hymalaiana. Qualche giorno prima.

 

Il mondo stava tornando, seppur lentamente, ai ritmi familiari, alle piccole tragedie quotidiane di una specie ‘dominante’ a volte afflitta da manie di egocentrismo, a volte perseguitata per davvero da civiltà che si presupporrebbe essere più mature.

I satelliti civili e militari svolgevano il loro lavoro, seguendo, spiando, registrando, catalogando ogni stranezza, con un occhio di riguardo per tutto quanto potesse essere collegato ai più recenti eventi di respiro mondiale.

Il G-21 non era l’ultimo nato nelle più recenti generazioni di satelliti-spia –anzi, la sua storia tecnologica risaliva agli anni ’60, i più ‘caldi’ della Guerra Fredda. Il concetto di ‘microchip’ doveva ancora farsi strada nelle menti dei pionieri dell’informatica.

L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche aveva, da prima del proprio collasso, perso interesse ad aggiornare questo segugio, limitandosi ad aspettarne la naturale degradazione orbitale. Dimenticandosi di una sua speciale funzione, funzione di cui erano a conoscenza solo i membri ormai morti di un politburo già allora fossilizzato su un’età media che in tutto l’Occidente sarebbe andata bene solo per la pensione.

Alla vigilia di un nuovo evento che avrebbe ancora una volta sconvolto molti delicati progetti politici, con ripercussioni a lungo termine in buona parte del mondo[i], accadde un fatto nuovo, gravido di conseguenze a breve termine.

Il G-21, che una mano infelice era riuscita a porre su un’orbita stabile sopravvissuta a quella della stessa, defunta MIR, stava sorvolando una zona dell’Asia sud-orientale continentale. Seguendo istruzione vecchie di oltre 40 anni, l’apparecchiatura di bordo, schermata da soluzioni che i migliori satelliti moderni oggi invidierebbero, registrò un picco nelle comunicazioni provenienti dall’area sotto esame.

Un picco davvero insolito! Una comunicazione intermittente, come una chiamata ripetuta più volte, su una frequenza variabile molto sofisticata –ma non era questo, a interessare i vecchi database del satellite. No, erano ormai tanto numerosi i rapporti riguardo a frequenze criptate moderne e quindi ad esso comunque incomprensibili, che se avesse potuto, si sarebbe stupito di non avere ricevuto nuove istruzioni…No, quello che rendeva interessante questa comunicazione, era la sua destinazione: non era diretta a nessun altro satellite in orbita o aereo-spia sub-orbitale.

Era diretta verso lo spazio esterno. Non verso un’immaginaria base lunare segreta degli Americani.

Era diretta oltre i sensori del satellite, che poteva al massimo calcolare una possibile area di destinazione.

Era diretta verso Marte.

Adesso, G-21 sapeva cosa fare.

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 1 – VENDICATORI CERCASI (anche vivi o morti)

 

 

Oggi.

 

Interno di un bar. Tipico: atmosfera a dir poco malsana di tante sigarette da uccidere la mosca più ferrata. Un brusio di chiacchiere più fitto del fumo di sigarette, fitto e più incomprensibile nel suo insieme del rumore di fondo cosmico percepito dal COBE. Odore di sudore umano e di alcool a gradazione scadente. Luci al neon ottime per sostituire il sole più incallito per una bella abbronzatura tumorale.

Benvenuti in un qualunque bar di Chicago, dove la frase del giorno, anzi, di tutti i giorni, era ‘farsi gli affari propri’. Non si concepivano grandi disegni criminosi, qui dentro. La clientela era, a suo modo, rispettabile, malata solo di trasgressionismo ma rispettabile. Qui non si reclutavano mezze tacche per le accademie di Taskmaster o per le bande degli zar del crimine organizzato.

Al massimo, qui, un eroe poteva cercare nuovi modi di guadagnarsi il pane.

L’eroe in questione, era naturalmente nei suoi abiti civili –camicia bianca, giacca e cravatta grigi, pantaloni pure grigi, il tutto di un tessuto economico ed anonimo.

Ora, bisognava solo ricordare a Craig Hollis che una criniera di capelli rossi folta come una foresta tropicale stonava preoccupantemente con un abbigliamento del genere. E che un paio di occhiali neri da popstar in camuffa erano un altrettanto richiamo anche per la persona meno ficcanaso del mondo –dettagli sottolineati dalle occasionali occhiate lanciate di stralcio dagli avventori più vicini al tavolino d’angolo.

Non favoriva le cose l’interlocutore di Craig: un uomo di mezza statura, il vostro tipico ‘topo da scrivania’ dalla camicia gialla con cravatta hawaiana, calvizie incipiente su capello nero e untuoso con boccoli da parrucchiere. Non aveva proprio un fisico da Weissmüller, e sudava nell’ambiente che non aveva mai conosciuto un condizionatore.

Due cose accumulavano i due uomini: gli stessi occhiali neri che quasi li costringevano ad andare a tocco per essere sicuri della reciproca presenza, e una parola.

Soldi,” disse Craig Hollis. “Non mi importa come, ma questo progetto deve fare soldi…Di’, ma sei sicuro che funzionerà? Voglio dire, sei in libertà da appena un mese…”

Stewart Cadwell si picchiò la pancetta. Una cosa, la prigione gli aveva fatto di buono: non aveva mai perso tanto peso, e si sentiva quasi umano –peccato che avesse altresì perso tanti capelli! “Mio carissimo amico,” disse, propinandogli il sorriso che aveva garantito a suo tempo l’ingaggio del cast per Gli Amici di Sammy, “un mese, un anno…non fa differenza alcuna per il sottoscritto. Il vecchio Stu ha sempre lo smalto dei suoi vent’anni! E, soprattutto, Stu sarà il primo a realizzare uno show di super con dei professionisti!” passò di colpo a un’espressione dismissiva, come se gli avessero appena proposto uno scartino per la portata principale. “Mica quella specie di ‘Ora dei Dilettanti’ di Super Heroes[ii]

“L’unica cosa da mettere su sono le situazioni in cui gli intrepidi Parafulmini sgomineranno bande di criminali a raffica. Dovremo cominciare da un documentario sullo stile ‘Una giornata con i Difensori’, ma con molte più scazzottate! Le major faranno a cazzotti sul serio, per avervi come star. Surclasseremo Simon Williams, giovanotto, ve lo prometto!!

L’ultima tirata, svoltasi in un crescendo quasi Mussoliniano, riuscì a canalizzare l’attenzione di tutti gli avventori per circa 2 secondi… “Parachi?” fece un teen-ager lentigginoso. Tutti tornarono di colpo alla loro occupazione di contribuire all’avvelenamento atmosferico locale. Qualcuno fece strani cenni alla tempia all’indirizzo di Stewart e Craig.

Ma a Craig non importava, ché già gli brillavano i simboli del dollaro negli occhi. Stewart lo aveva in pugno. Con aria da cospiratore, l’ex produttore di Hollywood si chinò in avanti e disse, “I tuoi soci sono dentro, vero? E non ti preoccupare per le condizioni: Stu vi offrirà il meglio del meglio durante le riprese.” Voleva dire che avrebbe avuto da fare a prosciugare ogni carta di credito inviata per posta, impegnando il nome dei ‘suoi’ ragazzi per il rientro –ma che diavolo! Chi non risica non rosica, giusto?

Improvvisamene, Craig sembrava…a disagio. Primo irrigidirsi del sorriso di Stewart.

“Err…be’, Dinah c’è di sicuro. Forse riesco a metterci dentro Hollis…” tossicchiò.

Crepe da un labbro all’altro –presente quando cominciano a saltare i punti del lifting?

“Il fatto è che Harold deve continuare certe ricerche, sai ha appena preso un nuovo lavoro. Ashley, be’, lei dice di avere speso un po’ troppo dei suoi soldi nelle nostre imprese…”

Caduta decisa delle labbra. Riflesso minaccioso di luce negli occhiali. Voce da impresario funebre. “Figliolo. Con tre Parafulmini ci faccio sì e no il Trio Fantasticus.” Steward si alzò in piedi. “Chiamami solo quando non avrai voglia di farmi perdere tempo, intesi? E ora scusami, ma ho altri appuntamenti.” Afferrò un cappellaccio di feltro appeso alla spalliera della sedia, e si allontanò a rapidi passi.

Naturalmente, non aveva alcun ‘altro appuntamento’…Ma non poteva neppure permettersi di fare l’accomodante. Era un produttore, non un agente –che ci pensasse quel cosiddetto eroe, a radunare la squadra! E li avrebbe resi famosi, poco ma sicuro…O, almeno, si sarebbe goduto un po’ di bella vita.

I suoi pensieri furono interrotti dalle due figure in tuta bianca da motociclista che quasi lo travolsero. “Ma per la…E fate attenzione, no?!” esclamò, quasi cadendo all’indietro –quasi, perché fu saldamente trattenuto per le braccia come da un paio di morse! Anzi, la figura che lo stava trattenendo lo stava decisamente spingendo come fosse senza peso verso il tavolo dove stava Craig!

“Un momento! Giuro che non stavamo tramando niente! Lo so, sono un pericoloso supercattivo, ma mi sono redento, ho scontato la mia pena, non potremmo…parlarne?” terminò l’ultima frase con un grugnito di dolore, quando fu fatto sedere con tale forza che quasi sfondò la sedia. Con la coda dell’occhio, vide che Craig era impallidito violentemente.

Gardner Monroe, alias Craig Hollis, alias Flashback, alias Mister Immortal,” disse uno dei due, con una voce impersonale come quella del boia. “In base all’articolo 2222bis Comma E1 Paragrafo gamma4 della Legge di Discronazione, quali componenti dei Vendicatori dei Grandi Laghi di questa Terra-615, dovete essere terminati. Tale sentenza è senza appello.” L’aria tremolò intorno alla sua mano, e l’arto fu un attimo dopo riempito da una specie di pistola. Puntò.

Ma, a quel punto, la sedia era vistosamente vuota. I due sicari si guardarono intorno, confusi.

“Lo dico sempre anch’io,” fece Cadwell. “Dialoghi troppo lunghi. Cavolo, è un miracolo che non sia Thor a finire col prenderle…Ehi, giù quell’affare! Ci si potrebbe far male, lo sai? E poi io non sono neppure un eroe, figurarsi un Vendicatore. Aiuto?

Ma avrebbe potuto chiedere aiuto alla sabbia del deserto, per quel che valeva. All’interno del locale, ogni essere vivente, ogni cosa che non fosse l’aria era praticamente immobile, congelato nelle posizioni occupate fino a pochi secondi prima. Il contenuto di un bicchiere congelato nella caduta era ridotto a una scultura astratta.

“Vendicatore Stewart Cadwell, alias Thundersword, sei colpevole ai sensi ed agli effetti di quanto sopracitato. Eseguire sentenza.” Puntò l’arma.

Stu sorrise.

 

Per strada, l’effetto di congelamento temporale non era stato attivato. Nessuno fra i pedoni aveva fatto caso all’improvvisa quiete dal locale –ce n’era abbastanza fuori, di casino…

Poi, ci fu il lampo. I recenti eventi, fra terrorismo e alieni assassini, causarono la folla ad una reazione univoca ed inequivocabile: panico! I marciapiedi riversarono il loro carico nella strada. In strada, le macchine che non si erano fermate, dopo avere travolto dei passanti in fuga, si scontrarono con quelle che avevano cercato di evitarli. In un momento, la strada divenne un impraticabile ‘serpentone’ d’acciaio e carne.

In quel bailamme, nessuno fece caso alle due figure in bianco che furono scaraventate fuori. Un momento dopo, emerse un uomo in un’armatura d’oro a metà fra il medioevale ed il futuribile. “Voi dovete essere invero folli, sgherri!” sollevò una mano a pugno. Una fulmine globulare crepitò intorno ad esso, un fulmine

che divenne una lancia a due punte, a forma di fulmine. “Provate la mia ira, adesso!” e lanciò. L’arma si trasformò in una coppia di saette.

I due ‘sgherri’ saltarono via come schegge. Le saette colpirono i punti dove si erano trovati un istante prima.

Thundersword non ebbe difficoltà a localizzare i suoi obiettivi, grazie ai sofisticati scansori posti nella visiera. Evocò una nuova lancia. Tese il braccio…*splatch*

Un pomodoro lo aveva colpito sulla nuca! “Chi osa..?” fece lui, voltandosi…*splatch splatch tatasplatch!*

Definirla gragnola sarebbe stato eufemistico. In un momento il guerriero fu ridotto a uno schifo rosso-oro sbrodolante!

I responsabili erano un gruppo di civili! Uomini, donne e ragazzi, molti accomunati dallo stesso ortaggio in mano e da un’espressione truce. Alcuni avevano già in mano chi sassi chi pezzi di metallo, chi addirittura la pistola!

“Sparisci, mostro,” disse una donna, facendo un passo in avanti. “I Luciferi hanno ragione: voi non portate che lutti e distruzione. Quanto danno ancora ci dovete fare, prima di essere contenti?”

Thundersword seguì il suo sguardo, e vide il caos nella strada. Le sirene delle ambulanze erano penosamente ferme, impossibilitate a superare il caos del traffico bloccato. I feriti si lamentavano…

Un colpo di pistola esplose contro la sua armatura. Non gli fece neanche un graffio, ma lo scosse dal trance. Rivolto al cielo, il super-essere fece un fischio.

Fra le grida di rinnovato terrore della gente, una porzione di cielo sembrò esplodere, e dalla luce emerse uno stupendo pegaso con tanto di briglie, finiture e maschera corazzata sul muso.

Quando lo stallone alato fu abbastanza vicino, Thundersword fece un salto, e montò in sella. Qualche altro oggetto assortito cercò invano di colpirlo. La sola pallottola che avrebbe potuto colpire il ventre dell’animale fu intercettata da un campo di forza.

Thundersword prese quota, ma non volò via. Prima doveva…”Ah, eccoti lì, amico mio o marrano che tu sia. Forza, Lightwing, prendiamo la nostra preda!”

Il pegaso si impennò, nitrì e saettò ad una velocità degna del suo nome. Thundersword generò una nuova lancia, e dopo che l’ebbe scagliata,

questa divenne una specie di lasso, e avvolse la figura in costume bianco, rosso e blu di Mr. Immortal.

 

A diversi isolati di distanza, i due sicari osservarono la scena sui propri display. Si guardarono, annuirono e all’unisono digitarono un pulsante su una specie di bracciale hi-tech.

Dalle strade adiacenti al serpentone emersero un paio di motociclette, bianche come i loro proprietari e dotate di un design più simile a quello di mini-aerei che di due ruote.

I sicari saltarono sui veicoli in piena corsa. Disattivarono il pilota automatico, e si gettarono all’inseguimento per le strade senza badare minimamente ai passanti che si salvavano per puro miracolo.

 

“Testardi come zecche,” disse Thundersword, osservando i rombanti veicoli più in basso. “Va bene. Lightwing, facciamogli mordere i fotoni! Adesso si balla, compare!”

Mister Immortal, seduto dietro al cavaliere dorato, deglutì rumorosamente. “E dire che odio volare…AAAHHH!”

Lightwing accelerò e volò in alto a una velocità sempre crescente, fino a quando, una volta raggiunta la soglia di sicurezza per gli edifici sottostanti, passò a velocità supersonica. In un momento, il suo corpo fu avvolto dal guscio di aria arroventata dall’attrito!

 

In basso, i sicari si scambiarono istruzioni in una lingua decisamente aliena, fatta di toni bassi, gutturali e ringhianti, inumani.

/Questa volta, il Commissario ci pela vivi/

/Già. Addio premio di produzione…Ma perché dobbiamo leggergli i maledetti capi d’accusa tutte le volte?/

/Ehh, la conosci, la burocrazia. Speriamo che alla squadra Beta vada meglio./

/Vuoi scherzare? Io sono per il ‘mal comune mezzo gaudio’. O ci pelano per davvero!/

/Concordo. Per ora, inseguiamoli. E al diavolo i limiti di cronocità!/

Le due moto tremolarono come miraggi, e scomparvero.

 

Palm Beach, Florida

 

Di tono decisamente inverso, rispetto all’anonimo bar di Chicago, era il Chez Caprice, uno nella lista di ristoranti esclusivi della rinomata località turistica. Luci diffuse, rilassanti. Palme ed altre piante esotiche a decorare il vasto salone ad anfiteatro. Aria condizionata per prevenire l’insorgere di qualunque, antiestetica goccia di sudore. Orchestra da camera per accompagnare gioie dell’orecchio a quelle del palato. Clientela tranquilla, fatta di brusii educati quant’anche si stesse organizzando la rimozione fisica di un rivale in affari. Niente aromi artificiali, ad eccezione di profumi talmente costosi che con una goccia ci si poteva pagare uno stipendio impiegatizio.

Insomma, il posto migliore per la gente più amorale e priva di scrupoli verso il resto del mondo.

Ashley Crawford era l’unica eccezione a questa regola non scritta. Era l’unica presente, ad avere usato le proprie fortune, accumulate nell’ambiente spietato dell’alta moda, di cui era e restava illustre rappresentante, per finanziare le avventure del gruppo nato come Vendicatori dei Grandi Laghi e poi rinominato Parafulmini.

Un’idea balorda, andata avanti quasi per inerzia. Ashley aveva, all’epoca, da poco cessato i panni della modella a causa dei suoi poteri –eccola, Big Bertha, la sorella di Blob! *bleah!*

Alla fine, perso il contratto con lo SHIELD dopo avere fallito più missioni in modo indecoroso –non che potesse finire diversamente- l’unica era andare per la propria strada. Punto.

Ritornata nel suo ambiente, Ashley aveva scoperto di potervi sguazzare come se non l’avesse mai lasciato. Anzi, semmai, il numero dei suoi fans era addirittura aumentato, grazie all’alone di mistero intorno alla sua prematura sparizione. I rotocalchi ci davano dentro come fossero stati conigli in calore. Il suo agente, anima benedetta, era già pronto a farla apparire in almeno un paio di film, un telefilm e qualche spot che avrebbe fatto sfigurare Megan Gayle di brutto..!

Era bello essere di nuovo sulla cresta dell’onda! La donna, un’amazzone alta 2 metri, modellata come una dea, i capelli rossi al punto giusto e pettinati in una frangia ‘scalare’ geometrica che la rendeva quasi robotica nella sua perfezione, con indosso un costosissimo abito lungo, quasi trasparente, che le lasciava una spalla ed un’ampia porzione di schiena scoperti, accettò volentieri un nuovo bicchiere di aperitivo –va bene, doveva ammetterlo. I suoi poteri le conferivano una fantastica capacità di metabolizzazione. Il suo spasimante di turno avrebbe avuto un bel daffare, per arrivare a metterle le mani addosso…E se anche ci avesse provato, poco male. Nel corpo a corpo, lei aveva fatto la sua bella esperienza!

Un tipo strano, questo damerino. Indubbiamente una persona atletica; il vestito sembrava a stento capace di contenerlo, eppure si muoveva con una grazia…animalesca, sicuro di sé come se ogni altro uomo o donna intorno a lui non fossero che esseri inferiori. La sua carnagione era olivastra, i suoi occhi di un insolito colore rossiccio, intensi, ipnotici. La sua testa assolutamente calva aggiungeva il tocco del fascino del pirata, anche grazie a uno splendido orecchino d’oro, sul quale era incisa una testa di lupo. In effetti, sarebbe stato bene con anche una bella camicia piena di orli e con le maniche a sbuffo.

Apparentemente, aveva deciso di iniziare un singolare duello con lei: erano entrambi al quarto cocktail –roba forte, che dopo il secondo non ti stuzzica più l’appetito ma ti buca lo stomaco- e neppure lui accennava di essere brillo, ne’ si percepiva alcol nell’alito.

“Sa, signor...?” accennò lei.

Lycus, Miss Crawford.” La sua voce era profonda, tranquilla, del predatore deciso a fare capire alla preda chi conduceva il gioco. “Cleton Lycus.”

“Signor Lycus. Fino a mezz’ora fa, lei non sembrava neppure essersi accorto di me…Non che non apprezzi la sua compagnia, ma vorrei capire se devo pensare a me stessa come una ‘soluzione di ripiego’, o…”

Lui sorrise –un sorriso predatore come il suo sguardo. “Assolutamente no, Miss Crawford. Stavo attendendo…qualcuno, sì, ma per motivi decisamente lontani da quelli che ora mi spingono a lei. Salute.” E porse il suo bicchiere per il brindisi. Arrivò in quel momento il Maitre d’O in persona, solenne come il ciambellano regale, impeccabile.

Ashley fece le sue ordinazioni studiando con metodica, sapiente lentezza un menu che richiedeva 3 lauree in lingue per essere interpretato. Soddisfatto delle scelte, il Maitre si rivolse a Lycus; questi non ebbe neppure bisogno di leggere il menu, ed ordinò in fretta e poche portate –una scelta che il Maitre contestò solo formalmente con un lieve tremolare dei baffetti del labbro. Un rapido inchino, e l’uomo era già diretto verso le cucine.

“Solo piatti di carne, signor Lycus…Lei non è un uomo che tema il colesterolo, anche se una steak house poteva essere altrettanto soddisfacente. Si deve essere sacrificato, per incontrare questo misterioso ospite.”

Lycus bevve un altro sorso di aperitivo. “In famiglia siamo tutti strettamente carnivori, e il colesterolo non ci ha nemmeno sfiorato, Miss Crawford…E lo ammetto, preferisco davvero dei locali più rustici. E, sì: sono un fan del signor Duncan Vess. Si può dire che gli sono stato dietro…per molto tempo.”

Ashley si illuminò. “L’autore de Il Destino del Cacciatore? Sarà qui? Ho letto qualcosa, di suo, e devo dire che sono impressionata dalla dettagliata conoscenza del signor Vess sui lupi mannari. Aggiunge loro uno spessore di…realtà, non trova?”

Stavolta, uno strano lampo passò negli occhi di Cleton Lycus. “Oh, sì. Perfettamente d’accordo. Io ho letto tutto, ed è un…uomo molto accurato.” La donna non si accorse di un rapido fremere delle narici di lui. “Ah, credo che sia finalmente arrivato.”

Forse lei era un filino brilla, perché non si chiese neppure come avesse fatto quel bucaniere in tight a sapere dell’arrivo dell’autore senza che neppure fosse entrato in sala…No, era appena entrato, perfettamente riconoscibile dal suo abito in foggia settecentesca, di lusso, con i capelli tirati all’indietro in una coda di cavallo lucida e nera. Sembrava un lord pronto per un ballo di Corte, eppure si muoveva con una strana cautela, come se fosse pronto per delle brutte sorprese dietro l’angolo…

“Credo che attenderò alla fine della cena, per chiedergli un autografo,” disse Lycus, tornando a rilassarsi davanti alla sua ‘amica’. “Un buon pasto è un momento troppo importante per sprecarlo in sottigliezze…Eh?”

Questa volta, lei lo vide decisamente annusare l’aria, l’espressione intenta e…preoccupata?

 

Tutto stava andando come previsto. Lycus aveva pianificato l’agguato fino all’ultimo dettaglio con una pazienza rara persino per un individuo impulsivo come lui. Il Consiglio del Popolo gli aveva vietato di avvicinare ‘Duncan Vess’ nella sua tana, onde evitare sgradevoli indagini di polizia che potevano compromettere il segreto del Popolo.

Dopo la sua ultima cena, il traditore sarebbe stato troppo intorpidito dalla digestione e dall’alcol, per opporre una degna resistenza. Il suo lato umano, che tanto desiderava mantenere predominante, sarebbe stata la sua rovina. Nessuno sarebbe riuscito ad interferire, e la sua morte sarebbe presto passata in secondo piano, in quel pazzo mondo di media affamati di nuove sensazioni ogni giorno.

Cosa poteva andare male, questa volta?

Solo la presenza di due potenziali nemici, ecco cosa!

Annusava istintivamente, ma non era il loro odore, che il cacciatore percepiva, bensì la loro presenza. Li percepiva, ma non riusciva a vederli, come quando ti senti i loro occhi puntati addosso, e quando ti volti non vedi che ombre.

Professionisti. In gamba…

Lycus sorrise. “Fessi.”

“Cos’hai detto?” fece Ashley…un attimo prima che l’aria si solidificasse intorno alla coppia. Le due figure in bianco apparvero, tenendo saldamente le loro vittime per le braccia. Una terza e una quarta, pistole puntate e armate, dissero in stereofonia, “Ashley Crawford alias Big Bertha e Cleton Lycus alias Moonfang…”

A quel punto, l’uomo Cleton Lycus aveva già lasciato il posto al più grosso e muscoloso lupo mannaro, oltre un quintale di pura potenza fisica vestita di pelliccia castano chiaro e una collana di candide zanne. Per conto suo, la Crawford era ancora troppo allucinata anche solo per spiccicare verbo.

“…In base all’articolo 2222bis Comma E1 Paragrafo gamma4 della Legge di Discronazione, quali componenti dei Vendicatori dei Grandi Laghi di questa Terra-615, dovete essere terminati. Tale sentenza è senza *huff!*”

La presa alle braccia poteva essere salda, ma al pavimento, il suo ‘uomo’ non era affatto incollato! Mentre il boia terminava la sentenza, Lycus aveva solo dovuto flettere le braccia, e scaraventare il suo ‘catturatore’ contro i boia.

Nel ristorante, scoppiò il caos!

Solo a quel punto, Ashley Crawford realizzò che la sua serata era definitivamente rovinata. E si voltò a fissare il suo catturatore con puro odio.

Il sicario in bianco deglutì.

 

Chi diceva che fare il parcheggiatore in un ristorante di lusso era noioso?

Timothy Jones lavorava ormai con il Caprice da sei anni, e aveva ottenuto abbastanza autografi dalle celebrità lì ospitate da potere vendere il libretto e ritirarsi a bella vita –e che mance! Ogni mese riceveva di fatto uno stipendio extra.

Timothy fischiettò –diciamocelo, viva la noia! Con tutte le telecamere e misure antiterroristiche aggiuntive di recente installate, neppure il più collaudato professionista avrebbe osato fare anche un graffio a una sola macchina…

Improvvisamente, si sentirono delle grida provenire dal locale. Timothy osservò i clienti squagliarsela chi verso il parcheggio chi direttamente in strada, in preda al panico…

*KKRRIIISSSH!*

Il tetto in cristallo della Sala Tropicale andò in frantumi. Da esso, come proiettili, fuoriuscirono tre specie di motociclisti in bianco urlanti. La loro breve parabola terminò contro tre auto, con risultati prevedibili all’estetica delle suddette!

A Timothy vennero i capelli bianchi. Forse faceva in tempo a considerare quel posto di impiegato presso l’IRS…

 

“Sonosolounagenteparttimelogiurononuccidetemi!”

Il miracolo era che il poveretto fosse riuscito in quella sparata tutta d’un fiato. Moonfang lo stava tenendo per la gola con una sola mano, sospeso a un buon metro dal suolo. Le gambe si dimenavano come in preda a una crisi epilettica.

Ashley Crawford non indossava più il suo abito da sera, ma un ‘body’ giallo e nero con un ampio collare…E si era trasformata in una specie di elefante su due piedi davvero assomigliante alla sorella di Blob, e i suoi bei capelli erano ridotti ad un ciuffo da Picchiarello sulla testa assurdamente piccola. “Sarei tentata di colarti addosso molto grasso passivo, stronzo…Ma ci accontenteremo di sapere che $%£** significa questa storia. Non sono più un Vendicatore da una vita, e non ho sicuramente mai visto Fido qui, prima d’ora.”

*GrrrRR* ‘Fang avvicinò pericolosamente un muso irto di zanne a sciabola all’’agente’, il quale quasi gli si sciolse nella mano. “Noi abbiamo solo l’incarico di leggere ed eseguire le sentenze. Possiamo solo darvi l’indirizzo dell’ufficio competente, per qualunque reclamo. Nonfatemimalenonfatemimale..!

In quel momento, si udirono le sirene della polizia.

“Ossa marce!” esclamò Moonfang, guardando verso l’esterno, percependo l’odore delle armi bene oliate ed armate, la tensione dei poliziotti, pronti a sparare al minimo segnale di pericolo. Tornò a fissare la propria preda…ma questa era scomparsa, lasciandolo a zampe vuote!

Moonfang ruggì, e scattò via a una velocità impensabile per un essere della sua stazza. Big Bertha raccolse le forze, e lo seguì a modo suo –cioè, mettendosi a rimbalzare come una molla!

 

Rimasto solo, l’uomo noto come Duncan Vess uscì dal suo angolo. Ancora una volta, la fortuna, e solo la fortuna, gli era stata propizia. In qualche modo, il Cacciatore era quasi riuscito nel suo intento…Un peccato, che le telecamere, ne’ alcun altro dispositivo elettronico potevano riprenderlo nella sua vera forma. E senza dubbio, la Phobia causata dalla sua trasformazione aveva annientato la ragione dei testimoni oculari, spingendoli istintivamente a rinnegare quello che avevano visto.

Duncan sospirò. Non avrebbe mai voluto ricorrere a simili mezzi, ma se per la propria pace e quella dell’umanità doveva, sapeva a chi rivolgersi per avere aiuto…

 

New Orleans.

 

Stava seduto fra le fronde di una quercia secolare, come l’uccello di cui portava il nome, mimetizzato nel suo impermeabile dotato di effetto-camalaeonte. Il cappellaccio di feltro impediva al sole di riflettersi sulla maschera d’argento che copriva interamente il volto, nascondendo anche gli occhi.

Niente di meglio di un buon lavoro condito con un pizzico di soprannaturale. Anche se questo era talmente facile da sfiorare il noioso.

Per i suoi datori di lavoro, per chiunque, lui era quello che decideva di fare vedere, mille volti sotto la maschera, un solo nome per fare tremare i suoi nemici.

Night Raven. Detective privato per incarichi molto speciali. Parcelle altissime, risultati garantiti o pieno rimborso. E fino a quel momento, nessuno si era lamentato.

Anche perché questo era solo il suo secondo incarico. A causa dei recenti eventi, e di media ipersensazionalisti, affidarsi a un ‘super’ per risolvere i problemi non aveva più molto fascino –anzi, spesso era proprio il cliente che veniva quasi bollato come un istigatore al terrorismo. Se la cavavano, sul mercato, solo organizzazioni toste come la Silver Sable International e la neonata Justice, Incorporated, che aveva esordito alla grande in Slorenia[iii]. E nessuna delle due aveva voglia dei suoi talenti.

Peccato. Per loro.

Che cambiassero idea. Presto.

Nel frattempo, doveva solo osservare, e riferire. Roba da dilettanti, chissà perché avevano chiamato proprio lui, in causa!

Osservare un moccioso locale, tale Hollis De Meer, che da un po’ di tempo andava a fare visita regolarmente a una vecchia Haitiana che aveva fama di strega.

Night Raven sapeva bene di cosa fosse capace il suo omonimo predecessore e perché, e col cavolo che avrebbe dismesso la cosa come un cumulo di superstizioni infondate.

Si chiedeva solo se i suoi datori di lavoro l’avrebbero pensata allo stesso modo, nell’udire la registrazione di quanto stava captando (e vedendo) grazie ai suoi scansori ad ultrasuoni di quello che il ragazzo e la vecchia si stavano dicendo attraverso un tavolo apparecchiato con una candela e un mazzo di carte disposte ad arte….

 

…Carte che l’anziana donna nota come Mama Mora scrutava con un’espressione che, alla meglio, poteva essere definita come ‘truce’ persino da chi, come Hollis, la conosceva fin da bambino, e sapeva che con quella faccia la donna doveva esserci nata.

“Così, giovane Hollis,” disse con una voce che gli incubi li dava, “tu affermi di essere posseduto. Pure, i tarocchi non parlano di possessione. Come può Mama Mora esserti di aiuto, se non sei pienamente sincero con lei? Forse non trovi le parole adatte?”

Il giovane nero, che per apparenza fisica, a parte il colore degli occhi di un blu intenso, non differiva da un qualunque suo 20nne coetaneo dello stesso colore, con indosso una maglietta a maniche lunghe grigia e robusti blue jeans, uniche protezioni contro le zanzare locali, non poteva essere più d’accordo. Le parole non bastavano.

Non bastavano per spiegare gli incubi sempre più vivi, ricorrenti come le puntate di un telefilm con protagonista la sua anima. Non bastavano per spiegare gli improvvisi, concreti fenomeni che lui cercava disperatamente di spiegare con una perdita di controllo del suo potere mutante…Come poteva farlo capire, a questa donna? Diavolo, perché la sua mamma si era messa in mezzo e l’aveva mandato lì? Ci sarebbe voluto uno come il Dottor Destino, o Fratello Voodoo, o il Dottor Strange -le massime autorità nel campo dell’occulto, leggende viventi nelle comunità ‘segrete’ di New Orleans…

“Per quello che possono fare loro, Uomo-Porta…”

!*! la voce di Mama Mora era diventata di colpo giovane, seducente, ma in qualche modo sinistra, come l’irresistibile richiamo di una sirena verso la morte. La stanza era fredda come il vuoto più assoluto.

Scosso come da un colpo fisico, Hollis levò la testa dalle carte verso Mama…e si ritrovò a fissare un giovane volto femminile incappucciato di nero ed esso stesso nero, come se un’ombra avesse preso solida consistenza.

La donna cattiva dei suoi incubi!

“Loro non possono fare niente, per te, ragazzo. Io posso, invece, se solo smetterai di opporre resistenza. Renderai tutto più facile, e siederai alla mia destra nel mondo che verrà.”

Hollis era cresciuto a pane e magia. All’inizio, persino i suoi genitori credevano che il suo potere, diventare una specie di ‘porta’ vivente su una dimensione sconosciuta, fosse dovuto a qualche fattura…Attraverso lo SHIELD, aveva imparato la verità, ma mai come ora aveva desiderato di potere esorcizzare il suo stato.

Avvertì improvvisamente come una specie di scossa. La visione nera scomparve, sostituita da una molto preoccupata Mama Mora.

Le carte erano tutte disposte sul tavolo, adesso, in file regolari, a mostrare ‘Il Demone’ e ‘La Morte’ a intervalli regolari. Solo quelle due carte.

La donna era allibita. Mai, nella sua carriera, uno spirito del male era arrivato a coglierla di sorpresa! E quella creatura era così satura di male, da dovere essere percebile a…

Poi, dovette preoccuparsi di ben altro.

 

Night Raven era perplesso. I due potevano stare parlando in giapponese criptato stretto, per quello che ne capiva. Ad un certo momento, però, la temperatura della stanza era calata di colpo, senza preavviso, di almeno 20° C. Lo scansore era piombato in uno stato di cecità, come se la dentro ci fosse stato qualcosa capace di assorbire ogni forma di energia. Assurdamente, solo la candela era rimasta quale sorgente luminosa. Un fenomeno inspiegabile, durato per pochi secondi. Poi, tutto era tornato normale…

Pia illusione. Il radar impazzì, nel segnalare due nuove presenze materializzatesi dal nulla. Una, all’interno della baracca.

Una, sotto di lui!

Lo sgherro in bianco non aveva iniziato neanche a leggere la sentenza, che l’enigmatico eroe era già saltato via. Con un balzo solo, Night Raven fu sul tetto, mentre l’assurdo gli veniva sciorinato sotto le orecchie –un Vendicatore, lui? E che razza di formazione era, questa dei… “Macazz..!” fece appena in tempo a saltare via di nuovo, mentre una raffica di plasma inceneriva quell’angolo di immobile. Di nuovo diretto verso l’albero, a metà salto puntò il braccio e fece partire dal polso uno dei suoi rampini a razzo. L’oggetto, nella tecnologia simile a un missile TOW, fu guidato via cavo in una rotta erratica che gli permise di evitare i nuovi colpi dell’agente,

e di avvolgersi intorno al suo corpo come una bola. Il cavo era un filamento monomolecolare di un polimero a base di acciaio purissimo, che con la semplice pressione affondò nella tuta come nel burro.

“Fregato.” Dal suo ramo, Raven esercitò una lieve torsione del polso.

Una corrente elettrica di diverse migliaia di volt fu riversata nell’agente! Il grido che emise non aveva nulla di umano!

L’agonia fu di breve durata, perché non appena il fumo prese a riversarsi dagli squarci nella tuta,

il corpo dell’agente svanì.

In quel momento, una figura umana completamente nera dagli occhi bianchi e romboidali, circondata come da macchie pure nere, emerse dalla baracca di Mama Mora. “E tu chi sei, straniero? Sei con loro?”

Night Raven scese dall’albero. “Neanche per idea.” Si presentò, e i due si scambiarono rapidamente le impressioni sull’attacco.

“Non capisco,” disse l’Uomo-Porta, grattandosi la testa. “Non siamo mai stati neppure veramente Vendicatori, era solo una concessione dei veri Vendicatori, ed è durata poco. E io non ti ho mai visto, prima.”

 

Il Palazzo Radiale, nel Nesso di Tutte le Realtà

 

La delicata mano guantata di bianco strinse in una morsa il bicchiere di spesso cristallo, fino a ridurlo a una tempesta di frammenti e liquido dai molti riflessi.

“Branco di incapaci!”

A pronunciare la frase ribollente di ira, era stata Opal Luna Saturnine, Mastrex dell’Omniverso. “Non solo hanno fallito nel terminare questo insignificante gruppo, ma lo stanno mettendo insieme.” A parte la prima sfuriata, non era più abitudine della Mastrex, di mostrarsi irata. Anzi, la sua glaciale ira era il peggior segno che un suo sottoposto potesse osservare.

“Si rilassi, Mastrex,” disse una donna calva dalla pelle azzurra, vestita come la più esotica e rara danzatrice del più esigente dei califfi. Era vestita a strati di rosso e oro, con le spaccature ai punti giusti, i piedi nudi e dotati di artigli ricurvi finemente lavorati. “Era da mettere in conto, in fondo. È nella natura dei paradossi, di risolversi a dispetto dei nostri sforzi.”

La bionda donna vestita di bianco si rilassò. “Hai ragione, Tenaxia. Valeva la pena tentare. Ci avrebbe risparmiato non poche seccature. Fà niente: organizzerò altre misure, per prevenire le catastrofi che ci attendono. Oh, e dite alla Squadra Arions di ritirarsi. Per il loro fallimento, non rimborseremo loro neppure le spese di viaggio e alloggio. E portami un altro bicchiere.”

 

“Terra 615, 120, Terra bis, X o che altro, non so più a quale appartengo, ormai.”

Sedevano in groppa a Lightwing, in un cielo dorato dal tramonto. Mr. Immortal era alquanto mogio. “Quando ero in Gamma Flight, il mio compagno di squadra, Smart Alec, mi spiegò che i vari ‘me’ che chiamavo dal futuro erano in realtà versioni di me stesso presi da realtà alternative. In qualche modo, subconsciamente, i prelievi avvenivano da realtà estremamente vicine al mainstream, ed appartenevano a un futuro lontano pochi giorni, massimo qualche mese.

“Quando vidi un mio ‘me’ morire[iv], persi la testa: ero davvero convinto che sarebbe stata la mia fine.

“Poi, durante il mio soggiorno in carcere, iniziai a pensare, a ricordare quello che Alec mi aveva detto. Decisi di tentare un esperimento: se potevo in qualche modo interfacciarmi con queste realtà alternative per portarne via i miei simulacri, cosa mi impediva di tentare di entrare in quelle realtà a mia volta? Fortunatamente, l’esperimento ebbe successo, e quando tornai, imparai che ero stato dato per morto perché riportato indietro nel tempo a morire nello scontro con Alpha Flight.

“Ma il mio muovermi in una realtà alternativa non era piaciuto a qualcuno, e fin da allora mi trovai inseguito da quegli ‘agenti’ o da qualche altro sgherro.

“Decisi di giocare di anticipo: cambiai identità e divenni Mr. Immortal. Usai i miei poteri mentali, gli stessi con cui controllavo i miei me stessi alternativi, per convincere altri quattro perfetti sconosciuti a fondare un nuovo gruppo di eroi con me a capo, sapendo che non si aspettavano un supercriminale incallito a fare l’eroe guida di un manipolo di eroi. Usai il mio potere di evocazione per fare morire i miei sé alternativi al mio posto mentre io prendevo il loro e la loro mente veniva sostituita dalla mia. Riuscii a confondere le acque dei miei cacciatori…Fino ad oggi. E adesso, non so che fare…” improvvisamente, si accorse di non avere la platea dalla sua.

Thundersword stava fissando qualcosa in direzione del Sole ormai ridotto a uno spicchio sull’orizzonte. Un punto, che si stava ingrandendo rapidamente,

assumendo la forma

di un velivolo. Design futuristico, piccolo, fusoliera azzurra e bianca, con l’inconfondibile simbolo a scudo dello SHIELD. Il velivolo si fermò a una decina di metri dai due super-esseri. La parte superiore del muso si aprì, rivelando una carlinga vuota.

Una voce roboante da megafono disse, “Scusatemi se interrompo il vostro disturbo, piccioncini…”

 

Palm Beach

 

“…Qui parla Nicholas Fury, Direttore dello SHIELD. Almeno uno di voi mi conosce abbastanza bene da sapere che questo non è uno scherzo. Abbiamo bisogno di nuovi Vendicatori.”

Big Bertha e Moonfang si scambiarono un’occhiata, e tornarono a fissare l’automobile aereo-convertibile, da cui la voce stava parlando. “Non c’è tempo di spiegare al dettaglio che casino mi stia costringendo a contattare voi, ma Bridge dice che potete, in fondo, fare al caso nostro, e tanto mi basta in un momento in cui i maggiori eroi sono Dio solo sa dove…”

 

New Orleans

 

“…Quindi, più siete e meglio è. Saltate a bordo, e prometto che non ve ne pentirete. Se saprete svolgere con successo questo nuovo incarico per noi, farò il possibile per farvi assumere a pieno titolo lo status di Vendicatori.”

Impossibile leggere i volti di Phaze -come l’agente in bianco lo aveva chiamato- e di Night Raven, ma i loro pensieri erano pressoché univoci. In quanto Vendicatori, avrebbero corso non pochi rischi, giocando in serie A…Ma era anche vero che se qualcuno li considerava già tali, non era il caso di deluderli.

Almeno, avrebbero avuto uno stipendio e parecchi fringe benefits!

Era deciso.

Vendicatori, Uniti!

 

Episodio 2 - Il ritorno degli Dei

 

Monte Kalpurthia, Catena dell’Himalaya, Asia Centromeridionale..

 

Un passo dopo l’altro, su un tappeto nevoso ingannevolmente soffice e pronto ad inghiottirti al minimo errore. Un gelo mordente anche quando non c’era vento. Un sole impietoso pronto a bruciarti la pelle più in fretta che in una spiaggia californiana. Viveri pochi e concentrati, dal sapore atroce. Un’aria così sottile da bastare a malapena per il semplice sforzo di mettere un piede davanti all’altro.

Tornare a casa.

Una frase così semplice. Così ricca di piacere o di dolore, in accordo con le mutevoli prospettive del viaggiatore. Benedizione e maledizione dell’essere umani.

Con o senza superpoteri.

Per Harold Ventura, ‘casa’ era sempre stato un qualunque luogo dove potere soddisfare la sua instancabile curiosità. Fin da bambino, quando i suoi coetanei ammiravano le gesta di bellimbusti artificiosi sul piccolo e grande schermo, Harold aveva seguito con estasiata attenzione la vita di Reed Richards...Non al punto di volere affondare nella sua vita privata, certo. Quella era roba da perdenti!

Un passo dopo l’altro.

Mettendosi nei guai un numero di volte ben superiore dei bambini amanti delle zuffe, Harold era riuscito ad avvicinarsi ai piccoli segreti della natura molto più in fretta di quanto potessero fare gli insegnanti scolastici.

Con la pubertà, non era stato benedetto da alcun potere mutante, ma aveva scoperto di assomigliare leggermente al suo idolo. Gli ormoni chiamavano, alcune ragazze, in fondo, sapevano ammirare un giovane discretamente piacente e di brillante intelletto, persino in quello sperduto angolo di mondo che era Riverville, Colorado...E lui adottò quel look che lo avrebbe caratterizzato nell’età adulta.

Un passo dopo l’altro.

Le gioie della carne durarono un anno. Poi, il raziocinio riprese il sopravvento. La nuova casa di Harold Ventura era la biblioteca...Qualche mese dopo soppiantata in favore di New York e delle sue ricchezze troppo trascurate dai suoi abitanti-formiche.

Un passo dopo l’altro.

Harold Ventura trovò il culmine della sua carriera come ‘scienziato errante’. Forte delle sue multiple lauree e della sua conoscenza forgiata a colpi di notti insonni e caffè, il Dr. Harold Ventura fece il giro del mondo per raccogliere informazioni, accumulare altro sapere...

Un passo dopo l’altro.

Fino a giungere alla sua ultima casa.

Qui, in un luogo dove solo un altro essere umano proveniente dalla civiltà del XX secolo era giunto prima di lui. E che per tale ragione si era guadagnato a sua volta la palma di eroe nei pensieri di Harold Ventura.

La caverna.

L’ingresso su un altro mondo.

Dio, se sentiva il bisogno di un bel cappuccino caldo!

 

Da qualche parte nel Deserto del Nevada, USA

 

“Sarò franco: non ho saputo un’acca fino a quando non sono arrivato, e penso ancora di essere stato incastrato qui, a farvi da baby-sitter, perché il Colonnello Fury doveva avere voglia di prendersela con qualcuno senza fare correre il sangue. E lo capisco, anch’ìo ho voglia di sfondare qualcosa. ‘Bridge vi conosce bene, e proprio per questo deve essersi eclissato...Solo a guardarvi, anche a me viene un’ulcera.

“Ma bando alle chiacchiere. Voi buffoni avete un’occasione d’oro per salvare questo pazzo mondo. Il Colonnello lo pensa, e io non mi metto certo a contraddirlo. Cercate di non fare lo stesso, perché mi fareste arrabbiare. E nessuno vuole vedermi incazzato. Il mio nome è Alexander Goodwin Pierce. Potete chiamarmi ‘Signor Pierce’.”

La tirata fu proferita con la calma repressa di una fiera pronta a balzare sulla preda. Pierce era, effettivamente, il tipo che non volevi vedere nervoso –un pezzo d’uomo, caucasico, nel fiore degli anni, barba alla Rourke, capelli castani ondulati lunghi, bandana alla testa e un’uniforme che sembrava a stento in grado di contenerlo. Si appoggiava a un mitragliatore che sarebbe stato bene in compagnia di Terminator.

Infatti, i suoi ‘ospiti’, saggiamente, tacquero.

Erano in sette, sei dei quali reduci ognuno da un bizzarro incontro:

-        Mister Immortal, che sotto il costume blu, bianco e rosso nascondeva (segretamente) l’identità del mutante canadese Flashback.

-        Phaze, un tempo noto come l’Uomo Porta, giovane mutante di New Orleans capace di diventare un condotto vivente su altre dimensioni.

-        Big Bertha, decisamente il membro più vistoso del gruppo, con la sua massa corporea che la faceva sembrare la sorella di Blob. Impossibile credere che sotto quei quintali di carne ci potesse essere la modella Ashley Crawford.

-        Dinah Soar, bizzarra creatura rosa dalle ali simili a quelle di un pterodattilo. Dinosauro evoluto, mutante od aliena che fosse, era comunque membro fondatore del nucleo originario dei Vendicatori dei Grandi Laghi.

-        Thundersword, supercriminale di serie B in libertà vigilata per buona condotta, coinvolto suo malgrado, come gli altri due ‘neo-acquisti’ del gruppo, in questo pasticcio.

-        Moonfang, il castano licantropo della schiatta più antica della sua gente, quella che faceva capo ai primi guerrieri che causarono la prima morte di Thulsa Doom[v].

-        Night Raven, enigmatica figura in impermeabile e maschera metallica piatta. Un detective privato finito lì perché nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Pierce ticchettò le dita sul tavolaccio della baracca. “Uno di voi mi ha chiesto perché mancasse Flatman, l’ultimo pagliaccio di questo circo. La ragione è semplice: lui è andato avanti per primo sul teatro delle operazioni. Anzi, è stato lui stesso a chiederci di rintracciarvi. Ci ha fatto pervenire questa.”

L’uomo dello SHIELD estrasse un mini-DVD da una tasca della cintura. Lo inserì in un olo-proiettore posato sul tavolaccio, e attivò l’unità.

“Salve, amici,” disse un uomo in un costume blu e nero, con una grossa ‘F’ bianca sul petto...Un uomo piatto, una specie di sfoglia umana. “Mi dispiace di non avervi avvertito, ma non volevo che vi muoveste senza un appoggio...In fondo, lo sappiamo cosa ci è successo tutte le volte che abbiamo giocato duro da soli.” Velo pietoso sui pensieri di 4 dei presenti. “Voi sapete che, come Bruce Dickson prima di me, i miei poteri mi sono stati donati dai Kalahiani, gli abitanti di Utopia. Ebbene, ieri ho ricevuto un SOS da Utopia. Purtroppo, il messaggio era limitato solo al segnale di emergenza.

“Credetemi, amici: i Kalahiani non sono delle mezze calzette. Quando serviva, hanno finto di farsi sterminare per fare sì che il mondo li credesse morti, tale era il loro desiderio di privacy. Violare questa regola può volere dire una sola cosa, che è veramente grave. Ed io vi chiedo di aiutarvi ad aiutarli. Spero che lo SHIELD si ricordi che, in fondo, abbiamo lavorato per loro e ci ricambino il favore.

“I Kalahiani dispongono di tecnologie avanzatissime. Nelle mani sbagliate, sarebbe un disastro. Fate presto, vi prego: siamo la loro ultima speranza.” L’ologramma si spense.

“Me la ricordavo, questa sua tendenza al melodramma,” disse Mr. Immortal, esplorandosi distrattamente il naso, la sedia inclinata all’indietro. Bertha si era pesantemente addormentata, e forse anche Phaze dietro ai suoi occhi bianchi romboidali. Moonfang e Thundersword stavano facendo la Morra.

Pierce si schiarì minacciosamente la gola, riottenendo l’attenzione al volo. “Dunque, fin qua mi sembra di avere compreso quale sia la vostra opinione...ma abbiamo un altro problema di cui occuparci. Nell’immediato, almeno. Ed è per quello, che vi abbiamo convocato.

“Il caro vecchio Ivan –i Russi, se non vi foste arrivati- durante la Guerra Fredda mandò in orbita, fra i vari satelliti-spia alcuni modelli allora molto avanzati, della serie Gagarin. Il loro compito non era solo l’intercettazione e decrittazione, ma anche il lancio telecomandato dell’intero arsenale Sovietico nel caso di morte del Compagno Segretario o di grave destabilizzazione a sfavore dei rossi nella corsa agli armamenti

“Da qualche giorno, dei segnali su frequenze potentissime stanno partendo proprio dal Kalpurthia. Segnali in codice sconosciuto, diretti verso Marte.”

C’erano non meno di 37 gradi all’ombra, ma la temperatura della stanza scese sottozero, per il brivido di terrore che investì tutti i presenti –escluso Pierce, ovviamente.

In compenso, Pierce era sinceramente preoccupato. “Così, abbiamo una doppia crisi fra le mani.

“1) Collaboratori dei Marziani hanno preso il controllo di Utopia, e stanno cercando di contattare una qualche base automatizzata. È l’ipotesi più verosimile, visto che ogni Marziano è stato annientato dalla Bomba al Betatrone[vi].

“2) Il satellite Gagarin, il più incredibile colpo di fortuna dei rossi e di iella per noi, per essere rimasto in un’orbita stabile così a lungo, ha intercettato la comunicazione. E ha deciso che gli Americani hanno una base su Marte, e che quindi la corsa agli armamenti può essere risolta in un solo modo.

“Con metà degli eroi principali irraggiungibili, voi siete la nostra scelta migliore. Non pretendiamo molto, naturalmente: dovete riuscire a tenere impegnato il nemico fino all’arrivo dei rinforzi. Se riuscite a fare di meglio, tipo convincere il Gagarin che non esiste una base su Marte, il Colonnello in persona ci metterà più di una buona parola, per farvi accettare fra i ranghi dei Vendicatori quali ufficiali Vendicatori dei Grandi Laghi. Prendere o prendere.”

Quello che Pierce non disse, e che la sua espressione da leopardo non lasciò trapelare, era che la scelta di quello sgangherato gruppo era ampiamente giustificata dalla loro assidua capacità di obbedire, se si mettevano le cose in modo da farli sentire importanti. Gli dicevi ‘salta’, e loro saltavano.

Lo SHIELD poteva benissimo organizzare una squadra con i molti eroi in circolazione, ma dopo lo sterminio dei Marziani, se anche ce ne fosse stato uno solo vivo, era cosa certa che lo avrebbero invitato a tutti i party invece di liberarsene. Troppo rischioso. E dalle espressioni sui volti dei quattro ‘VGL’ originali, seppe di potere contare su di loro.

I tre nuovi erano un’incognita, ma di sicuro non avevano partecipato al bombardamento di Marte. E se al Colonnello andava bene che fossero del gioco...

Era anche vero che il Colonnello aveva tanta di quella carne al fuoco, in questi giorni, che al suo posto Pierce avrebbe chiesto l’intervento delle Giovani Marmotte..!

Mr. Immortal si alzò in piedi. “OK, quando si parte?”

Pierce roteò gli occhi. “Subito, se non vi dispiace.”

L’eroe indicò con un pollice verso la finestra. Fuori, erano parcheggiati i biposto che li avevano portati fino lì. “Spero che viaggeremo in classe migliore di quella, giusto?”

Adesso, a Pierce quasi usciva il fumo dalle orecchie, e il suo sorriso era agghiacciante. “Mi sembra che disponiate di un mezzo migliore, giusto?” E guardò con preoccupante intensità verso Phaze.

Non aveva tutti i torti, ma lo stesso il mutante nero come un’ombra si fece piccolo. Sì, era possibile fare quello che Pierce implicava...ma non...

Pierce si strofinò le tempie per una mano. “Mettiamola così, ragazzo. Ogni minuto che passa ci avvicina alla catastrofe nucleare, o a peggio se qualcosa da Marte dovesse rispondere a quelle chiamate. I Russi stanno facendo i miracoli per bloccare l’accesso del Gagarin, ma non hanno esplicitamente detto di non potere tenere duro indefinitamente. Dovete essere a Kalahia ora. E sappiamo tutti che puoi farcela. Punto.”

Phaze disse, “Va bene, va bene...Datemi solo un momento...” Si concentrò. Non possedeva certo una Coscienza Cosmica, ma Phaze era anche un telecognitivo –in qualche modo, quell’abilità era collegata al suo potere, per permettergli di ‘sapere’ dove lasciare uscire da sé stesso i propri compagni senza farli finire nel mezzo del corpo solido che dovevano attraversare... “L’ho trovato. Però...”

Un ringhio da lupo, da Pierce.

Spallucce. “Obbe’, io ci ho provato. Forza, gente.”

La risposta dei Vendicatori originali fu immediata. Mr. Immortal in testa, si lanciarono dentro il corpo di Phaze, che li inghiottì come non fossero mai esistiti!

“State scherzando, vero?!” fece Moonfang, le orecchie piatte. Lui, come gli altri tre ‘novizi’, era stato coinvolto perché una specie di ‘pattuglia temporale’ aveva deciso che era destinato a diventare un membro dei Vendicatori! E fare branco con questi pazzi, pensava, lo avrebbe aiutato a sbrogliare il bandolo...

Ma buttarsi dentro a quel...coso che, per i suoi sensi, neppure esisteva? Non ci pensava nepp*Yowlp!*

“Senza offesa,” disse Thundersword, dandogli un tale spintone da farlo finire dritto nel portale vivente, prima di buttarsi lui stesso. Night Raven seguì senza dire una parola –sperò che il suo precedente cliente non se la prendesse troppo per la defezione. Gli avrebbe fatto uno sconto...

Pierce guardò Phaze contrarsi su sé stesso e sparire in un ‘pop’ e un lieve spostamento d’aria. Adesso, toccava a lui organizzare la cavalleria...

 

*Pop!*

La sagoma di Phaze era apparsa nel momento stesso in cui aveva stabilito il collegamento con la sua destinazione, e già i Vendicatori in prova uscirono da lui...

“EEEEEEKK!”

Sì, sarebbe stata anche una bella entrata ad effetto, non fosse stato che si ritrovarono di fronte a un grande e grosso letto matrimoniale!

A urlare era stata una donna di rara bellezza, dai corti capelli un po’ ramati e un po’ biondi, scomposti come si addiceva quando ci trovava...impegnati...

Ops,” fece Bertha. Accanto a lei, ‘Fang se ne uscì in un fischio di ammirazione. “Scusiscusiscusi..!” faceva Immortal, dopo essersi voltato rapido come una trottola.

In compenso, Phaze non aveva mentito. Aveva davvero trovato Harold Ventura, che era ben lungi dall’essere piatto –o in costume, se era per quello!

Ventura fece per parlare, ma Dinah fece un eloquente gesto di fare con comodo. E il gruppo uscì dalla stanza color caramella piena di esotici profumi.

 

“Io stavo per dirlo!” fece Phaze, una volta chiusa la porta sotto gli occhi allucinati delle due sentinelle. “E’ colpa di Pierce. Io*urk!*”

Improvvisamene, Phaze si piegò in due, rantolando in preda al dolore. Lo sapeva, lo sapeva che sarebbe successo! Per quello era andato da Mama Mora, per sapere cosa fare, quando quei pazzi in uniforme bianca lo avevano interrotto..!

Phaze fece per lanciare un avvertimento, ma il grido che invece uscì da lui non aveva nulla di umano!

Phaze brillò, come quando si preparava a fare passare qualcuno...E ne uscì qualcosa –un mostro, una creatura dalla pelle grigia-nera e gli occhi ardenti, poco più piccola di un uomo, dalle ali a pipistrello che spuntavano dalla schiena, il volto una caricatura di quello umano. Una caricatura piena di zanne!

Il mostriciattolo rideva come una mitragliatrice, un verso graffiante che sembrava provenire dalle profondità infernali! Volava di qua e di la, erraticamente, come una mosca, ma molto più veloce e letale!

Fece una sola sciocchezza: credere che Big Bertha fosse un bersaglio più facile perché più grossa. Così, quando le arrivò addosso ad artigli spianati...affondò nel fianco abbondante, emettendo un gorgoglio di sorpresa!

La donna lo estrasse con una manona, e lo tirò fuori che sputazzava disgustato. “Sarai bello tu, piccoletto,” fece lei. “Allora, chi lo sistema?”

Thundersword si assunse l’onere. Con una mano crepitante di energia, afferrò la creatura per il collo. “Un demonietto. Non sapevo che avessi contatti con il mondo degli inferi, mio ombroso amico. Comunque...” fece scorrere l’energia donatagli dall’Arcano in persona, e l’entità mistica fu esorcizzata in un lampo che non ne lasciò neppure le ceneri!

“Ah...ah...” boccheggiava. “Per questo...non...volevo...” Phaze si rimise in piedi a fatica. “Da un po’ di tempo, c’è qualcun’altro, che sta cercando di usarmi come condotto. Non so chi sia, ma ve lo posso giurare, sento che da dove viene è pieno di queste cose!”

“Allora ce ne dovremo occupare...Una volta risolta questa crisi,” disse Flatman, uscendo dalla stanza. “Non mi presentate i nostri nuovi acquisti?”

Eseguito un rapido giro delle suddette presentazioni, Flatman fece cenno agli altri di seguirlo lungo un corridoio. “Temo che sia stato fatto un piccolo errore, nel gestire la Guerra dei Mondi, signori: abbiamo dato per scontato che l’Alto Signore ed i suoi simili fossero gli unici abitanti di Marte, o perlomeno i più avanzati...”

Arrivarono a un’ampia balconata. Da lì, dalla parete del Palazzo Reale, si poteva spaziare praticamente su tutta Kalahia.

Bertha diede in un gemito strozzato. “Dio, che schifo!

Fra gli splendidi palazzi di Kalahia, svettavano alti dei titanici bozzoli. Per le strade, la gente errava senza una meta, le loro menti come i loro corpi controllati dai loro nuovi padroni che, se non impegnati ad abbracciare oscenamente il cranio delle loro vittime, brulicavano lungo i bozzoli e dentro e fuori gli edifici.

Ragni. Decine di migliaia di ragni dal carapace verde, su cui spiccavano i più bizzarri disegni.

“Invero, milady, uno spettacolo che solo uno spirito oscuro potrebbe apprezzare,” disse Thundersword, nel suo esotico accento. Accanto a lui, Dinah mosse le labbra.

“Concordo, pupa,” disse Moonfang.

“Tu la capisci?” fece Mr. Immortal...prima di realizzare che il licantropo non poteva non possedere un udito sensibile agli ultrasuoni in cui la creatura si esprimeva.

“Quelli sarebbero Marziani?” fece Phaze.

Flatman annuì. “I Krikkers, i veri padroni di quel pianeta. Una colonia dalla mente collettiva, il culmine dell’evoluzione. Sfruttano simbioticamente le loro vittime fino al consumo. Vivono poco a lungo, ma si riproducono in fretta. Secernono una neurotossina che incapacita il sistema nervoso centrale e la loro tela è forte come quella dell’Uomo Ragno, se non di più.

“I Kalahiani li conoscono bene, si sono scambiati messaggi da oltre cinquant’anni. Poi, i Krikkers decisero di fare credere di essere non-Marziani, per non tradire le loro vere intenzioni.

“Anche se non possiedono una tecnologia propria, i Krikkers possono usare quella delle loro prede. Dopo che Marte fu colpito dall’asteroide che lo rese il deserto che conosciamo, i Krikkers usarono i membri dell’unica specie superstite, i Quwrlln, una specie pacifica. Col tempo, il legame finì con l’identificare predatore e preda. Ormai, i Quwrlln nascevano con le uova dei Krikkers impiantate in loro, e solo in rari casi il sistema immunitario riusciva a rigettare l’intruso. I Krikkers usarono i contatti con Kalahia per tenere sotto controllo le attività dei super-esseri di questo mondo. Sapevano che, in un modo o nell’altro, ogni tentativo di invasione sarebbe stato respinto, e si limitarono ad aspettare il momento giusto.

“Decisero che il momento giusto per colpire fosse giunto, con la seconda Guerra dei Mondi. La prima, come sapete, fallì ed ispirò il romanzo di H.G. Wells. Ma ora, immunizzati, e con la presenza degli Dei e dei mistici capaci di fermarli ridotta ad un minimo, fecero partire l’invasione...e fallirono. O meglio, fallirono le loro pedine, con i risultati che conosciamo.”

“Ho paura di chiedere perché vorrebbero rischiare di scatenare una guerra nucleare...” fece Immortal.

“Piano B, rischioso per loro ma l’unica chance di sopravvivenza a nostre spese,” fece Flatman, perso nei suoi pensieri. “In questi anni, hanno usato le biotecnologie dei Kalahiani per modificare i propri geni, per rendersi refrattari alle radiazioni, per non dovere più dipendere dalle loro prede per spostarsi. E per assumere superpoteri essi stessi. Quest’ultima opzione è fallita, perché la nostra predisposizione deriva dalle manipolazioni genetiche dei Celestiali.

“Ma, adesso che i Quwrlln non sono più, i Krikkers non possono aspettare. Distruggeranno buona parte della vita sulla Terra, e con le tecniche di clonazione potranno disporre dei Kalahiani, che qui saranno protetti dall’olocausto, per proliferare. Per questo, non hanno preso tutti gli abitanti. Devono assicurarsi una scorta di cibo e di intelletto...”

“Dobbiamo avvertire immediatamente Pierce allo SHIELD,” disse Big Bertha. “Questa è troppo grossa per gestirla da soli...Mandarci qui senza rinforzi, che cretinata..!”

“Siete soli?” chiese Flatman, sorpreso. “Non immaginavo che Fury fosse così parco di mezzi...Ma è vero anche che non sono stato molto specifico...Capirete, se il messaggio fosse stato intercettato, i Krikkers potevano decidere di fare chissà che cosa per accelerare i tempi.”

“Prudenza del mio culo peloso,” disse Moonfang con uno sbuffo. “Dobbiamo chiamare aiuto e in fretta...Voi umani e questa logica dei cavalieri solitari. È in branco, che si vince...Cosa?!”

Nastri di un materiale elastico blu e nero avvolsero gli eroi saldamente e ad una velocità straordinaria!

“Oh, no,” disse Immortal, che cercava inutilmente di contorcersi per liberarsi.

“Oh, sì,” disse Flatman, le cui braccia erano i viluppi costrittori. Il suo volto era distorto in una smorfia di sadico trionfo. “I Krikkers hanno perfezionato le loro tecniche di controllo, e quella a cui assistete è la più avanzata: basta l’uovo non schiuso, per dominare le menti.”

Ma, a quel punto, gli eroi non potevano più udirlo: le neurotossine mescolate alla fibra del costume fecero il loro effetto, passando per ogni parte esposta del corpo delle vittime.

La giovane donna emerse dalla stanza. Vestiva di un abito verde e oro che la faceva sembrare una regina delle foreste. Si appoggiò sensualmente a Flatman, soddisfatta del risultato. “È un peccato che non siano venuti altri vostri simili...Ci sarebbe servita un po’ più di forza-lavoro, per dominare il mondo che verrà. Ma percepisco un grande potere in ognuno di costoro...Dovrebbero bastare...”

 

Episodio 3 - Se questi sono eroi…

 

OK, è sempre la solita storia, giusto? Il mondo è in pericolo (davvero, Qualcuno Lassù dovrebbe assicurarlo) e un branco di eroi (che il ruolo porti jella?) deve salvarlo, possibilmente entro la pausa pranzo.

Il pericolo in questione è rappresentato dai Krikkers, aracnidi Marziani capaci di controllare la mente, i veri artefici della Guerra dei Mondi (H.G. Wells, mangiati il fegato). Mentre essi ed i loro schiavi Quwrlln (erano telepati, sfido che si potevano chiamare così!) venivano annientati in massa dalla bomba al betatrone, gli ultimi Krikkers preparavano la loro rivincita da una base nascosta sulla Terra, più precisamente nell’utopica città di Kalahia, nascosta nell’Himalaya. E questa volta, gli schiavi erano i Kalahiani stessi.

Gli eroi in questione sono i provvisori Vendicatori dei Grandi Laghi –non proprio il team che vorreste anche solo per salvare miciomicio sull’albero, d’accordo, anche se di recente si è visto aggiungere tre nuovi membri, ma per insondabili ragioni dello SHIELD, il migliore immediatamente disponibile…per ora.

Anche se la situazione in corso sembrerebbe smentire tale valutazione.

Oh, e prima di passare ai fatti, una domandina solo, caro lettore: perché non scrivi a qualche ente del turismo, segnalando le bellezze incontaminate di Kalahia? E’ appurato che un’orda di vacanzieri in astinenza da ferie fa molti più danni di un esercito di invasione, e senza colpo ferire (e si dà una mano all’economia).

 

“Che creature pietose, questi Terrestri,” disse Flatman, osservando i corpi riversi a terra, esanimi, degli eroi. “Così creduloni…eppure così potenti. Questi esemplari, una volta purificati dalla loro patetica volontà, saranno l’elite di un esercito invincibile.”

Accanto a lui stava la più bella fra le donne di Kalahia, il volto appena marcato da delicati tratti orientali, i capelli corti un po’ ramati e un po’ biondi, e sulle labbra la stessa sfumatura crudele dell’espressione del ‘suo’ uomo.

Si aprirono le porte, e nella stanza entrarono due uomini Kalahiani, nei loro abiti verde e oro. Al braccio, portavano una fascia con il simbolo stilizzato di un albero contro il sole, ad indicare la loro appartenenza all’ordine dei medici.

Senza dire una parola, i volti privi di ogni espressione, i due uomini aprirono le borse che portavano con loro. Con gesti collaudati, estrassero ognuno una siringa con un ago da cavallo.

Un medico si preparò ad iniettare un uovo Krikker nel corpo del licantropo inerte. Una volta effettuata l’operazione, la simbiosi al sistema nervoso centrale sarebbe stata un*crack!*

“’Crack’?” fecero Flatman e la donna, in stereofonia.

Il medico in questione era a terra, la faccia una maschera di sangue là dove il pugno aveva lasciato un’impronta netta come su un blocco di DAS!

Moonfang era lesto e fresco come una rosa, e stava trattenendo l’altro medico per il collo, strizzando fino a fargli uscire gli occhi dalle orbite. Il poveretto faceva dei versi simili a quelli di una paperella di gomma, ogni volta che il massiccio mannaro dalla pelliccia bruno chiaro si divertiva ad accentuare la presa.

“Vivere fuori del mondo ha delle controindicazioni, umani. O sapreste che la mia gente possiede un fattore rigenerante.”

“Sì?” fece la donna, estraendo una specie di pistola dalla cintura. “Vediamo se a questa puoi…” terminò la frase in un grido di dolore, quando una saetta colpì l’arma e il braccio che la reggeva. L’arma fu ridotta a poltiglia, il braccio solo totalmente intorpidito.

“L’Arcano in persona mi ha donato il suo potere,” disse Thundersword, anche lui, come gli altri Vendicatori,

-        Mister Immortal, il teamleader,

-        Phaze, l’uomo-porta

-        Dinah Soar, l’enigmatica rettiliana alata dalle scaglie rosate

-        Night Raven, l’altro uomo del mistero, che indossava l’impermeabile ed il nome del mistico eroe

in forma smagliante e pronti alla pugna. “Credevi che il tuo vile veleno potesse nuocermi?”

“Vuoi che anche noi ti spieghiamo come mai siamo stati risparmiati dalle tue neurotossine, Harold o chiunque ti controlli?” fece l’enorme Big Bertha, già crocchiandosi le nocche.

“No,” sorrise Flatman, cioè lo scienziato Harold Ventura. “Mi basta vedere che errore avete fatto, a sottovalutare i nostri servi.”

Il medico nella morsa di Moonfang divenne in un istante una specie di ameba, e da vittima si trasformò in aggressore, avviluppando il mannaro in una buccia di elastica materia che assecondava ogni suo movimento! E, fattore rigenerante o no, anche un licantropo doveva respirare, prima o poi.

L’altro medico e la donna divennero come due serpenti. Si avvolsero fulmineamente intorno alle caviglie degli eroi, e li fecero cadere come birilli l’uno contro l’altro!

Flatman in persona si gettò addosso a Mister Immortal, avviluppandolo come lo era stato il mannaro. “Il servo crede veramente nell’efficacia del tuo potere, e sa anche che ci vuole un po’ di tempo per farti tornare in vita: vediamo se può essere sovraccaricato, sì?”

Se anche gli eroi avevano avuto una chance di farla finita e subito, era stata sprecata.

Perché, attraverso le porte, irruppe una massa di carne elasticizzata, che in breve riempì l’intera stanza!

 

Il Cremlino, Mosca

 

/Novità?/ chiese il Presidente di quella che, un tempo, era la più grande potenza nucleare assieme agli USA.

/Nessuna, per ora, Signore,/ rispose la voce dal telefono.

Vladimir V. Putin appoggiò la cornetta. Sapeva cosa implicava, quella laconica risposta. L’ultimo dei satelliti artificiali Gagarin, l’ultimo ganglio del dispositivo per la Fine del Mondo, continuava a cercare di violare il sistema di controllo automatizzato per il lancio dell’intero arsenale nucleare dell’ex-URSS. I codici speciali di lancio non erano mai stati rimossi per espressa volontà dei predecessori di Putin, allo scopo di assicurarsi comunque un’estrema risorsa per riguadagnare quelle ricchezze che la Rodina aveva perso negli ultimi decenni. Gli stessi software di sicurezza non erano stati aggiornati; si voleva essere certi di potere disporre subito dei missili. Per ogni evenienza. C’era solo un gruppo di tecnici, fra il mainframe e lo sterminio nucleare, per prevenire un uso improprio o un errore della macchina.

Putin appoggiò il telefono. Inutile sprecare energie imprecando ed urlando contro i sottoposti od il destino avverso: se i tecnici avessero fallito nell’impedire al Gagarin di emettere la sequenza finale di ordini, la punizione che avrebbero sofferto avrebbe fatto impallidire qualunque gulag Siberiano.

L’occhio del Presidente calò su un’agenda di pelle nera accanto al telefono. Il satellite stava comunque facendo progressi, e se entro un paio d’ore lo SHIELD non avesse fatto rapporto sulla buona riuscita della missione di eliminazione della causa di quel casino, sapeva chi chiamare...

 

Kalahia

 

“Indietro, vili esseri!” contemporaneamente a quel grido, l’intera cima della torre fu distrutta in un’esplosione accecante! I corpi inerti di decine di Kalahiani furono scaraventati via come altrettante foglie al vento.

Su quello che era rimasto della torre, i Vendicatori ripresero fiato.

“’Vili esseri’? Non ti sembra di esagerare?” fece Phaze. “Mica è colpa loro, se ci hanno attaccati.”

Thundersword puntò la sua lancia bipenne a forma di saetta verso la città in basso. Di fatto, tutti gli abitanti erano fusi in un’unica cosa informe verde e oro, ribollente, che riempiva la città come un oceano fatto di sabbie mobili.

“Senza dubbio, compare,” fece Immortal, deglutendo. “Ma noi non faremo certo una bella fine, se finiamo lì in mezzo. E dobbiamo catturare almeno uno dei Krikkers, per sapere come disattivare il Gagarin.”

“Non dovremo arrivare a tanto,” disse Moonfang. “Ci basterà il vostro amico, se mi date una zampa.”

“E tu dici che è più facile così?” fece il teamleader, con tanto d’occhi. “E come lo trovi? Chiamandolo?”

“Sono un cacciatore,” ringhiò l’altro. “Il migliore. Posso trovare chiunque, ovunque! Ed ora, basta perdere tempo!” E si gettò nella massa ribollente.

Immortal sorrise. “Pazzo, è completamente pazzo...Mi piace! Aspetta!” e si tuffò.

Uno dopo l’altro, gli altri Vendicatori seguirono a ruota. Gli unici a chiamarsi fuori furono Phaze –non osava attivare i suoi poteri, non sapendo cosa stava in attesa da qualche parte dentro di lui- e Night Raven, che aveva una realistica idea di quello che gli sarebbe successo, se si fosse buttato in quel marasma! Mica era scemo!

 

La caduta di Thundersword fu interrotta dal suo fido destriero, Lightwing, che si materializzò proprio sotto di lui. Appena il cavaliere fu in sella, il pegaso nitrì e si impennò, e saettò all’attacco!

Il cavaliere lanciò la sua arma, ed essa si trasformò in energia. Poi, l’energia si separò in una moltitudine di fulmini. Dove colpì, si formarono dei crateri fumanti, e al centro dei crateri stavano i corpi inerti dei Kalahiani colpiti. Subito però il vuoto fu riempito da nuova massa.

 

Big Bertha, a metà caduta, decise di provare una variante del suo potere. La massa ipertrofica di carne, che la faceva assomigliare a una sorella del mutante Blob, si accese di energia, e si rimodellò, si ridistribuì,

fino a quando, quella che atterrò in mezzo ai Kalahiani fu una gigantessa. Colta di sorpresa, la massa informe formò un’onda e si gettò all’attacco...Solo per essere bloccata da un potente grido ipersonico da Dinah Soar!

La cima dell’onda tremò, unendo al grido di Dinah quelle di dolore di alcuni dei suoi componenti...un attimo prima che i suddetti si staccassero a grappoli, spontaneamente, le orecchie e le narici sanguinanti. E ancora, i Krikkers si tenevano saldamente fissati ai loro crani!

Un attimo dopo, l’intera massa emise un tremendo gemito di agonia.

 

Moonfang fu accolto da una specie di lago, tale era la densità della porzione di massa in cui atterrò. Sprofondò come nell’acqua, e fu rapidamente avvolto.

Solo che, stavolta, era preparato.

Spalancò la bocca.

L’ululato che emise non era certo qualcosa da potere rivaleggiare con il grido di Dinah, per effetti distruttivi...Ma questo lupo mannaro era anche una creatura mistica. Così come la sua trasformazione, il suo verso poteva avere effetti devastanti su una mente umana. L’effetto era chiamato Phobia, e trasformava gli umani più coraggiosi in gelatine tremolanti.

E, superpoteri o no, schiavi o no, i Kalahiani erano ancora esseri umani! La massa fu colpita da un’onda di terrore, che grazie alla fusione collettiva, si diffuse come in una sola mente. La volontà dei Kalahiani fu soppressa dalla pura reazione istintiva.

In altre parole, in quel gemito di agonia sopraccitato, la massa si disfece. In pochi secondi, al suo posto ci furono migliaia di corpi, chi svenuto, chi rannicchiato in posizione fetale.

“Ecchem%&$£! Proprio ora che mi stavo divertendo!” fece Immortal, come al solito con l’aria di chi fosse appena passato per il tritacarne.

“Se speri che sia io, a pagare il conto del tuo sarto, puoi scordartelo,” fece Bertha, tornando ad essere la familiare cicciona.

“Hmph, me lo dovresti, almeno per avermi tenuto nascosto che sai diventare una modella da PlayGodzilla.”

“Tu, razza di peldicarota pazzo, io ti...”

“Calma voi cuccioli,” fece Moonfang, reggendo fra le mani la figura di Flatman. “Pensiamo piuttosto a recuperare la testa di questo qui, giusto?”

Mr. Immortal si scosse, annuì stupidamente ma subito assunse un’espressione decisa. “Giusto, prima riprendiamoci il nostro amico!”

Bertha diede in un grugnito.

 

Cremlino

 

/Lo so che sta facendo il suo sonno di bellezza! Ma se non lo portate al telefono qui e subito, non gli resterà molto, da dormire!/

Al nuovo farfugliare terrorizzato dall’altra parte del telefono, Putin rispose, /Lo so che lei ha moglie e figli, ma anche alcuni miliardi di persone hanno moglie e figli. E i suoi cari andranno insieme a lei in cielo, o in banca, o dove diavolo andate a finire voi capitalisti quando crepate...Insomma, svegliatelo!/

 

Kalahia (sì, lo so che speravate in qualcos’altro, ma sono un cattivone)

 

L’idea era quella di andare al più vicino ospedale e tentare qualcosa lì...Peccato che i Krikkers la pensassero diversamente. Entro pochi minuti dallo svenimento collettivo, gli abitanti erano stati fatti rinvenire. Gli eroi avevano fatto appena in tempo ad asserragliarsi sulla torre semidistrutta, ed ora erano Thundersword e Dinah a reggere da soli l’ondata dell’attacco...O forse no?

Perché la massa non si comportava come una singola mente –o se lo faceva, era alquanto incoerente. Ogni volta che riusciva ad avvolgersi intorno alla torre per stritolarla, tremava tutta e si ritirava spontaneamente!

 

“Non potrei neppure dare un penny per i loro pensieri,” fece Immortal, “finirei in rovina...Allora, Fido, hai finito o no?”

Moonfang stava esaminando la nuca di Harold Ventura. Era da lì, che veniva più forte l’odore dell’uovo di Krikker. Purtroppo, il fiuto era l’unico mezzo per trovarlo: le carni elasticizzate avevano riparato qualunque cicatrice dell’innesto. “Credo che ci siamo. Datemi ancora qualche minuto...” Mise una mano alla propria collana di zanne. Un mortale poteva anche scambiarla per un semplice ornamento, ma chiunque conoscesse Lycus, sapeva che quelle erano le zanne dei suoi antenati –un lascito che si tramandava di generazione in generazione, arricchito ogni volta da un nuovo dente.

Fang tirò via uno dei denti...ma quello che gli rimase in mano era una specie di sagoma speculare, fatta di pulsante energia.

Flatman fece per svegliarsi...nuovamente. *Bonk!* un altro pugno al cranio lo rimise a nanna senza troppe preoccupazioni. Fang ridacchiò: non si era mai divertito tanto, a ‘curare’ qualcuno!

Anche se stava comunque correndo un rischio pazzesco: il Pr’ana dell’entità aliena era bene armonizzato con quello dell’umano. Quello che stava per fare poteva uccidere entrambi.

Moonfang si concentrò, e il dente di luce divenne un pugnale. Levò la mano armata, tenendo bene la mira...ed affondò!

Fu come avere messo Harold Ventura sulla sedia elettrica! Il suo corpo sembrò esplodere, e il suo urlo di agonia, cioè l’urlo dell’uovo Krikker, si riflesse in tutta la colonia!

Quando Moonfang estrasse il pugnale, un filo di fumo e gel verdastro uscivano da una vistosa ferita al collo. Incurante del pericolo, Bertha tornò ad essere semplicemente Ashley Crawford e corse a soccorrere l’uomo. Guardò Fang con odio.

Lui ricambiò con uno sbuffo. “Prima di fare promesse di morte, tastagli un po’ il polso. È vivo.”

Nel frattempo, ancora una volta, la proteiforme massa si era scomposta nei suoi componenti...Ma questa volta, in fretta e furia, i Krikkers abbandonarono le loro prede, correndo via in anfratti scavati nelle pareti e nella pavimentazione. In pochi minuti, degli alieni non vi era più traccia in tutta Kalhia.

 

Un paio di ore dopo, effettuate dettagliate analisi su ogni abitante della città, e ricoverati quelli feriti dai Vendicatori, si era dato il via ai festeggiamenti, a base di danze e festini.

“La ragione per cui non vi hanno aggredito quando potevano,” stava dicendo Flatman, “era che gli servivate vivi, come ricettacoli e riproduttori...Ma non era, evidentemente, un’idea condivisa. I Krikkers possono avere una mentalità collettiva, ma ci sono individualisti anche fra loro. Inoltre...”

“Mi chiedo,” fece Phaze, adesso al suo stato umano, intento a rimpinzarsi di fritti misti, “se sei riuscito a curarlo per davvero. Parla esattamente allo stesso modo.”

Moonfang, aggredendo un cosciotto grosso come la sua testa, disse fra un boccone e l’altro –con non poco disgusto di Bertha, che stava seduta proprio accanto a lui, “Io dico di sì. Non odora più di sesso, in presenza della femmina.”

Dinah ridacchiò agli ultrasuoni, e spaccò metà dei bicchieri dei presenti.

“Qualcosa che non va, intrepido leader?” fece il giovane di New Orleans, rivolgendosi a un perplesso Mr. Immortal. “La missione è riuscita, giusto? Diventeremo Vendicatori, dovresti essere contento.”

L’uomo non aveva neppure toccato il suo piatto, ed ora tamburellava con aria assente sulla tavola. “Non so, ho come la sensazione che ci siamo dimenticati di qualcosa...Ma non riesco a metterla a fuoco...”

 

Latveria

 

/Grazie per avere distrutto il satellite, eccellenza, e per il nuovo software di protezione per i codici. L’Unione le è.../

La voce filtrata, dai toni metallici, interruppe Putin dall’altra parte del telefono in un Russo perfetto, senza accento. /Si risparmi i salamelecchi, Presidente, e ricordi il patto che ha appena firmato: niente tasse sui nostri prodotti di esportazione verso l’Unione e agevolazioni economiche particolari illimitate./

Una mano guantata di acciaio mise giù la cornetta dell’apparecchio, accanto al quale ticchettava una sveglia degli F4, con le braccine di Mr.Fantastic per lancette, e le faccine del quartetto in corrispondenza delle ore ‘cardinali’ –per gli spiriti infernali, che razza di sciocco, quell’uomo. Destino sapeva già tutto, e sarebbe intervenuto comunque offrendo personalmente il proprio supporto; il mondo era per lui un campo di conquista, e ben poco giovamento ne avrebbe tratto, dalla distruzione globale. Adesso, almeno, aveva potuto stabilire delle solide basi commerciali per il suo regno. Il futuro era roseo, ad est.

Il Re di Latveria tornò a dormire sotto una coperta firmata Susan Richards.

 

Episodio 4 - Una giornata di generica follia

 

C’era una volta...

?

No, dicevo: C’era una volta...

Scusami un attimo.

Scusa che? Allora, C’era una volta...

Bada che sciopero.

Capirai! Al collocamento c’è una lista di domande di almeno 1.324.341.556,8 autori! Ci metto niente a lasciarti nelle peste, ciccione!

La mettiamo sul personale, adesso? Bella musa m’è capitata!!

E non fare quella faccia, sai? Al massimo metti paura allo specchio –e poi io. Sono. Un. Muso. Ispiratore.

Non è neanche colpa mia se sei nato con una crisi di identità.

OK, OK, 1-1, time out! *stupidiarrogantiautorucoligrumblegrumble...*

Dicevi?

Ah? Niente, niente. Una blitz-insipration. Allora, vogliamo riprendere? C’era una volta...

Comincio a temere che da piccolo ti abbiano preso a calci i Fratelli Grimm, e non parlo dei pazzerelli che viaggiano in nuvola-express. Cos’è questa voglia di fiaba?

Ti vuoi fidare, sì o no? Non ti ho sempre guidato bene?

Se non mi linciano per quello special a tinte rosa, ti risponderò di sì. Per ora, mi piacerebbe una risposta.

È che ho colto queste interessanti vibrazioni da Chicago...Un tizio un po’ strano da ‘c’era una volta’, ecco.

Tu stai tramando.

Detto da uno che scrive trame, è una bella iperbole.

Non mi tentare, o passo dal wordprocessor a un solitario di Magic l’Adunanza™. E passerai il tempo a sgolarti davanti a una porta chiusa per ore. Tiè!

Tu...tu..!

Bhe? Cosa succede, adesso?

Oddio, lo sapevo! Siamo nei guai!

O potente Editor, perdono!

E piantatela di leccarmi il frustino, che viene via il lucido. Siete quasi in ritardo, avete occupato ½ pagina con la vostra querelle. Che scusa avete?

Ha cominciato lui!! Mi ha interrotto!

Mi fa andare off-topic! Cerco solo di disciplinarlo un po’!

Facciamo così: voi consegnate in ritardo nonostante la proroga speciale, e col cavolo che vi concedo l’ottava serie. Contenti?

Sempre pronto, boss. Taccio e ispiro!

Sempre agli ordini, onnipotente! Visto? Ho già lucidato le dita con CERAMENTE® per volare meglio sulla tastiera!

*lecchino*

*Ha parlato lui, tsè!* ma bando alle chiacchiere, e via con i titoli di testa!

 

Chicago.

 

“Non so cosa sia peggio: Hol...cioè, Door...Cioè Phaze che deve stare in stretto isolamento sotto una tonnellata di medici SHIELD, o te che vomiti l’anima e qualcos’altro.”

Per quanto lo riguardava, il medico di turno al Pronto Soccorso dell’Università di Chicago stava seriamente considerando di darsi malato come aveva meditato di fare quando la sveglia lo aveva sottratto a un sonno di ben quattro ore! “Insomma, non sono un veterinario. Perché avete portato proprio qui questo coso?”

Il ‘coso’ in questione era un lupo mannaro dal pelo marrone chiaro, robusto abbastanza da mangiarsi Rambo in un boccone, vestito solo di una collana di zanne. Il lettino scricchiolava preoccupantemente sotto il suo peso, mentre lui era intento a tenersi le budella tutte insieme. Emergenza 1 puzzava di medicinali, di cane e di vomito.

Altro presente in sala, intento a criticare il mannaro, era una donna dai capelli rossi, vestita di un body giallo e nero che semmai evidenziava le sue molto attraenti curve. “Abbiamo un appuntamento con un rappresentante di Dolce & Gabbana fra solo un paio d’ore!”

{Lo vedi? Lo vedi? Con tutta quella perdita di tempo di prima, mi hai fatto pure dimenticare di usare il prologo per spiegare!

Ma stai zitto, che vai benissimo! E piantala di guardare l’orologio per vedere se la pasta è cotta!

Sicuro che...Obbe’, io continuo, ma se all’onnipotente non piace, sulla graticola ci finisci te! E non ti azzardare a criticare la mia cucina, sai?}

“Non infierire...miserabile scimmia malefica...” gemeva Moonfang. “Quella bestiaccia uscita dal tuo amico stava...aggredendoti. E sembrava...commestibile...Nnnggh!” sul ‘commestibile’, il mannaro si contrasse ulteriormente su sé stesso, avvertendo un minaccioso rimestamento allo stomaco.

Big Bertha levò le mani al cielo, esasperata. “Era un demonietto, testa di pelo! Come si fa a mangiare un demonietto?! Potevi almeno farti guardare da un medico, invece di giocare al macho?? Dio, ma perché Pierce non ti ha messo in quarantena, prima di approvarti nei ranghi del gruppo?”

“Uh...sentite...”

Lei interruppe l’esitante tentativo del medico, puntandogli un dito al petto. “Gli dia un antiemetico, erba medica o che altro, ma lo rimetta in piedi. Ora! E non faccia quella faccia: è un mannaro, e allora? Anche la Justice, Incorporated ne ha uno, e X-Factor prima di loro. Va di moda. E il mio amico è comunque in parte umano, e tanto le basti!”

Mapporca..! Il medico andò a prendere una confezione di antiemetico dal barattolo –decise di non fare domande, di non chiedersi nulla, di sperare che fosse tutto un flashback di acido! Preparando la siringa, almeno si consolò al pensiero che ci sarebbe voluto un ago da cavallo, per fargli male, visto che non aveva neppure drizzato il pelo quando gli aveva fatto l’IV di salina idratante.

 

“Consoliamoci. Almeno adesso possiamo distinguere i malati veri da quelli immaginari,” disse il receptionist, fissando con ostilità il capannello che si era formato nel corridoio. Fra gli spettatori, tutti attentissimi e intenti a scambiarsi commenti e osservazioni, c’erano persone che fino a poco prima avevano fatto il possibile per farsi passare per casi urgenti.

A dire il vero, non fosse stato per le vere emergenze di cui occuparsi, parecchi medici avrebbero pagato oro per essere in Emergenza 1 in quel momento. Uno di loro, un ragazzo nero con un taglio afro niente male, disse al receptionist, “Ma c’è qualcosa che riesca a sconvolgerti?”

Il receptionist, che a vederlo, in realtà, non sarebbe stato male in un cimitero con una bella pala sulla spalla, scrollò le spalle. “Bof. Per quello che ho visto nel mio vecchio lavoro, e che già vedo tutti i giorni qui, cosa vuoi che sia un cane al testosterone e quei pagliacci lì?” indicò brevemente con la matita il gruppo di 4 super-eroi seduti in sala d’attesa. “Almeno, sanno essere disciplinati. Un po’ come quell’altro povero ragazzo.” E la matita volò verso il giovane in giacca e cravatta, e una abbagliante capigliatura d’argento. “Fossero tutti così, gli perdonerei anche i capelli...”

 

“Starà bene, il vostro amico?”

Flatman, che stava studiando attentamente le carte in mano, mise giù un fante di coppe sulle proprie gambe opportunamente trasformate in tavolino. “Uh? Oh, sì...Anche se, a dire il vero, lo avrei portato da un’esorcista. Bertha sa essere così impulsiva certe volte...”

“Dilla tutta,” fece Mister Immortal, in piedi fra il suo vecchio amico e un’altra nuova acquisizione del gruppo, il misterioso Night Raven, che si preparava a fare la sua mossa dall’altra parte del ‘tavolino’. “Bei capelli, fra parentesi. Come te li sei fatti?”

Il giovane fece spallucce. “Diciamo...un incidente,” come poteva dire loro che quella metamorfosi era solo una parte di quello che era diventato in una notte senza rivelare la sua identità segreta?

Dinah Soar sussurrò qualcosa di ultrasonico all’orecchio di Mr. Immortal, che subito chiese, “E tu, per cosa sei qui? Parenti?”

Il ragazzo annuì. “Mio fratello Bobby. Mamma e papà hanno venduto la casa, e io ho dovuto promettere al capo di fare straordinari per almeno un paio di anni, ma adesso ci sono i soldi per farlo operare. Non sarà una clinica privata, questa, ma abbiamo saputo che ci sono chirurghi che fanno i miracoli. E’ così tanto tempo che è in coma...”

Una nuvola nera sembrava essersi improvvisamente addensata per simpatia sulle teste degli eroi. Persino l’impianto antincendio aveva voglia di piangere!

“Scusate,” disse una voce femminile, schiarendosi la gola. Si voltarono tutti.

A parlare, era stato un medico, una donna dai capelli rossi. Procedendo con l’ausilio di una stampella, la donna si avvicinò a Mr. Immortal. “Ho dato un’occhiata alle vostre credenziali, e devo dire che credevo che mi aspettavo qualcuno di diverso, quando mi hanno parlato di Vendicatori. Comunque, sia chiaro che il conto del lettino danneggiato dal vostro lupo mannaro lo paga lo SHIELD, chiaro? L’assicurazione non comprende quella creatura, come causa dei danni.”

Immortal annuì velocemente –diamine, la tizia aveva l’acciaio in quella voce pacata. Gli ricordava tanto una sua zia capace di pelare i muri con un’occhiataccia! Prese il modulo che gli veniva porto, e prese a riempirlo –naturalmente senza capirci un’acca di quel buromedichese. Chissà se Pierce avrebbe dato loro una segretaria, per questi problemi?

“E un’altra cosa,” fece il medico di ferro. “Il cavallo. Organismo Geneticamente Modificato o no, dovete tenerlo lontano dal parcheggio ambulanze. Buona giornata,” terminò, dando loro le spalle.

Immortal sospirò. Si toccò il polso. “Sentito? Te lo avevo detto.”

 

Nel parcheggio in questione, Thundersword sospirò. “Ho udito. Sarà fatto.” Chiuse la comunicazione, e disse, “Sono mortificato, fanciulli, ma le forze oscure impongono che il fedele Lightwing resti lontano dalle vostre innocenti attenzioni.”

L’eroe dall’armatura d’oro aiutò a scendere dalla sella del pegaso un giustamente recalcitrante bambino di sei anni, che stava facendo del suo meglio per sembrare un martire di tutte le guerre. Il capannello dei suoi più o meno coetanei, che fino a quel momento avevano fatto a gara per accarezzare il bianco destriero riccamente bardato, iniziarono una gara di proteste.

Per chetarli, Thundersword disse loro, “Asciugate i vostri occhi puerili, e guardate quale prodigio posso compiere solo per voi!” Ebbe subito l’attenzione della sua platea e relativi genitori ed infermieri –anche se questi ultimi due, dopo avere letto sui tabloid di quali casini era capace un superumano, erano trepidanti per ben diverse ragioni.

Thundersword schioccò le dita...e un fulmine dal cielo colpì il cavallo! Uno spettacolare lampo di luce, uno sbuffo di fumo,

e il destriero scomparve!

“Qualcosa da raccontare, invero,” Thundersword sorrise compiaciuto...poi, “Ops.”

Tanto i bambini quanto i genitori erano lì, immobili, gli occhi sbarrati, i capelli alla ‘presbiteriana’ e una fitta cortina di nerissima fuliggine a coprirli frontalmente dalla testa ai piedi.

“Scusate. Ho appena ricevuto una telefonata da Asgard, sapete...” Thundersword sorrise a 32 denti, e si allontanò alla chetichella...un attimo prima di dovere fuggire a gambe levate da una pioggia di insulti irripetibili, peluche, rifiuti e oggettistica d’ambulanza!

Entrò a bomba nella corsia di emergenza. “Nel caso non lo avesse notato, signore, questa non è un’area riservata al pubblico,” fece un medico con una calvizie incipiente e occhialini da professore. “E si pulisca l’armatura. Ha dei Mars attaccati alla schiena.”

“Lo terrò...a mente!” fece Thundersword, ansimando di brutto. Diavolo, la prossima volta sarebbe atterrato sul tetto!

 

Mr. Immortal consegnò il modulo al receptionist. “Già che ci siamo, potrei sapere dove si può trovare un caffè decente? Ho dovuto usare i miei poteri solo per riprendermi da quello del vostro distributore.”

“Ma va’,” fece l’uomo, e indicò con il pollice l’uscita. “Attraversata la strada. Il locale di fronte fa qualcosa che sicuramente è meglio della cicuta di qui. Oppure si può scroccare quello dei medici nella saletta riservata. Io non ho detto niente, sia chiaro.”

“Sei un amico!” il mutante Canadese un tempo noto come Flashback si diresse alla chetichella verso la saletta indicata –ovviamente attirando ogni possibile sguardo su di sé...Ma chi se ne fregava? Aveva voglia di caffeina, e avrebbe ucciso per averla!

 

In saletta, il ragazzo dai capelli d’argento stava per giungere a uno spartiacque della sua vita. “Come sarebbe a dire che non potete operare Bobby?”

La donna con la stampella sfoggiò il suo sorriso imbarazzato di circostanza. “Mi dispiace, ma vede...L’assicurazione è scaduta, e i soldi che avete versato non sono sufficienti a coprire l’intero ciclo fra operazione e terapia di recupero. Potremmo operarlo, e non cambierebbe nulla...”

Accanto alla donna ce n’era un’altra, dai lunghi capelli ricchi, che parlava con un accento britannico. “Potremmo studiare una soluzione alternativa di pagamento. In fondo, questi poveretti hanno affrontato un lungo viaggio per...”

“Dottoressa, abbiamo un budget da rispettare. Non possiamo coprire gli errori di tutti quelli che si presentano qui. Di nuovo le nostre scuse, signor...”

Ma a quel punto, il ragazzo non stava più ascoltando. Spinse da parte la donna in stampella, quasi buttandola a terra, ed uscì a larghi passi dall’ospedale.

Persino la piatta maschera di Night Raven sembrava emanare disprezzo, nel fissare il medico dal cuore di calcolatrice, ma prudentemente non disse nulla –quella poteva decidere di buttarli tutti fuori, e nessuno di loro voleva un mannaro malato di stomaco nello studio di Dolce & Gabbana!

 

Giunto fuori, il ragazzo iniziò a menare pugni al muro fino a farsi sanguinare le mani –e adesso come lo diceva, a mamma e papà?? Tutti quegli sforzi e sacrifici per niente! E dire che l’idea di Chicago era stata sua! Era davvero destino, che tutto quello che facesse fosse destinato al fallimento?

E non aveva nemmeno una palla di neve luminescente da buttare contro il muro...*sigh!*

Qualcuno si schiarì la gola dietro di lui. “E te l’avevo anche detto, che a fare i buoni ci si rimette e basta. Ma uno come te sa ascoltare? Noo, naturalmente.”

“Oh, ciao, Sanderson,” disse il ragazzo, senza neppure voltare lo sguardo.

“Non sapevo che avessi anche la supervista, adesso,” disse l’uomo, impressionato.

“Risparmiati i complimenti,” fece il ragazzo, voltandosi. “Riconoscerei quella voce querula ovunque...In fondo, sei anche il solo supercriminale che abbia mai incontrato che mi abbia parlato così.”

Si sedettero sui gradini d’ingresso. “Perché te lo meritavi,” fece Sanderson, mettendogli una mano comprensiva sulla spalla. “Il mondo è crudele, la vita è spazzatura, e tu non chiedi certo i ponti d’oro...Lo sai che Bobby potrebbe non sopravvivere a un altro spostamento, in queste condizioni?”

Una volta, Sanderson diede un cazzotto allo stomaco del suo giovane arcinemico. Il nostro eroe si sentì esattamente come in quel momento, anni fa. “Come...Come sarebbe a dire? Come fai a dire una cosa così crudele?”

Spallucce. “Sono uno scienziato, figliolo. Se non le so io, queste cose...Ma credimi, ti capisco. Anch’io ho subito gravi traumi da questi arroganti, vanagloriosi baroni del bisturi, che credono che i soldi siano l’ingrediente principale della salute. Perché credi che abbia costruito il mio elmetto anti-autostima[vii]? Per dare una lezione ai boriosi come loro, insegnare loro un po’ di umiltà!”

“Davvero? Credevo volessi solo fare soldi come scienziato pazzo.”

Sanderson fece una mezza smorfia. “Conosci il tuo nemico, giovanotto, conosci il tuo nemico prima di giudicarlo. Allora, che ne dici di fare qualcosa per Bobby, invece di startene lì a piagnucolare?”

“Fare..?”

“Sicuro! Ehi, sei tu il super, qui: prendi il medico e costringilo a fare il suo lavoro!”

Sospiro rassegnato. “Non ce la farei mai. Ci sono un sacco di supereroi, nell’edificio. Io sono da solo. Come sempre.”

Sanderson scosse la testa. “*sigh!* i ragazzi di oggi. Fossero capaci di prendere una decisione da soli...” Fece un fischio e un cenno.

Una dozzina di ragazzi sembrò spuntare dagli angoli –ragazzi che persino un cieco non avrebbe avuto difficoltà a classificare come teppisti della peggiore specie. Il ragazzo li riconobbe come i teppisti di Sanderson..

 

“Complimenti, doc. Non ci credevo, che avesse funzionato.” Bertha parlava attraverso una mascherina.

Il dottore annuì, anche lui con la mascherina. La sala aveva raggiunto una saturazione odorosa da fare venire le meche ai capelli. “Ha un buon metabolismo, il giovanotto,” fece, dando una pacca amichevole alla schiena del mostro seduto sul lettino ormai imbarcato di brutto. Ottenendo un ringhio di avvertimento in risposta, la fece rientrare nella tasca alla velocità della luce. “Be’, è stato un...esperienza interessante. Vi auguro una bella giornata e tutto il resto. Se volete scusarmi,” fece per uscire. Per prima cosa, avrebbe fatto una doccia così lunga da tirar notte, poi, “Oh, no.”

L’atrio era occupato da una dozzina di teppisti che tenevano puntate pistole e coltelli contro degli ostaggi. Fra di loro, in piedi sul banco della reception, stava un tizio con il più assurdo costume con elmetto mai visto. L’elmetto amplificava la sua voce in modo che non uno potesse sfuggire ai suoi sferzanti insulti. “Siete tutti degli esseri inutili, incapaci di fare niente di più che scroccare soldi e medicine! E voi medicastri, che credete di sapere fare tutto e non sapete niente! Mia madre saprebbe cucire una ferita meglio di voi, ed è morta! Ma perché non vi ammazzate tutti, con tutti i mezzi che avete a disposizione qui?” E, effettivamente, medici e pazienti a portata di udito piangevano a dirotto. Persino gli ostaggi non opponevano la minima protesta o resistenza –ma faceva tanto classico, tenerli a portata di braccio!

Il giovane medico sentì come un ritorno della sua vecchia depressione, quella terribile, familiare sensazione che... “E ora che succede?”

Accolse come una benedizione persino la puzza del mannaro –anzi, fu proprio quella, a scuoterlo dal trance. “Non lo so...io...loro...”

Lui gli diede una pacca sulla schiena. “Lascia, che ci pensiamo noi.” Si avvicinò ai suoi compagni nella sala d’attesa. “Allora, cos’è che succede qui?”

Gli altri Vendicatori stavano godendosi la scena bevendo caffè e mangiando ciambelle. Mr. Immortal disse, indicando Sanderson. “*ciomp* sono arrivati in due in costume e i teppisti. Quello lì si è messo subito a declamare fesserie a go-go. È uno spettacolo! Dovrebbe fare il politico. L’altro vestiva un costume tutto bianco, ed è schizzato su per le scale. Un mingherlino, anche se credo che abbia fatto un po’ di palestra. È schizzato su per le scale bello veloce. Vuoi andare a dare un’occhiata te? Non aveva armi addosso, ma non si sa mai con questi dilettanti. Oh, e vacci piano con i muscoli: è il fratello di un paziente. Deve essere un po’ sconvolto.”

Moonfang annuì. “Perché no? Devo giusto rimettermi in forma.” Afferrò una ciambella dalla mani del teamleader e l’inghiottì in un boccone.

“Ehi!”

“Te la pago dopo! Ci si vede.” E fece per scattare verso le scale...un attimo prima che una catena lo colpisse alla schiena! Il mannaro concluse ignominosamente la sua corsa scivolando sulla pancia fino al più vicino carrello portabiancheria –usata, ovviamente.

“Ouch,” fece Bertha, nascondendosi il sorrisetto dietro una mano.

“E’ la lezione che meriti, animale!” fece Sanderson, puntando al mucchio scomposto di biancheria. “Non hai il diritto di camminare come un uomo, sei solo una patetica imitazione della specie superiore! Resta lì a cuccia e...*glick*” quest’ultima gli uscì appena dal mucchio venne un ringhio assassino!

Moonfang emerse, lento e feroce come la morte. “Mi hanno insultato dei professionisti, moscardino di scimmietta. In modi e lingue che ci potrei scrivere l’enciclopedia. Ma devo ammetterlo, nessuno mi ha mai detto di mettermi a cuccia. Ora me le hai fatte proprio girare!”

“Mammina,” pigolò Sanderson. Tre soli dei suoi uomini erano armati –le pistole costano, cosa credete?- e puntarono sulla creatura.

“Io ci ripenserei, ragazzi,” disse una voce –quella del receptionist, che stava puntando un cannone di tutto rispetto a Sanderson. “Adesso mi sono veramente stancato: i teppisti come voi me li mangiavo per dessert e lo posso fare ancora. Adesso, tu testadilatta scendi dal mio bancone, o ti faccio ricoverare con prognosi esclusiva. Forza!”

Sanderson obbedì, tenendo le mani alzate. “Puoi almeno tenermi lontano da quello? Mi fa paura! Senti, ma come hai fatto a resistere al mio infallibile elmetto? Persino quel maledetto Supereroe ha dovuto ricorrere a uno sporco trucco[viii]per raggirarmi.”

Una scrollata di spalle. “Fai il mio lavoro per una ventina d’anni a NY, e poi vedrai se non sarai pronto a tutto.”

 

“NO! Non riuscirete ad impedire che salvino il piccolo Bobby!!”

“Credo ci sia un errore, figliolo, noi non...ehi!” Raggiungere il ragazzo non era stato difficile –a che serviva un corpo elastico, se non anche per queste sciocchezze?

Il guaio era che il ragazzo era un filino fuori di sé. Lo aveva trovato che guardava come una sentinella Chirurgia 2. Dietro la porta, il chirurgo inglese stava operando il piccolo Bobby. La donna con la stampella batteva inutilmente la sua protesi contro la porta dello sgabuzzino in cui era stata rinchiusa.

E ora, il Supereroe vestito di bianco con mascherina pure bianca aveva mollato un pugno a tutta forza contro lo stomaco di Flatman. Purtroppo, non solo possedeva al massimo la forza di un atleta olimpico –e ci volevano almeno i muscoli di Moonfang, per metterlo KO. Ma anche con una forza superiore, il risultato, cioè affondare nel corpo elastico come nelle sabbie mobili, non sarebbe cambiato.

Flatman avvolse il Supereroe fino a negargli ogni possibilità di movimento. “Siamo in un ospedale, nel caso non te ne fossi accorto. Stanno operando tuo fratello. Cosa c’è che non va?”

“C’è che non si costringe qualcuno a operare un paziente. Non siamo ancora sotto dittatura, che io ricordi.”

Entrambi si voltarono a guardare il nuovo arrivato, scortato da due guardie della sicurezza. Il suo camice sembrava appena uscito dalla stireria, e la sua calvizie sembrava in qualche modo accentuare il suo cipiglio da bulldog. “Allora, visto che la frittata è comunque fatta, vogliamo comportarci come persone civili? O sto chiedendo troppo?”

Flatman liberò il Supereroe. Il medico continuò, mentre una guardia andava a liberare il suo collega ‘stampellato’, “Ho dovuto interrompere una promettente partita di golf con un gruppo del Dipartimento della Sanità. Mi è stato spiegato tutto per telefono...Ora, c’è qualcosa che mi impedisca di denunciarvi tutti per una serie di reati lunga fino al New Jersey, inclusa l’introduzione non autorizzata di animali nell’ambiente ospedaliero?”

In risposta, Flatman estrasse dal costume e tese al medico una tessera SHIELD. “Loro pagheranno i danni, le spese per l’operazione e penseranno a tenere buona la stampa. Vi basta?”

 

“Immagino di avere imparato la lezione: mai dare retta ai supercriminali,” disse il Supereroe, stringendo la mano a Mr. Immortal. “Il mio amico vi è molto grato per l’aiuto che avete dato per suo fratello.” E fece un occhiolino d’intesa a Flatman.

Sanderson stava ancora piagnucolando, mentre Moonfang in persona lo metteva nel cellulare insieme ai suoi tremebondi compari.

“Piacere nostro. Almeno, non è stata una mattinata noiosa.” Il gruppo si diresse verso la limousine che Big Bertha possedeva sotto il nome civile di Ashley Crawford, top-model quasi in ritardo a un appuntamento.

Chiudendo per ultimo la porta, Thundersword disse, “Tutto è bene quel che finisce bene, direi...Credete, piuttosto, che ci detrarranno molto, dalla prossima busta paga, con quello che bisognerà pagare?”

“Diciamo solo che questo servizio capita a puntino,” fece Ashley. Sospirò. “Toccherà di nuovo a me pagare...come sempre.”

 

Il Supereroe stava già pensando a come giustificare l’assenza della sua identità civile in quella crisi –e sperare che l’ambulanza nella quale aveva messo i suoi abiti facesse presto a tornare!- quando si sentì picchiettare alle spalle.

Era quel calvo educato, il ‘professorino’. E quando comprese quello che gli stava dicendo su una complicazione imprevista nell’operazione del fratello, il Supereroe si mise a piangere.

 

Sei un bastardo, lo sai?

Io? È quello che è più sfigato di Paperino! Non lo inviterei nemmeno a un funeral-party, figurati!

Sarà, ma la prossima volta, lo scenario lo scelgo io.

Sicuro? C’era questo tizio delle sigarette che...

Taci, che dobbiamo correggere consegnare al Grande Supervisore.

Lecchino.

Bastardo.

 

Episodio 5 - 1/2 Inferno (I Parte) (Un Inferno2 tie-in)

 

Una località senza nome. O meglio, il cui nome cambia secondo la convenienza del suo signore di turno. Tecnicamente, è il Nesso di Tutte le Realtà.

Per ora, si chiama La Crux. Ed il suo Palazzo Radiale è il cuore di innumerevoli confluenze temporali. Il centro delle infinite possibilità. Santuario di stabilità, torre di guardia contro il caos che ogni istante minaccia le correnti temporali.

Un posto alquanto sconveniente per avere un accesso di nervi.

Soprattutto se il tuo ruolo era quello di Mastrex dell'Omniverso.

 

"Per una volta, non mi dispiacerebbe spendere un giorno senza dovere ascoltare una sola cattiva notizia!"

'L'Inferno non ha la furia di una donna tradita', disse qualcuno. Qualcuno che non conosceva Opal Luna Saturnyne.

La bionda valchiria vestita di bianco, in quel momento, assomigliava più ad un fantasma inquieto che alla portatrice del più importante dei titoli.

Onestamente, non le si poteva dare torto: per un periodo più lungo del previsto, le barriere fra la porzione multidimensionale chiamata colloquialmente Limbo e l'infernale pianeta Terra-616, già tante volta causa di feroci mal di testa della Mastrex e dei suoi predecessori, erano nuovamente cadute.

Naturalmente, per colpa di un altro accidente di essere umano di quel pianeta maledetto.

E, naturalmente, sarebbe occorso l'intervento di altri maledetti nativi di quel pianeta maledetto, per ricucire la frattura multidimensionale...Oddio, poteva anche pensarci lei stessa. Anzi, si sarebbe divertita a fare molto, molto male alla vacca che aveva osato tanto...

Oppure, poteva fare di meglio.

Opal Luna Saturnyne si sedette di peso sul suo trono. Sorrise, ed i suoi servitori indietreggiarono da lei con passo mo-olto felpato.

Poteva risolvere una seccatura non indifferente e senza timore di interferenze.

Magnifico! "Adoro il Lunedì."

 

Periferia di Chicago, ore 11:30:28

 

I Magazzini Loreson sono stati un importante polmone per l'economia di una città basata, all'epoca, quasi esclusivamente sul mercato della carne. Da qui, come da un porto, passavano le migliori tonnellate di tagli pregiati provenienti dal Canada e dagli stati vicini. I Loreson sono stati una famiglia potente, una dinastia...fino a quando le autorità hanno avuto la bontà di tenere tutti e due gli occhi chiusi su un controllo prezzi fatto dai Loreson. Poi, i Loreson hanno fatto l'errore di diventare 'soci' del famigerato Al Capone durante gli anni del Proibizionismo. La caduta del boss fu il preludio alla rovina della famiglia.

Per svariati decenni, i magazzini hanno mantenuto il nome ma cambiato destinazione più volte di quante se ne voglia contare. Fino a venti anni prima, da quando ha preso il possesso un'anonima ditta di import-export, un prestanome se mai se n'era visto uno. Un prestanome, tuttavia, al quale nessuno faceva domande. La ditta pagava le sue tasse, assumeva personale strettamente incensurato, aveva accettato di buon grado l'irrigidirsi dei controlli dal dopoguerra al dopo-11.09...insomma, brava gente che pagava il suo tributo allo Zio Sam.

Quanto brava, non lo sapeva nessuno, se non i diretti superiori e reali proprietari dei Magazzini Loreson.

Lo SHIELD.

 

Se si volesse una prova delle fittissime connessioni della più potente agenzia internazionale di spionaggio & pronto intervento, basterebbe osservare la sua Stanza del Pericolo. Un ambiente chiuso, in cui un amalgama di tecnologie aliene e terrestri potevano riprodurre efficacemente scenari di una realtà sensoriale perfetta. Un ambiente noto solo ai frequentatori più assidui dei vari gruppi mutanti dell'Istituto Xavier per Giovani Dotati.

Un ambiente che poteva provarsi letale per i meno capaci.

Almeno, tale era la speranza per Alexander Goodwin Pierce, intento al quadro di controllo, in una cabina sopraelevata e rinforzata.

Speranza, sorprendentemente, fino a quel momento, infondata. Purtroppo.

 

La simulazione dava vita ad una sinistra ipotesi di lavoro: l'ipotesi che l'intolleranza di Homo Sapiens verso i Mutanti raggiungesse il culmine, degenerando in una caccia aperta. Una caccia di cui le sinistre Sentinelle sarebbero diventate le protagoniste. Protagoniste intelligenti, che, per estirpare una volta per tutte la minaccia dei super-poteri, sarebbero giunte a sterminare e/o catturare ogni singolo super-essere. E poiché non c'era modo di predire come e perché un essere umano avrebbe mostrato una mutazione, era giocoforza che le Sentinelle conquistassero il mondo per il bene dei loro creatori...

 

E New York, capitale dell'impero robotico, era il campo di battaglia.

"Ha! Cosa possono dei marrani privi di umanità contro la velocità e la grazia di Boronin ed il potere travolgente di Thundersword?" A sottolineare l'arrogante proclama, l'eroe in armatura dorata e bianco mantello, a cavallo di un pegaso pure abbagliante nel suo candore, evitò facilmente l'attacco di una Sentinella facendo ricorso ad una manovra a vite, e menò un terribile fendente con una lancia a forma di saetta! Il metallo fu distrutto come cartone!

 

"Io non sono propriamente 'umano', senzapelo," disse un massiccio lupo mannaro dal pelo castano chiaro, che nel gruppo rispondeva al nome di Moonfang, mentre saltava fra i raggi laser e le gambe di più d'una Sentinella. "Spero che non ti dia fastidio..." mise mano alla collana di zanne che, di fatto, era l'unica cosa che indossasse. Fulmineo, estrasse uno dei denti, e nella sua zampa esso divenne una sciabola di energia.

Un rapidissimo fendente rotante, e due gambe robotiche furono tranciate di netto! "...Se in fatto di grazia e velocità posso darti i punti, scimmia!"

Un'altra Sentinella cercò di ricordargli della sua mortalità prendendolo di mira con raffiche di raggi ottici...

Un pugno umano gigantesco ridusse la sua testa in poltiglia!

 

"Maschi!" disse Big Bertha, che aveva ridistribuito la sua massa extra per essere alta come uno dei robot. "Questa non è una competizione per i miei favori, signori...A proposito, 'Sword, non aveva un altro nome, il tuo puledro?"

"Pulzella," disse il cavaliere, lanciando la propria arma, che subito si trasformò in un potente fulmine. Un fulmine di non di corrente elettrica, bensì delle singolari energie donate all'eroe dall'Arcano in persona[ix]. Colpita al petto, una Sentinella si ritrovò con uno squarcio nuovo di zecca! "Il mio mortale alter-ego ha ceduto di fronte alla necessità di attirare maggiormente la pubblica attenzione con il nome che per primo fu dato alla nobile bestia[x]."

 

"Cosa gli passasse per il cervello, per parlare così, pro..." il teamleader, Mr. Immortal, scorse un movimento con la coda dell'occhio. Voltò di scatto la testa, arrestandosi a metà frase. "Phaze, dietro di te!" Poi, un colossale pugno si abbatté su di lui!

 

Phaze era un mutante, che nel suo combat mode era una 'porta' vivente sulla dimensione oscura –ragion per cui il suo primo nom-de-plume era stato l'Uomo Porta. Un potere che, tuttavia, doveva essere attivato per essere efficace.

L'avvertimento del suo capo fu una motivazione sufficiente: Hollis deMeere era il membro più giovane del gruppo, ed il più fiducioso. Quando Immortal parlava, lui rispondeva.

In pratica, il pugno della Sentinella alle sue spalle scomparve nel suo corpo! "Attenzione! Attenzione! Perdita connessione con arto periferico superiore sinistro! Operare distacco!"

Questo, a Phaze piacque molto poco.

Il robot puntò il moncherino del braccio, che ora terminava al gomito, e sparò una nuvola di gas. Phaze ne fu avvolto...ma non gli successe nulla. La Sentinella non sapeva che l'eroe non aveva bisogno di respirare!

Come era anche vero che, da solo, Phaze non poteva fare nulla più che restare sulla difensiva...

Fortunatamente, altri suoi compagni non erano così 'indifesi'. Come Dinah Soar, misteriosa creatura femminile dalle fattezze di una sorta di pteranodonte!

Dinah volò in picchiata fra Phaze ed il robot, troppo veloce per essere preda del gas, od essere intercettata. La Sentinella lanciò delle raffiche ottiche. Dinah anticipò quella mossa facendo una perfetta 'U', lasciando che i colpi arrivassero alla Sentinella che aveva schiacciato Mr. Immortal!

La creatura diede fiato ai polmoni, e una raffica sonica, modulata sull'esatta frequenza vibratoria di uno dei metalli della lega del robot, ne rese alquanto fragile la testa. Fragile abbastanza da distruggerla con un colpo delle sue ali!

 

Un intervento ben riuscito, quello di Dinah, ma inutile –o meglio, dettato dall'abitudine. In altri tempi, Mr. Immortal si sarebbe lasciato volentieri spiaccicare, per poi 'risorgere'...Ma quelli erano i tempi in cui Mr. Immortal, cioè il mutante Canadese Flashback, usava il suo potere per lasciare che un suo 'doppio' da un'altra linea temporale si facesse uccidere, per poi prenderne il posto.

Adesso (e soprattutto su specifico ordine di Pierce), il doppio temporale evocato doveva essere capace non solo di sopportare un simile attacco, ma altresì di potervi reagire.

Così, con grande sorpresa della Sentinella, la mano metallica fu sollevata

da una specie di barbaro biondo che avrebbe potuto dare i punti a Conan! "Per Mitra! Vile marrano, non un solo gigante potrà mai fare male a...a..." tuttavia, muscoloso o no, forte come un toro o no, era pur sempre un uomo contro diversi quintali. Insomma, una pessima scelta!

"Bisogno di una mano?" chiese un enorme nastro, che si avvolse fulmineo intorno al corpo del barbaro...e lo tirò via!

Mr. Immortal riprese il proprio posto. "La prossima volta, lascia che me la cavi io, Flatman. Sono o non sono il capo?"

L'uomo elastico, un essere quasi monodimensionale come il suo predecessore Thin Man, fece un perfetto 'signorsì'. E puoi scommetterci, che la prossima volta non muovo un dito, pensò. Cavoli, se suda!

 

Per ultimo, Night Raven, sedicente 'erede' dell'omonimo vigilante. Un essere umano dotato di svariati gadgets molto utili contro diverse categorie di criminali super e non. Perfettamente inutili contro dei super-robot senzienti.

Fino a quel momento, si era salvato grazie ai suoi sistemi di mimesi, che lo rendevano effettivamente invisibile. Il punto era che non poteva fare niente, e lo sape*

Le Sentinelle, lo scenario, tutto scomparve, sostituito dalle fredde, nude pareti bianche. "Ve la siete cavata egregiamente, Vendicatori," giunse la voce di Pierce.

 

In cabina, l'agente dello SHIELD sorseggiò un caffè ustionante e senza crema e zucchero, roba da duri. "Purtroppo, pare si sia presentata un'emergenza...insolita..."

"Siamo pronti quando vuoi, Pierce, per qualunque missione!" esclamò Immortal.

Pierce ebbe voglia di piangere. Almeno gli dessero la soddisfazione di esitare! L'uomo si schiarì la gola. "Da qualche ora a questa parte, un po' in varie parti del mondo, si stanno manifestando sensibili incrementi della violenza domestica ed urbana. La gente sta dando fuori di matto, in altre parole; inclusi gli abitanti di Chicago.

"Un dato curioso: gli analisti indicano che la follia è, per ora, estesa ai soli esseri umani, senza discriminazioni. Perciò voglio che tu, Moonfang, e tu, Dinah Soar, sempre ammesso che tu non sia umana..." cinguettio di diniego sdegnato "...andiate di fuori ad ispezionare e fare rapporto. Gli inibitori-psi di questo complesso, per ora, sembrano tenere, e..." Non finì la frase. Un lampo abbagliante riempì la stanza del pericolo, e poi essa fu vuota.

Pierce sbatté più volte le palpebre, diviso a metà fra il mostrare un'ebete espressione di soddisfazione od un cupo cipiglio virile. Certo, quest'improvvisa ed altrettanto ingiustificata sparizione degli eroi, in quello che poteva rivelarsi un momento critico, era seccante...Però, se non tornavano, lui non era più costretto a fare da balia a chicchessia...

Vinse l'ebete soddisfazione.

---

 

Il suo primo pensiero, emergendo dal nulla, fu il terrore. Terrore che, di colpo, gli strani fenomeni che gli avevano fatto perdere il controllo del suo potere[xi] si fossero ripresentati con gli interessi! E che fossero tutti finiti in qualche inferno dentro il suo corpo... "Uh-oh."

Sfortunatamente, niente di così semplice. Come provavano le pareti costellate di luminarie di puri quarzi contenenti globuli di luce, gli arazzi sotto i luminari, le finestre che davano su ogni realtà immaginabile.

E, soprattutto, come provava la figura di Opal Luna seduta su un trono ricavato da un monoblocco di cristallo, sopra un piedistallo di legno al termine di un tappeto rosso broccato d'oro.

"Benvenuti nel Palazzo Radiale, 'Vendicatori'," disse la Mastrex, sorridendo come un cobra, circondata da un'armata di membri del corpo dei Capitan Bretagna, ognuno da una cronolinea diversa. "Abbiamo alcune cose, di cui parlare, voi ed io."

Alla spicciola, gli altri eroi si stavano rialzando. "Se togliessi le tue chiappe dalla mia schiena, disgrazia alata..." fece Mr. Immortal a Boronin sopra di lui. Il cavallo emise uno sbuffo irritato. "Parlare di cosa, esattamente...Ah, Vostra Grazia? Felice di rivederLa, fraparentesi."

Prontamente, due soldati si avvicinarono al teamleader, lo sollevarono per le ascelle e lo portarono di peso davanti alla Mastrex. Lui sorrise pietosamente. "Err, davvero ancora arrabbiata per i miei innocui exploits?"

 

"Tu sai chi è quella?" bisbigliò Flatman a Bertha, che osservava Opal Luna con tanto d'occhi.

I pensieri dell'eroina erano in tumulto. Assomiglia a...No, non è possibile. E' la copia sputata di Courtney Ross. Ma è deceduta!

Per quanto lo riguardava, Moonfang si sentiva come sommerso dall'aura di comando e di potere della donna bionda: i suoi istinti gli gridavano di mettersi in ginocchio e riverirla per il capobranco che era.

Night Raven stava immobile. La sua maschera di metallo era uno specchio impassibile, dietro il quale decine di sensori immagazzinavano terabyte di informazioni su unità a tecnologia ottica.

Passava in quel momento un valletto che recava solennemente un vassoio enorme carico di paste, diretto verso la Mastrex.

Si udì un suono di narici in azione. "Boronin, no!" bisbigliò Thundersword, al contempo dando una gomitata discreta al fianco del cavallo. Troppo tardi, però: il pegaso aveva già allungato il collo e addentato una pasta. Fortunatamente, nessuno sembrava essersene accorto...Anche perché le guardie più vicine erano troppo impegnate a sbarrare gli occhi alla vista di un braccio mostruoso, che era improvvisamente spuntato dal petto di Phaze!

Il mutante fu lestissimo a darci un pugno. Il braccio scomparve con un brontolio seccato.

La Mastrex distolse un attimo la sua attenzione da Mr. Immortal, e fece un cenno con l'indice al ragazzo, fissandolo con uno sguardo che non ammetteva obiezioni.

E mentre Phaze si avvicinava, lei riprese a parlare al teamleader. "Adesso, Monsieur Gardner, veniamo al nocciolo: ti avevo avvertito, giusto? Quando eri in prigione, in attesa di chiudere il tuo ciclo temporale ed essere richiamato nel passato dove saresti morto[xii], avesti la possibilità di scegliere fra l'offerta mia e quella del sedicente Spy[xiii]. Guadagnarti la pace eterna, o la mia inimicizia eterna...Pensi ancora di avere fatto la scelta giusta?" Parlando, la donna sfiorava con mano sapiente il mento dell'eroe, che faceva versetti tipo 'gu-gu'...

Di colpo, la stessa mano serrò la gola in una morsa d'acciaio! La sua voce si fece a dir poco inviperita. "Ti rendi conto dei casini che hai combinato, testa di rapa??"

Lui poté solo rantolare, in risposta. Lei lo scuoteva avanti-e-indietro come un pupazzo.

"Hai scombinato almeno una 50na di cronolinee, mandando a crepare i tuoi io 'alternativi' durante la tua 'carriera'! La Commissione di Invarianza Temporale sta ancora cercando di raccattare tutti i cocci! Dammi una sola buona ragione per non estrarti il poco cervello nel cranio e spedirlo in qualche laboratorio d'analisi!"

Mr. Immortal fu lasciato, e si ritrovò a barcollare come uno in ciucca pesa. Tentò di parlare, ma fu prevenuto da Moonfang.

"In tutto questo, cosa c'entriamo noi?" chiese il mannaro. "Per quanto mi riguarda, ci siamo messi insieme perché volevi eliminarci!"

Opal Luna fece un cenno seccato. "Un errore dell'Ufficio Ricerca della CIT: si riferivano ad una formazione già confermata...in un'altra cronolinea. Quando ho scoperto l'errore, era già troppo tardi per impedirvi di mettervi insieme.

"Ho convocato voialtri per due ragioni: la prima riguarda il Sig. DeMeere...O meglio, la crisi di cui lui, involontariamente, fa parte.

"Due terrestri della vostra c.l., Darklady e Grace Cross, hanno abbattuto le barriere fra il Limbo e la Realtà. Phaze è stato addocchiato, per un certo periodo, da Darklady quale 'entrata d'emergenza'. Pertanto, fino a quando la crisi non sarà stata risolta, nessuno di voi potrà lasciare il Palazzo Radiale.

"La seconda ragione riguarda voi come formazione: posso promettervi una ricompensa adeguata, se lascerete il vostro...leader e Phaze al loro destino." Ad un suo cenno, apparve davanti agli eroi una mucchia di roba: oro, gioielli, cibo, buoni-sconto ed elettrodomestici! "Ho già abbastanza problemi con i vostri simili, per lasciare libere due mine vaganti come loro. Cosa mi dite?"

Ci furono svariati scambi di preoccupanti occhiate calcolatrici. Immortal e Phaze dissero, all'unisono, "Amici..?"

Big Bertha aveva la possibilità di farsi una tale base economica e svincolata da abbandonare per sempre la carriera di supereroina e vivere alla grande come Ashley Crawford, top-model e viveur.

Flatman poteva farsi abbastanza fondi per soddisfare il suo sogno di diventare ricco e famoso come un Reed Richards.

Night Raven poteva ritirarsi a vita privata, e basta...

ÎÌÉõüËË disse Dinah Soar, con un tono indubbiamente sdegnato, all'indirizzo di Opal Luna.

"Sono d'accordo: restiamo uniti," disse Moonfang, soprendendo tutti. "Quindi nisba, femmina!"

"Ha!" fece Thundersword, gonfiando il petto. "Un simile esempio di lealtà da una bestia ti sia d'esempio, strega cospiratrice! Una volta Vendicatore, per sempre Vendicatore! Ti combatteremo fino alla morte, se necessario!" curiosissimi gesti di scongiuro furono fatti al suo indirizzo.

Una nuvoletta nera sembrò formarsi sulla testa di Opal Luna, mentre il suo sorrisetto diventava acido. "Odio il Lunedì. Dio, quanto lo odio..." sospirò, cercando di ricomporsi. "Va bene, Vendicatori dei Grandi Laghi. Visto che non è in mio potere agire personalmente per ridurvi a brodo primordiale, almeno avrò la soddisfazione di vedervi soccombere sotto il peso dei miei soldati."

La frase era un ordine implicito, e i super-esseri risposero, convergendo sul nemico. Una tremenda nuvolaglia si levò dal punto che, di colpo, era diventato il cuore della tempesta di cazzotti, calci ossa rotte, imprecazioni, morsi e metalleria varia.

"Non illudetevi," disse la Mastrex all'indirizzo di Phaze ed Immortal, "questa volta ho imparato la lezione: i Capitan Bretagna presenti sono i migliori, e sono più numerosi dei vostri amici. Li ho selezionati io stessa dopo i miei...incontri con Excalibur."

A smentirla, dalla nuvolaglia emersero un paio di zampe posteriori equine intente ad imprimere il loro marchio sul posteriore di un Cap. Proiettato 'a missile', il malcapitato finì appeso per i pantaloni ad una delle luminarie. Un cronista commentava l'evento. Un prete pregava per le anime dei caduti –altra pausa per scongiuri. Le scommesse andavano forti!

Si mette male, pensò Phaze. Qui, se non facciamo qualcosa, finiamo in pensione molto in fretta!

Era decisamente l'ultima cosa a cui avrebbe voluto fare ricorso, ma se l'alternativa era la morte certa...Hollis si concentrò. Presa dallo spettacolo, ed erroneamente convinta della mancanza di spina dorsale del giovane, Opal Luna realizzò il suo errore

non appena la sala del trono fu letteralmente invasa da un'orda di demoni!

La lotta fra eroi e soldati si interruppe all'arrivo del nuovo pericolo, come previsto. Come non previsto, insieme alle creature del Limbo giunse l'Effetto di Corruzione. Ogni singolo essere umano nativo della Terra, nel corpo come nella mente, fu preda istantanea del suo 'lato oscuro' –i desideri e le pulsioni represse, l'aggressività nascosta dalla patina della 'civiltà', gli istinti più distruttivi. Insomma, un livello non dissimile da quello dell'ora di punta alla Borsa di Wall Street.

Alcuni dei Vendicatori non furono esenti. Mr. Immortal iniziò a ringhiare come un pazzo, e si gettò contro Opal Luna. La donna tese un braccio, e lo accolse con una poderosa scarica bio-elettrica, mandandolo al tappeto come un saccaccio– non poteva neppure togliersi la soddisfazione di ucciderlo, a rischio di fare un altro casino!

Sfortunatamente, nel suo stato alimentato dalla pura furia, Immortal non impiegò molto, a riprendersi...Almeno, fino a quando non intervenne un fischio modulato su una frequenza ultrasonica. "Gee..." e l'uomo svenne, placato.

Dinah, a questo punto chiaramente non umana, si chinò sul suo 'protetto', cinguettando amorevolmente per tenerlo giù.

Bertha si era fatta prendere dalla sua fobia peggiore, quella di essere brutta, ed il suo corpo aveva risposto, adattandosi nella forma-Blob. E si era messa a piangere, seduta in mezzo ad un marasma che non riusciva a farle un graffio.

Flatman colpiva a destra e a manca, con mani trasformate in magli, trovando solo per cause statistiche tanti nemici su cui sfogare anni ed anni di oppressione contro i bulli che, dai tempi della scuola, ancora vivevano nella sua mente.

Thundersword era in ginocchio, stringendosi la testa, i denti serrati, il volto coperto di sudore...

"In qualche modo, il suo potere lo protegge...per ora," disse Moonfang, spalla a spalla con Night Raven. "Tu come ti senti?"

"Abbastanza bene da sapere che siamo rimasti i soli fra la nostra fine e questo casino. Suggerimenti?"

 

Episodio 6 - 1/2 Inferno (I Parte) (Un Inferno2 tie-in)

 

Palazzo Radiale, la Crux

 

‘Palazzo’ è un termine alquanto riduttivo, a ben pensarci. Sospeso nel mezzo del Nesso di Tutte le Realtà, si tratta di una struttura meravigliosa, di cristallo e marmo, circondata da un gioco di anelli metallici, identica ad una gigantesca Rosa dei Venti tridimensionale, grande quanto centinaia di pianeti messi assieme..

Il Palazzo Radiale è il cuore dell’equilibrio dell’Omniverso, cioè di quell’intrico composto da ogni realtà possibile nel tessuto spaziotemporale. È semplicemente logico supporre che le misure preposte alla sua sicurezza siano il meglio del meglio; che niente e nessuno possa interferire con la delicata attività di monitorare la coerenza del flusso delle realtà (qualunque cosa voglia dire!). Giusto?

Sbagliato!

Persino i migliori possono commettere un errore fatale. Nel caso di Opal-Luna Saturnyne, Mastrex dell’Omniverso, corrente padrona del Palazzo Radiale, l’errore era stato di convocare alla sua presenza i Vendicatori dei Grandi Laghi. Lo scopo di quella convocazione era di assicurarsi che il teamleader del gruppo, Mister Immortal, una falsa identità per il supercriminale mutante Flashback, si ritirasse dal mestiere. L’uso del suo potere per fingere di essere immortale aveva incasinato non poche cronolinee. Quindi, o accettava di farsi togliere quel potere –evocare sue controparti da altre cronolinee- o veniva eliminato. Il resto dei VGL era stato convocato in qualità di ‘auditori’, perché accettassero il fato del loro leader senza cercare di piantare un casino.

Naturalmente, il casino l’avevano piantato. Naturalmente, Opal-Luna era pronta a sedare ogni tentativo di rivolta.

Naturalmente, in quei momenti cruciali, sulla Terra, era scoppiato l’Inferno. E Phaze, portale vivente sul Limbo, aveva preso a vomitare orde di demoni!

 

Insieme ai demoni, era arrivata la cosiddetta Infernizzazione, cioè la mente di ogni singolo essere umano perdeva ogni possibile inibizione. I pensieri più reconditi, gli aspetti della personalità normalmente, inconsciamente, tenuti sotto controllo, erano ora liberi di esprimersi.

Lo sapevano bene Moonfang, Night Raven e Dinah Soar, gli unici ad essere rimasti immuni dalla follia che aveva preso il sopravvento nella sala del trono.

O, meglio, gli unici immuni insieme alla Mastrex. Opal-Luna combatteva come una tigre contro i suoi stessi migliori soldati, il Corpo Capitan Bretagna. “Signori, vi ci vorrà molto per sistemare questa crisi?” e nel dirlo, lanciò raffiche energetiche dai gioielli ai polsi. Un Capitan Bretagna le saltò addosso, e lei lo accolse con un deciso cazzotto al plesso solare! “E questo è per l’aumento che tanto volevi!”

 

“Pupa in gamba,” disse Moonfang, compiaciuto, mentre evitava con un salto un altro pugno-maglio di Flatman. “Quasi quasi le chiedo il numero.”

“Credevo che fossi impegnato con un’altra,” ribatté Night Raven, che cercava di evitare di venire fatto a pezzi da un Mr. Immortal totalmente pazzo furioso.

L’’altra’ in questione era Big Bertha, che in quel momento se ne stava seduta nel mezzo del caos, una cicciona di diversi quintali di stazza in body giallo e nero, intenta a piangere come una bambina per la sua bruttezza. E per quanto ci provassero, ne’ umani ne’ demoni riuscivano a farle un solo graffio.

“Ti dirò. Le preferisco toste, non piagnucolone...E poi, io non sono ‘impegnato’. Non sono un lupo da pantofole!” Il lupo mannaro dal pelo bruno saltò addosso a Flatman, e gli mollò un destro con tutta la forza che possedeva...

Effettivamente, l’uomo dal corpo elastico vacillò, e quasi sembrò recuperare il senno...Poi fece un sorriso cattivo. “Bel tentativo, Herb!” disse, rivolgendosi non al licantropo, ma al bullo che aveva tormentato i suoi anni di studente per tutto il liceo. “Ma ora sono un po’ diverso, sai?” e sotto gli occhi del Cacciatore del Popolo, il suo volto tumefatto riprese la forma originale.

Due braccia coperte di blu saettarono. ‘Fang le evitò con un salto...e quelle gli piombarono addosso da dietro! Si ritrovò avviluppato in un batter d’occhio; giusto il tempo di un uggiolio sorpreso!

 

I Capitan Bretagna umani stavano menandosele fra di loro di santa ragione. Allo stesso tempo, nel cielo, sotto l’immensa volta della sala, i Capitan Bretagna non umani combattevano contro l’orda dei demoni. Fortunatamente, non solo erano abbastanza numerosi, ma ognuno di loro molto più forte degli invasori vomitati a legioni da Phaze –il quale se ne stava in ginocchio, a urlare il suo tormento.

Finalmente, purtroppo, uno dei Cap fece 2+2. Guardò il poveretto in basso, e decise che eliminando lui il problema sarebbe stato risolto!

Il Cap in questione era una specie di rettile, da una cronolinea in cui i dinosauri si erano evoluti al posto dei mammiferi. Si scaraventò contro Phaze con un ruggito, gli artigli pronti a colpire...

Il Cap pigolò pietosamente, mentre scompariva dentro Phaze. Ciao-ciao!

 

ÈËÊËÏÏÑ disse Dinah a Opal-Luna, un attimo prima di spalancare la bocca e disintegrare diversi demoni con una raffica sonica!

“Il guaio,” rispose la bionda valkyria abbattendo altri mostri, “è che avrei bisogno di stabilire un contatto fisico con DeMeere, per inibire i suoi poteri. In questo momento, è la sua paura peggiore che si è concretizzata: perdere il controllo del suo corpo!”

îìÀÎÉÉÊ e giù con un colpo delle sue affilate ali rettiliane. Due mostri in meno!

“Se avessi un tramite per usare il mio potere a distanza? Certo, potrei farlo...Ick!” quell’ultimo verso le scappò quando due demoni alquanto arditi (o molto poco attaccati alla propria vita!), decisero di sollevarle gli orli della veste!

Avete mai visto un volto diventare rosso? No, non di imbarazzo, dico proprio rosso da incazzatura totale. Persino dei rivoli (eleganti, naturalmente) di fumo uscirono dalle orecchie della Mastrex. “Voi...come...” sibilava come una Lagostina prima di un disastro culinario.

Dinah Soar aveva visto, e lanciò istintivamente un fischio di allarme ai suoi amici!

Per un momento, un incredibile momento, i tre eroi posseduti si scossero dal trance della loro follia.

“COME OSATE?!”

E dal corpo della donna si liberò un’ondata di energia sufficiente a demolire una città!

In un colpo solo, il rapporto di forze fu gravemente squilibrato in favore dei difensori: un cratere fu scavato fra le fila nemiche!

Con la gloria di una leonessa, la donna si erse in mezzo a un mucchio di cenere e scaglie di demone. “Che vi serva di lezione, microbi.”

 

Il contraccolpo fu tale da fare perdere a Flatman la concentrazione sul proprio corpo. E Moonfang fu libero.

Mr. Immortal si distrasse. Abbastanza perché, quando tornò a guardare verso la sua ‘preda’, venisse investito da un potentissimo fascio luminoso emesso dalla piatta maschera metallica di Raven! Ora, è un fatto appurato che un simile fascio nello spettro visibile può avere un solo effetto: sovraccaricare le sinapsi, e causare un immediata perdita dei sensi.

La preziosa pausa fu subito persa. In un momento, i demoni tornarono ad attaccare.

 

In un simile quadro, il più potente dei Vendicatori dei Grandi Laghi se ne stava in ginocchio, intento in una battaglia senza quartiere con i suoi demoni personali: Thundersword.

Vero, Stewart Cadwell era decisamente umano...ma era anche stato potenziato dall’Arcano in persona[xiv]. Un potere che, in qualche modo, rendeva più difficile l’infernizzazione.

Non impossibile, tuttavia. E Thundersword stava cercando a tutti i costi di resistere alla tentazione di arruolare tutti i presenti per fare il capolavoro di action-movie del secolo!

Sì, e poi chi lo sentiva un eventuale sindacato dei Vendicatori??

Con questo pensiero, Thundersword trovò la forza di esorcizzare il suo demone, che uscì da lui sotto forma di un uggiolante avvocato pieno di lividi e con gli abiti stracciati.

“Ah! Così va molto meglio!” fece rialzandosi in piedi. “E ora, cari, schifosi avanzi di B-movies...Si balla!

Dal corpo di Thundersword partirono getti simili a lampi. La sala del trono fu riempita del rumore del tuono e delle grida dei demoni, colpiti uno ad uno con chirurgica precisione! In pochi istanti, da solo, l’eroe fece da solo quello che agli altri non era riuscito –non solo ripulire effettivamente la stanza, ma anche spingere i demoni freschi che stavano per arrivare a decidere che forse era più salutare restarsene a casina!

Spariti i demoni, sparita l’infernizzazione.

“Sembra che vi debba dei ringraziamenti,” disse Opal-Luna, cercando di ravvivarsi i capelli. Un suo schioccar di dita, e subito un Cap Bretagna alquanto lacero fu lestissimo a portarle un cuscino di raso immacolato, su cui poggiava un pettine d’oro. La donna iniziò quella piccola toeletta. “Naturalmente, non crediate di esservi conquistati la mia riconoscenza per così poco. Anche una legione dieci volte più numerosa sarebbe stata efficacemente gestita dal mio esercito.”

“Davvero?” fece Mr. Immortal, con un sorriso da volpe. “Saresti pronta a ripeterlo, giusto nel caso..?” e guardò con chiare intenzioni il povero Phaze.

Ma Hollis mise subito le mani avanti. “Non se ne parla nemmeno, capo! Ogni passaggio di quei mostri mi ha fatto venire la nausea. E neanche se mi paghi...”

Immortal fece un cenno seccato con la mano. “Va bene, lascia stare, ho capito. Mammole.”

Subito Big Bertha, ora tornata ad essere una stangona di tutto rispetto, gli si mise davanti con un minaccioso dito spianato al petto. “Mammoletta sarai te, testa di imbroglione! Ci hai usati per coprire le tue porcate, ci hai mentito sulla tua identità per tutto questo tempo, e vorresti anche farci ammazzare per scampare ai tuoi guai giudiziari? Troppo comodo, carino! Non sei mica un Premier, sai?”

“Ma...Ma...” onestamente, il poveretto si era dimenticato che la sua identità segreta segreta era stata svelata da Opal-Luna pochi istanti prima.

Dinah Soar cercò di frapporsi fra i due, fischiettando un patetico ÐÈÇÇÏè...prima di venire interrotta da Bertha. “Senti, figlia del Mondo Perduto: quando ho ‘conosciuto’ il nostro intrepido leader, credevo che fosse solo un mezzo fesso con della buona volontà e fegato da vendere. Ma uno che è capace di ammazzare le sue controparti per fare la figura dell’eroe, nella mia agenda non ce lo metto. Chiaro? Se vuoi crepare con lui, fai pure!”

La povera Dinah pigolò, ìî  prima di stringersi a Immortal.

Opal-Luna sorrise.

Moonfang scosse la testa. “Qualunque cosa abbia fatto in passato, femmina, è il capobranco e merita rispetto. Anche se ha la pelliccia marcia.” E si mise al fianco di Immortal e Dinah.

Opal-Luna mise il broncio (comunque carino, giuro!).

“Non saprei...” Flatman era talmente imbarazzato da non accorgersi di stare ondeggiando nella sua forma quasi piatta. “Credevo che i suoi fossero atti di eroismo...Ma ora che ci penso...”

Opal-Luna sorrise.

“Io ne so qualcosa, di cattivi pensieri,” disse Night Raven. Si voltò verso Bertha e Flatman. Con un gesto fluido, si tolse la maschera...

I due divennero pallidi come fantasmi. Il volto di Night Raven era quello di un cadavere rinsecchito. Senza il filtro della maschera, la sua voce era orrenda, spettrale. “In vita mi chiamavo Nathaniel ‘Nat’ Mare. Ero un detective privato, prima di essere ucciso e resuscitato per fare del male. Ma alla fine, ho saputo vincere il controllo della mia padrona[xv]. Il nostro ‘capo’ è stato un criminale, e non se ne è pentito. Merita la sua punizione.”

Opal-Luna sorrise.

“Giammai!” proruppe Thundersword. “Quali che siano le sue colpe, il giudizio finale di vita e di morte non spetta ad un mortale! E fino a quel giorno, combatterò al fianco dell’uomo per il quale ci siamo radunati!”

Opal-Luna mise il broncio.

“Situazione classica, oserei dire,” disse Phaze, avvicinandosi al gruppo anti-Immortal. “Gente, a che serve scannarci, adesso? Insomma, siamo adulti e vaccinati. Lasciamolo al suo destino, giusto?”

Sbagliato.

La voce sembrò venire da ogni parte, come se il palazzo stesso avesse parlato. Un attimo dopo, i Vendicatori dei Grandi Laghi scomparvero.

Opal-Luna digrignò i denti. “Lo sapevo!” Era stata troppo gentile, con loro! Pur sapendo di quale formidabile alleato disponessero i maledetti, lei aveva esitato! “A tutte le unità di Cacciatori: prepararsi ad un rastrellamento di ogni cronolinea riguardante Terra-616. Vitalizio speciale a chi localizza i maledetti appena saranno fuori dal nido del nemico!”

 

Benvenuti a Solistar.

I VGL si erano materializzati nel mezzo di una specie di piazza d’armi. Intorno, palazzi monolitici, vere opere d’arte di marmo, cemento, vetro ed acciaio, sovrapposte in superblocchi a perdita d’occhio, con i superblocchi percorsi da vene cristalline desolatamente vuote. Ogni centimetro quadrato di ambiente era composto di supertecnologia. Non un uccello cantava, non una voce umana si sentiva. Non una pianta forniva l’ossigeno, qui.

“Non guardate me! Io non c’entro, stavolta!” Mr. Immortal si guardò intorno. “Almeno, lo spero.”

Bertha gli fu addosso, e nell’afferrarlo per il bavero quasi gli spezzò il collo. “Cosa vorresti dire? Conosci questo posto? Sai chi ci ha...”

Sono stato io. Colui che Opal-Luna chiama Spy. Ancora una volta, sembrava che l’aria stessa avesse parlato.

Un attimo dopo, una sorta di squarcio oscuro si aprì nell’aria. Uno squarcio in forma sempre più umana...

...fino a diventare una figura umana vera e propria. E, laddove Opal-Luna era uno studio in bianco e platino, Spy era uno studio in nero. Il suo corpo era fatto di solida oscurità, come una luce nera, circondato da una sorta di aura multisfaccettata. I suoi occhi erano brillanti come la sua aura.

Salute a voi, Vendicatori. La sua voce poteva non essere più rimbombante, ma continuava ad essere implacabile come la voce di Dio. Quello era un essere che non conosceva la benevolenza -tutti i Vendicatori lo capirono, e nessuno osò muoversi contro di lui.

“Solistar? E che razza di posto..?” attaccò Phaze. Spy fece un cenno, e una sezione immensa della parete si aprì. Attraverso un vetro polarizzato, i Vendicatori videro uno spettacolo incredibile (vabbe’, mica hanno fatto tanta strada, finora).

 

Dove il Palazzo Radiale era una stella sospesa in un punto unico in tutto l’Omniverso, il ‘nido’ di Spy era una struttura decisamente meno maestosa –almeno, in paragone diretto.

Lo spazio, o, almeno, la struttura a noi familiare definita dagli oggetti che l’occupano, è limitato a due oggetti: un pallido sole giallo, ed il suo unico pianeta, un corpo artificiale grande quanto la Terra. Il resto dell’Universo è composto di nuvole di quark, risultato del decadimento finale delle particelle sub-atomiche.

 

Questo spiegò Spy. Al che, Flatman, che nella sua identità civile era lo scienziato Harold Ventura, sgranò gli occhi. “Vuol dire che siamo...”

Siamo alla Fine del Tempo. Quello che vedete è tutto quello che resta di tutte le cronolinee, il trionfo dell’Ordine e della Morte. Non ci sarà più un futuro, non nasceranno altri Multiversi. La stella che vedete è un costrutto artificiale, alimentato con la materia fluttuante di questo Universo. Quando anche essa sarà terminata, anche Solistar andrà incontro al destino della materia.

Pronunciò quelle parole con una finalità invincibile. Enunciò una realtà che travalicava il peggiore incubo che questi otto super-esseri potessero immaginare, e nessuno riusciva a dirsi che non fosse vero...

Niente. Più niente. Niente Paradiso, niente Inferno, niente Dei e niente Peccatori. Tutta la fatica, tutte le speranze. Amore, odio –parole vuote e niente più. Nessun futuro, nessuna discendenza. Quel posto era il capolinea. Senza via di scampo..!

Bertha reagì istintivamente, stringendosi con forza a Moonfang. Aveva voglia di fare figli con quella creatura, lì e subito, sfidare quello scenario che neppure il più perfido dio avrebbe potuto concepire.

Il mannaro percepì la profonda ingiustizia di tutto questo.  Lui lottava per il Popolo, per dare una speranza alla sua gente perseguitata ingiustamente da 100.000 anni...e a che sarebbe servito? A cosa serviva essere vivi, se questo era il destino finale? L’Uovo Cosmico di Antesys non si sarebbe ricomposto, per una nuova rinascita...

Mister Immortal si sentì piccolo, annichilito. Iniziò a piangere. “Mi dispiace...” Per la prima volta, si sentì pentito per ogni sé stesso inutilmente sprecato, quando avrebbe dovuto permettere loro di continuare a godersi la vita...Perché non avrebbero mai più avuto una seconda possibilità...

Dinah Soar, legata a lui empaticamente, condivise ogni sfumatura di quell’angoscia.

Nat Mare sentì venir meno la volontà che lo teneva ancorato alla vita. Era tornato dalla morte per fare giustizia...e alla fine, sarebbero stati tutti uguali, i giusti e gli ingiusti. Tutti uguali  nel nulla eterno...

Phaze scosse la testa. Lui era solo un 18enne di New Orleans, e quel nulla al di fuori di Solistar era persino peggio dei demoni del Limbo. Si sentì vacillare, i pensieri soppressi dalla semplice alienità di quel luogo...

Per Flatman, quella visione era un incubo, perché fra tutti i suoi compagni, lui era l’unico che potesse comprendere il significato reale di quel posto. Per ogni calcolo che facesse a mente, la risposta era univoca –vuoto totale, niente fluttuazioni quantiche, niente. Iniziò a respirare affannosamente, come se volesse incamerare a sé ogni molecola di Solistar...

Thundersword si era sempre chiesto quali limiti avesse l'Arcano, l’onnipotente creatore di interi mondi...e ora che vide quel limite, avrebbe voluto morire. Tutta quella maestà, che aveva percepito quando era stato imbevuto con una minima frazione del potere...Non sarebbe servita a nulla, ora...

Spy disse, E’ ironico, ma persino a Opal-Luna Saturnyne questo spettacolo deve essere proibito. Se lo vedesse, non sarebbe più mentalmente in grado di resistere all’onere del suo ruolo di Mastrex.

“Tu...” Phaze non seppe dove aveva trovato la voce per parlare, ma sapeva che se non diceva qualcosa, impazziva. “Tu sei la Morte?”

Naturalmente no, giovane guerriero. Io sono l’ultimo essere vivente. L’ultima testimonianza di quello che fu e che mai più sarà. La forma che possiedo è tale per accomodare la vostra percezione.

“Perché...” toccò a Flatman ritrovare la parola. “Perché siamo qui? Opal-Luna ha detto che tu e Mister Immortal...”

Spy annuì. Ho contattato Gardner Monroe per proporgli un patto. Gli ho chiesto di vivere, di lasciare che il destino vi mettesse insieme. Perché avete un ruolo molto importante, da svolgere. Voi, come altri vostri simili, in un lungo gioco contro il Nulla.

Questo attirò l’attenzione degli eroi, che gli rivolsero all’unisono un’occhiata incuriosita.

Quello che state testimoniando è un finale possibile dell’Omniverso. Io ho fallito contro l’espansione di un fenomeno che ha travalicato la Morte stessa. Quando anche l’ultima materia sarà scomparsa, la Morte stessa morirà, perché non ci sarà più nulla che potrà vivere. L’antico sogno di innumerevoli civiltà si sarà finalmente realizzato; ironico, non è vero?

Spy guardò verso la finestra sul nulla. Nessuno osò seguire il suo sguardo. Invece, Mister Immortal disse, a denti serrati, “E tu non puoi farci niente? Stai qui a cincischiare di qualche gran gioco cosmico che noi dovremmo...”

Il tempo è stato scritto in modo irrevocabile, per me. Io sono il responsabile di tutto questo. Io ho voluto l’eternità, e sono stato accontentato. Lo scopo dei guerrieri da me predisposti è quello di fermarmi.

Io non sono in grado di generare il paradosso. Dottor Ventura, forse lei vorrà spiegarlo.

Flatman si terse la fronte, ringraziando quello strano essere per l’opportunità offerta. “E’ un classico paradosso: diciamo che io viaggio nel tempo per uccidere mio padre...Teoricamente, non dovrei essere in grado di farlo, perché questo negherebbe la mia esistenza.

“Gli studi giovanili di Richards e Von Doom provano, invece, che posso benissimo uccidere mio padre. Semplicemente, genererei una cronolinea divergente in cui il mio delitto è riuscito, ed una in cui non ho fatto nulla. Però...In questo caso...” e guardò rapidamente verso la finestra, assalito subito dalla nausea. Deglutì, e di nuovo agli altri, “In questo caso, qualunque divergenza possa crearsi con un’autointerferenza...alla fine, è qui che giungeremmo comunque. Non cambierebbe nulla...”

“Ma...” Moonfang scosse la coda in perplessità. “Interferendo con il nostro tempo, non hai già creato delle divergenze?”

Buona osservazione, licantropo...Vedete, le leggi di interferenza spaziotemporale mi impediscono di intervenire direttamente. Non impediscono a qualcun altro di fare parte, involontariamente, di uno schema che possa radicalmente cambiare il corso degli eventi al punto cruciale.

Ho dovuto coinvolgervi direttamente, portandovi qui, perché la Mastrex stava per distruggervi come gruppo. E non potevo permetterlo. Fortunatamente, la strega desiderava giudicarvi nel Nesso di Tutte le Realtà, permettendomi di intervenire nell’unico punto in cui tutto è possibile.

“Sai almeno cosa dovremmo fare?” chiese Thundersword, che era sincero: avrebbe dato via la sua anima immortale a questo nulla, se poteva servire a impedire un simile destino per il Tutto!

No. Non lo saprete, se non al momento cruciale stesso. Qualunque cognizione prematura, adesso, equivarrebbe ad un’interferenza diretta. Le stesse leggi del tempo vi impedirebbero di fare la vostra parte. La parete si richiuse. Non ricorderete nulla di questo incontro, ma ricorderete il cameratismo che in questo momento vi unisce. Avrete ancora da lavorare sul vostro affiatamento, ma ora sapete quanto siano puerili i vostri scrupoli morali, di fronte al disegno del fato. Andate in pace, Vendicatori. Siate uniti. E possiate non avere più bisogno di me.

I Vendicatori dei Grandi Laghi scomparvero.

E così, ha inizio, pensò Spy. Per la prima volta nella sua lunga vita, ironicamente ad un passo dalla fine, la speranza tornò a fiorire nel suo spirito. Gli sarebbe piaciuto avere ancora un cuore, per sentirlo battere di gioia...

Ora che ci pensava, aveva un’altra cosa da fare..!

 

Palazzo Radiale

 

“Sono sulla Terra T-616. Dobbiamo..?”

Opal-Luna batté impazientemente le dita su un bracciolo. “No. Ora che ho potuto avvertire Roma che Spy è coinvolto direttamente, credo sia più saggio aspettare che quei deficienti facciano i giochetti di Spy, prima di cancellarli dal Multiverso. Naturalmente, se Monroe osasse usare i suoi maledetti poteri per ‘morire’ una volta sola ancora...”

Il Capitan Bretagna si allontanò dalla Sala.

Opal-Luna stava per chiamare un servitore per del vino...quando la massiccia porta fu spalancata, mentre uno squillo di trombe d’argento risuonava per la sala!

L’irritazione della Mastrex si trasformò in piacevole sorpresa, quando riconobbe nelle note il ritmo del ‘Happy Birthday’! Infatti, un momento dopo, fecero ingresso otto Capitan Bretagna vestiti da valletti, tutti intenti al trasporto di una delle più monumentali torte di compleanno mai viste! Aveva talmente tanti strati, che ci sarebbe voluto un geologo per esaminarli tutti. E, delicatamente, neanche una candelina...

Un Cap-valletto consegnò ad Opal un biglietto color avorio, accuratamente ripiegato. Lei lo sfogliò, e scosse la testa, sorridendo. Alle solite, era stato proprio Spy, a ricordarsi del suo compleanno, doveva concederglielo.

Per un po’, Opal-Luna avrebbe potuto rilassarsi.

 

Episodio 7 - Fatti su misura

 

Distaccamento SHIELD, c/o ex Magazzini Loreson, Chicago. 24 ore dopo Inferno.

 

L’uomo aveva un occhio nero come la benda del suo comandante, Nick Fury. La sua uniforme era sbrindellata, e numerosi tagli decoravano il suo corpo. La sua bandana era macchiata di sangue fresco.

Cionondimeno, l’uomo dai lunghi capelli castani e un’ombra delle cinque se ne stava spaparanzato sulla poltrona, a gambe sulla scrivania. Fumava una rara sigaretta, un piccolo lusso che aveva voluto concedersi –non per essere sopravvissuto alla crisi chiamata Inferno2, ne’ per celebrare il valore dei suoi ragazzi, che in un modo nell’altro, erano riusciti a mantenere una parvenza di controllo. Le perdite c’erano state, le famiglie erano state avvertite…

Nonostante tutto, Alexander Goodwin Pierce era un uomo felice: non solo i ‘suoi’ Vendicatori erano stati alla larga per tutta la durata del casino[xvi], ma al loro ritorno erano così mosci che, quando aveva suggerito loro una breve pausa mentre lo SHIELD rimetteva su la base, loro avevano accettato senza colpo ferire.

Adesso, considerò Pierce, esalando una serie di perfette nuvolette ad anello, la parte più difficile era stiracchiare il più possibile i tempi di ricostruzione. Hmm, avrebbe dovuto distribuire qualche permesso ai ragazzi, sì…Checcavolo, cosa cavolo poteva succedere, in un mortorio come Chicago? La presenza di quei mezzi inetti era un tributo simbolico alla necessità di coprire le maggiori aree di interesse degli USA. Per questo ai Vendicatori dei Grandi Laghi era stato affiancato un distaccamento dello SHIELD: per supporto, ma soprattutto per impedire loro di fare un casino coi fiocchi.

Pierce sbuffò ancora. Figurarsi! Dopo quel casino, persino i criminali locali se ne sarebbero stati buoni. Giusto?

Se avesse saputo la risposta, il giovane Inglese avrebbe fatto incetta di antiacidi!

 

Il 632 di N. Dearborn Street ospitava un locale leggendario, simbolo del pulsante cuore notturno di Chicago: l’Excalibur. A un passo dai più frequentati club e ristoranti, l’Excalibur era uno dei più grandi locali della sua categoria. 20.000 metri quadri di divertimento concentrato per tutti i gusti, con locali dedicati a specifici rami del passar bene il tempo.

Subito appena entrati, svoltando a sinistra, si arrivava a un bar celebre per la sua ricca fornitura. Un posto ideale per rilassarsi e sfogarsi, o anche per scambiare quattro chiacchiere senza essere disturbati.

Il posto ideale per il mutante Gardner Monroe e Opal-Luna Saturnyne. Gli altri clienti non ci credevano: cos’aveva da spartire un’amazzone bionda che trasudava classe, vestita come una regina, con un tizio anonimo che, in una discoteca, poteva al massimo essere apprezzato per la folta capigliatura rossa?

La Mastrex dell’Omniverso sorseggiò il suo drink da un calice. “Almeno, il barista sa fare una buona imitazione di un Saurjan, quando gli si dice come,” commentò. “Dunque, Mr. Monroe: sono giunta ad un compromesso che spero lei possa trovare accettabile.” Sottinteso: prova solo a fare finta di dire no, e ti cancello da tutte le Cronolinee. “Capisco che, per non finire nei guai, lei debba escludere di tornare ad essere Flashback, perciò le permetterò di attingere ad un suo alter-tempus specifico: una forma di vita biodroide uguale in tutto e per tutto a lei, ma artificiale, di cui lei potrà disporre a piacimento per fingere le sue ‘morti’. Potrà comunque chiamare i suoi futuri ‘sé’.” Nella speranza di vederti suicida, e questa volta senza scampo.

L’uomo che, in qualità di teamleader dei VGL, era noto come Mr. Immortal, ascoltò quella tirata con un’espressione rassegnata. “Lei è molto...generosa. Accetto, va bene.”

Se la donna era sorpresa da quest’improvvisa remissività, non lo diede a vedere...Del resto, li avrebbe fatti tenere d’occhio, lui e i suoi amici, 26 ore su 24. Non avrebbero potuto tentare un passo falso senza che lei non lo venisse a sapere.

“Nel qual caso,” disse la donna, levando il calice, un mezzo sorriso sulle sue labbra, “buona fortuna alla vostra impresa, eroi.”

 

A proposito di fortuna, per chi fosse stato abbastanza desideroso di abbinare una buona cena a qualche momento di divertimento un po’ meno innocuo per le tasche, c’era solo da andare agli Antipodi, il locale nel locale, un combo di ristorante e casinò situato al piano inferiore.

Per Ashley Crawford, top-model, trovarsi con un codazzo di ammiratori a farle compagnia per cena era stato facile come camminare nel locale. Il suo aspetto e la fama avevano fatto il resto.

La donna, che come Vendicatrice, portava il nome di Big Bertha, studiò gli aspiranti compagni di letto che, fra un boccone da 20$ e l’altro, la bramavano come cosa già propria...Lei dovette trattenere un risolino. L’unico fra loro a potere pensare in simili termini era un suo compagno di squadra...che, però, aveva deciso di spassarsela per conto proprio. Davvero fantastico!

Stava per infilzare un pezzo di Salad Royale, quando si accorse che fra i ‘predatori’ d’alto bordo stava un tizio strano. Non era il suo abbigliamento: si trattava di un completo elegante, evidentemente fatto su misura per le sue forme un po’ ‘generose’. Non erano i capelli, accuratamente acconciati, ne’ i baffetti leggermente ricurvi. Non era il suo profumo, roba alquanto banale, che, come il suo aspetto, faceva pensare a un ricco ‘anonimo’, un ambizioso avannotto nel mare di squali capitalisti.

No, quello che lo qualificava come ‘strano’ era il modo in cui la guardava, come se le stesse dipingendo addosso le sue più sordide proiezioni mentali. L’uomo se ne stava in fondo alla tavolata, ma le metteva i brividi come se fosse stato ad un passo da lei.

“Chi è l’avannotto?” chiese Ashley, con discrezione, al suo vicino. Questi, un uomo in camicia rigorosamente di seta, pericolosamente impomatato come un gagà d’altri tempi, rispose con una risatina ed un tono di voce equivoco. “Chi? Simon Taylor? Uno che si è fatto qualche milione con la moda: ha cominciato come sarto, titolare di una catena in odore di lavoro nero. Sembra che le abbia prese da Capitan America...ma sai come sono gli avvocati. Capaci di tirare fuori dai guai gente ben peggiore di uno schiavista da 4 soldi.”

“E adesso, che dirige?”

“Boh. Un fornitore minore, roba da subappalto. Credimi, cara, un por-to-ghe-se.” Detto ciò, tornò a rivolgersi a qualche altro squalo su argomenti che, alla meglio, avrebbero potuto garantirle dei vantaggi sulla prossima selezione per le passerelle di Parigi.

Ashley tornò a mangiare...Almeno, ci provò, perché appena ebbe infilato il boccone sotto i denti, un discreto raschiarsi di gola affianco a lei glielo fece andare di traverso! La donna divenne viola, ci fu il panico alla tavolata, ma lei risolse facendosi l’auto-Hemlich dandosi un sonoro cazzotto al plesso solare! Rantolando, con uno sguardo assassino, fissò il responsabile di quella figuraccia d’alto bordo –Simon Taylor, che stava in piedi con un’aria di sincero dispiacere. Bisognava concederglielo, all’avannotto: sapeva muoversi veloce e silenzioso.

“Mi dispiace moltissimo per quest’inconveniente, Miss Crawford, davvero!” disse lui, untuoso, riempiendole d’acqua un bicchiere. Porgendoglielo, proseguì. “Forse potrò farmi perdonare. Ho appena inaugurato una nuova linea di moda esclusiva...E, coincidenza, ho qualche campione nella mia valigia, al guardaroba.”

La donna l’avrebbe volentieri separato dalla testa, ma decise che una scenata non avrebbe fatto bene alle sue PR –inoltre, aveva perso definitivamente l’appetito!

Ashley Crawford si alzò in piedi, e seguì lo strano uomo. Dio, quanto avrebbe preferito essere al terzo piano, adesso!

 

Al terzo piano dell’Excalibur c’era la struttura del ballo per eccellenza. Trasgressivo, alternativo, frenetico, il Club X forniva la materia prima per scatenarsi ai ritmi alternativi ed industriali. Il Lunedì notte, poi, dedicato ai gay, sembrava di essere dentro una jam session del celebre Mardi Gras. Il concetto di ‘stranezza’, applicato allo stile dei partecipanti, raggiungeva vette insospettate.

La presenza di un lupo mannaro di un paio di metri e passa di altezza, robusto come un armadio, con indosso niente più di una collana di zanne e di un perizoma che in realtà evidenziava più che nascondere le sue doti, era vista come una variante molto interessante sul tema. Si muoveva con la grazia innata della sua specie, la lingua che a tratti pendeva dal muso. Si faceva praticamente a gara, per dividerselo, ma col passare delle ore, la sua stamina naturale stendeva tutti i partner.

Alla fine, Moonfang decise di prendersi una pausa...per permettere ai senzapelo di riprendersi un minimo. Ossa marce! Le cortigiane Spagnole, nel ‘700, erano più toste di questi cuccioli con troppi ormoni!

“Un Martini Dry. In una coppetta,” ordinò ad una cameriera, che, credendo che quel cliente fosse solo un eccentrico in un costume ben riuscito, rimase talmente di sasso che qualcuno cominciò ad usarla come appendiabiti. Ci pensò un’altra, tremebonda ragazza, a servire la creatura.

Fang si portò la coppetta alle labbra...prima di annusare vistosamente l’aria. Un sorriso gli scoprì parte delle zanne acuminate come schegge di vetro. “Incredibile ma vero: per il tuo fegato, traditore, ti guadagni il diritto di parlarmi in pace. Vieni avanti.”

Da un angolo meno illuminato del locale, si fece avanti un uomo vestito in un’aderentissima canottiera stracciata blu, anonima, su calzoni di pelle nera. Capelli neri a coda di cavallo. Niente piercing o gioielli. In compenso, le sue orecchie erano leggermente appuntite, e le pupille degli occhi di un rosso acceso. Attirava la sua parte di attenzione, e parecchi sguardi invidiosi quando fu visto sedersi di fronte al mannaro.

“Il tuo lato umano sta emergendo, Lykus,” disse, a mezzo sorriso. “Lo sai che l’ipocrisia è un loro tratto?”

“Sempre più coraggioso, Duncan Vess,” replicò Moonfang, e lappò il drink. “Per un insulto simile dovrei scuoiarti, ma voglio sentire cosa ti da il diritto di parlarmi così.”

Duncan socchiuse gli occhi. “Karshe è più un’icona culturale, che uno del Popolo. I Rangers, a cui appartiene, sono quasi eroi nazionali per quello che stanno facendo in Arizona. Hrimhari è un Asgardiano, e come Thor, merita rispetto, non timore. Jack Russell è parte di un gruppo di mercenari riconosciuti, e pensando a lui, il pubblico pensa ad una specie di mutante dedito ai soldi.

“Ognuno di loro ha una ragione precisa ed un’ottima scusa per giustificare la propria presenza nel mondo dell’Uomo. La tua qual’è?”

Moonfang appiattì leggermente le orecchie. ‘Duncan Vess’ era la corrente identità di un mannaro della stirpe più pura, che aveva deciso di fare prevalere l’uomo. E se la cosa era di per sé blasfema, immaginare l’ira scatenata quando, ad un certo punto, aveva deciso di scrivere romanzi che rischiavano di rivelare la presenza del Popolo all’uomo.

Lykus era stato mandato alla caccia di Vess, prima che la sua vita finisse nei Vendicatori dei Grandi Laghi[xvii].

“Il Consiglio del Popolo mi ha invitato a restare fra questi ranghi. A differenza di te, mi fido di loro, ed obbedisco.”

Duncan scrollò le spalle. “Obbedisci per istinto. Non fa testo. Quei vecchi pazzi non hanno il mio rispetto, ed è quello che*gulp*” Solo a quel punto, sentendolo emanare un basso ringhio di avvertimento, si ricordò che il suo interlocutore era ancora il miglior Cacciatore del Popolo. Scegliendo la forma umana, Duncan si era messo in svantaggio totale. Gli ci volle uno sforzo non indifferente, per riprendere il controllo.

“Sia come sia, ho deciso di smetterla di fuggire,” riprese. “Per questo, sono qui. Da oggi in poi, tu ed i tuoi amici dovrete guardarvi bene le spalle. Ho fatto molti soldi, in questi secoli, e ho deciso di usarli per la vostra eliminazione.”

Moonfang sorrise. “Saresti disposto a coinvolgere anche chi non ti ha fatto niente? Tipicamente umano!”

“Grazie. Ma, no, i tuoi compagni sono solo un bonus per legittimare il mio vero obiettivo, cioè te e chiunque altro il Consiglio osasse mettermi alle costole.”

Altra lappata di drink. “La preda diventa cacciatore...Sarà divertente. Perciò ti concederò l’onore della prima mossa. E ora smamma, cucciolo: la prossima volta che ci incontreremo, morirai.”

Duncan si alzò, e si allontanò discretamente. Solo a quel punto, una mano picchiettò sulla spalla di Moonfang. Il licantropo voltò la testa…ed incontrò il sorriso di Simon Taylor.

 

“Francamente, non me lo aspettavo. Nossignore,” commentò, ammirato, il giovane nero, Hollis DeMeere, osservando dal suo tavolino la causa di una folla ammirata. Si trovava nella sala adiacente al bar, quella dedicata ai contesti organizzati dai DJ.

Il contesto della serata, basato su un revival degli anni ’70, era dominato da un uomo che aveva l’età giusta per avere vissuto quegli anni e l’età sbagliata per partecipare ad un simile contesto...cionondimeno, erano solo Hollis e la sua compagna di tavolino a sapere che Harold Ventura possedeva un elastico corpo che gli permetteva quei movimenti e contorsioni da campione.

ÌÍÊêæ fece la donna dai capelli neri davanti a lui, in un linguaggio musicale decisamente in contrasto col suo aspetto.

“Voglio dire,” disse lui, “non l’ho mai visto fuori da un laboratorio attrezzato come il ponte della Enterprise…ma è vero anche che non l’avevo mai visto a letto con una bionda[xviii]…ma quello non fa testo, credo. Voglio dire, era sotto l’influenza di quei mostriciattoli…Ma sto divagando, vero, Dinah?”

ÏÊÈòò e gli diede una pacca amichevole sulla mano.

Lui contemplò mestamente il suo bicchiere di scotch. Non aveva mai bevuto un goccio in vita sua, ma ora ne aveva una voglia feroce…Gli sembravano lontani un’era, i tempi in cui credeva di essere solo una ‘porta’ vivente, il Doorman. Ancora non sapeva di essere sì un portale vivente, ma sulla Dimensione Oscura. E che dal suo corpo potevano uscire, letteralmente, i demoni!

Poteva controllare il suo potere? Poteva impedirsi di diventare una mina ambulante? Avrebbe potuto permettersi una macchina nuova, adesso che aveva un solido stipendio? Mamma e papà, a New Orleans, avrebbero sicuramente potuto usare qualche soldo extra…

Al diavolo! Preso il coraggio a 4 mani ed il bicchiere a 2, ingerì il contenuto del baby in un sorso solo. Tossì –cavolo, se bruciava la gola!- ma non era così male, a ben pensarci…

 

“Ah, mio prode compagno! Anche tu qui, a contemplare l’immutabile bellezza della volta stellata? Poveri giovani d’oggi che invece di allietare lo spirito con quanto di meglio abbia ad offrire la natura, preferiscono stancarsi in antri angusti ed affollati all’inverosimile…”

I due si trovavano sul tetto dell’Excalibur, battuto dagli implacabili venti freddi di Chicago. La volta stellata era, effettivamente, stupenda in un cielo cristallino, anche se un banco minaccioso si avvicinava da nord.

Al gioioso commento di Thundersword, la laconica risposta di Night Raven fu, “Non vedo cosa potrei comunque farci, in una discoteca. Sono un cadavere ambulante, te lo sei scordato? Là dentro, finirei in decomposizione rapida.”

“Un punto valido, amico mio,” concesse ‘Sword, mettendosi seduto accanto a lui sul cornicione. “Non mi dispiacerebbe volare col fedele Boronin sopra questo spettacolare panorama…Ma, ahimè, temo che le nuove ordinanze sulle limitazioni al traffico aereo ci sarebbero alquanto d’impedimento.”

“A me basterebbe tornare ad essere vivo,” disse Raven. “Sembra che la resurrezione vada ancora di moda…Hm?”

Un camion si era fermato nel vicolo che dava sull’ingresso dei fornitori. Sulla fiancata verde pisello si leggeva a chiare lettere gialle Taylor Fashion – The Stuff of your Dreams! Si fermò lì, nel suo spazio, e non fece altro che starsene lì, nel suo spazio, a motore acceso e fari spenti.

“Terroristi?” Ipotizzò prontamente Thundersword, le mani che già gli prudevano.

“I miei scansori non indicano alcuna bomba o altro materiale bellico a bordo. Con quell’obbrobrio, potranno al massimo terrorizzare il buon gusto. Cerchiamo di non pensare ai problemi, che ce ne aspettano a sufficienza.”

“Tu che dici? Sarà un buon capo il…”

“Come ho detto, abbiamo già abbastanza di cui preoccuparci come Vendicatori, per permetterci di pensare a cose inutili, come il nostro curriculum. Se Monroe fa il furbo, lo prendiamo a calci in culo. Altrimenti, lasciamolo fare. Punto…Hm?"

“E ora, che c’è?”

Ma Night Raven non rispose –del resto, non era che ci fosse qualcosa di sbagliato nella scena sottostante. L’ingresso fornitori si era aperto, e ne era uscito un tizio impomatato e grassoccio con un pessimo completo verde pisello finto elegante. In mano stringeva una valigia in cuoio, e gongolava soddisfatto.

Niente di strano…a meno di non volere considerare alquanto eccentrico un damerino che se ne esce alla chetichella dal retro. La portiera del furgone si aprì e l’uomo entrò. Appena la portiera fu chiusa con un brusco movimento, il furgone partì con una gran sgommata.

I vecchi istinti del fu detective Nathaniel ‘Nat’ Mare si fecero sentire vibranti…Ma li mise da parte con una scrollata di spalle -che diavolo, aveva smesso di essere un poliziotto da un bel pezzo! Senza contare che, in quanto Vendicatore in prova, non poteva alzare un dito se non glielo permetteva lo SHIELD…

Parlando del diavolo…Il cicalino del loro comunicatore si fece sentire in quel momento. “Signori, la licenza è terminata,” disse Pierce. “E abbiamo appena scoperto di avere un problema. Recatevi al vostro veicolo.”

 

Dieci minuti dopo, un SUV Chrysler bianco e blu sfrecciava per le strade illuminate della città. Il banco nuvoloso di prima era ora una volta d’acciaio promettente la peggiore nevicata degli ultimi anni. La temperatura si stava abbassando a vista d’occhio.

Nei sedili posteriori, Monroe e DeMeere, ciuccati di brutto, stavano interpretando una canzonaccia italiana; erano molto intonati, in compenso. Dinah Soar, libera del suo travestimento, era evidentemente in grado di capirci qualcosa, perché la sua pelle rosa aveva assunto una tinta vermiglia niente male.

“Dunque,” disse Pierce, rassegnato a quella rumorosa indisciplina, “alle ore 23:42 abbiamo perso i segnali dai comunicatori di Big Bertha e Moonfang. Considerando che quella roba continua a funzionare in condizioni a dir poco estreme, è chiaro che sono stati rapiti da qualcuno tosto. Raven, cosa ti fa pensare che Simon Taylor” l’identificazione era stata questione di poco, grazie alle telecamere di sicurezza “sia il responsabile?”

“Lo chiami sesto senso, capo. Si fidi,” rispose Raven, al volante.

“D’accordo...Ma voglio discrezione, chiaro? Non fate nemmeno finta di fare un’irruzione, senza prove. Passo e chiudo.”

Anche il duetto Monroe/DeMeere chiuse, con un ultimo vocalizzo, per poi crollare in avanti, in perfetta sincronia. Si misero subito a russare indecorosamente.

 

Il veicolo giunse finalmente a destinazione: un piccolo edificio a due piani con annesso un magazzino. L’insegna di Taylor, a neon intermittente, spiccava come un pugno nell’occhio.

“Almeno, la discrezione non è il suo forte,” commentò Night Raven. “Mi sarei risparmiato un sacco di problemi, se i miei indagati avessero avuto il buon senso di mettersi sulle pagine gialle.” Si slacciò la cintura di sicurezza. “Thundersword, sveglia ‘sti due debosciati.”

“Con sommo piacere.” La mano dorata dell’eroe crepitò di energia elettrica. Un atto di volontà, e quell’energia saettò dall’arto ai due begli addormentati. Monroe e DeMeere si svegliarono con un urlo agghiacciante, i capelli dritti come spilli, ma disintossicati.

 

Spiegata la situazione, la formazione scese dal SUV. “Indecente, Raven,” disse Mr. Immortal, “avresti dovuto svegliarmi e ragguagliarmi subito. Che non si ripeta, chiaro? Cristomachefreddo!” Stava cominciando decisamente a nevicare, con un’intensità subito preoccupante.

“Non si ripeterà, capo. Che si fa, ora?”

Un vistoso punto interrogativo sembrò apparire sulla cervice del teamleader, subito seguito da una lampadina luminosa. “Semplice: entriamo, prendiamo questo Taylor a calci nei denti e ci facciamo dire dove ha nascosto i nostri amici. E non fare quella faccia,” il che, detto a uno che la nascondeva completamente, era tutto dire “lo fanno tutti. Esperiamochelostronzoabbiaunriscaldamentofunzionante.”

“Più che altro, pensavo di suggerire una prudente esplorazione. Sai com’è, la burocrazia.”

“Approvato,” ormai Mr. Immortal stava abbracciandosi, e saltellava. “Basta che si stia al caldo. Door…Phaze, tu e Raven, con me. Caldocaldocaldo.” E il trio si diresse verso l’edificio.

 

“Capo, e se qualcosa va storto? Insomma, non è che…”

Mr. Immortal fissò gli occhi bianchi dell’eroe, che nella sua modalità da battaglia, era letteralmente nero come un’ombra. “Figliolo! Ho piena fiducia in te. Fai come hai fatto sempre, concentrati come facevi quando eravamo solo degli esordienti, e andrà tutto bene. Tienimi ancora lontano dal caldo, e ti rompo un dente. Tutto chiaro?”

“Limpido. Preparatevi, gente.” E Phaze si appoggiò con la schiena contro la parete. I due Vendicatori si gettarono su di lui…

 

…e furono dentro, come avere attraversato una porta. Phaze apparve l’attimo successivo. “Orpo.”

Si erano ritrovati dentro uno dei saloni da esposizione, sotto gli occhi di decine di manichini femminili, ognuno addobbato per il gran gala del malgusto.

“Una donna vorrebbe indossare questa roba?” fece Phaze, toccando una gonna di lamé con uno spacco ardito assai. “Se avessi una fidanzata che se la mettesse, la lascerei.”

“Pensiamo agli altri, piuttosto,” Immortal si era già diretto verso la porta a vetri. “E’ chiaro che qui non c’è traccia di…Uh-oh.” Non aveva fatto pochi passi, che si trovò a fissare gli occhi rabbiosi di una coppia di doberman! “Bei cagnolini..?” tentò pietosamente…Poi le belve gli furono addosso! Fu subito una schermaglia di zanne, tessuto lacerato, ringhi, e ‘aiuto’ a vare modulazioni.

“Spero che lo lasceranno in pace, dopo averlo ucciso,” disse Phaze. “Coraggio, Raven, andiamo.”

Questa volta, andò loro anche bene: riuscirono persino ad arrivare alla porta. Poi, furono salutati da un abbagliante paio di torce elettriche, e dai musi di un paio di mitragliette.

 

“Signor Taylor,” disse una delle guardie nell’headphone. “Ci sono qua dei buffoni in costume mai visti prima. Di uno se ne sono presi cura i cani, degli altri cosa dobbiamo..? Va bene.” Al suo collega, disse, “Dice di eliminarli e basta.” E non gli fu possibile dire altro.

Un torrente di luce purissima investì gli occhi delle guardie Luce potente a sufficienza da investire i recettori oculari fino a cortocircuitarli completamente. Luce sufficiente a fare svenire i due malcapitati uomini.

“Credo che possiamo fare venire gli altri,” disse Raven, aprendo la porta. I cani gli saltarono addosso. Lui fece un giro su sé stesso e li investì con un getto di potente gas soporifero dal guanto metallico.

I cani andarono in modalità ‘ninna-nanna’, abbracciati l’un l’altro.

“Fine delle danze, signori,” disse Night Raven, mentre Phaze aiutava il ‘rinato’ Immortal a rialzarsi. “Siamo stati scoperti. Ora di fare sul serio.”

 

Il segnale era stato dato. Il momento era giunto. Era pronto.

Anni spesi fra preparazione ed addestramento stavano per dare un altro frutto, un milione di dollari facili facili. Sicuramente più facili che cercare di prendere Devil o l’Uomo Ragno.

Nella sua stanzina, il sicario iniziò a montare la sua arma. Il meglio che il mercato potesse offrire ad un professionista. Giusto per prudenza, lanciò un’occhiata ai vecchi magazzini Loreson…Tutto tranquillo, da lì.

Il sicario terminò di montare la sua arma, ed inserì un piccolo missile nel tubo lanciarazzi –meglio andare sul sicuro, con i super-esseri, sì.

 

“Signori, considero questa intrusione non autorizzata come una violazione a…”

“Sì, sì, blah blah e tutto il resto.” Immortal si mise faccia a faccia con Taylor. “Senti, un po’, bello. L’uso di forza letale non autorizzata è un reato, il rapimento o complicità in esso è un reato. Tu hai visto per l’ultima volta i nostri amici, prima che scomparissero. Ci dici dove sono, e noi ti lasciamo in pace. Ci dici una balla, e ti meno. Meglio così?”

“N..non so di cosa…stiate parlando…*glick* sono solo un povero sarto…”

“E io sono un supereroe con un grosso mal di testa e un pessimo carattere. E tu non mi piaci. Allora?”

Simon Taylor fece una faccia affranta, per poi indicare una porticina. “Sono di là. Insieme al resto del mio catalogo.”

Nessuno commentò quella curiosa frase di contorno. Fu Dinah ad andare ad aprire. Lo fece...e le sfuggì un monosillabo ultrasonico tale da fare saltare metà dei vetri nella stanza.

Dimentichi di Taylor, i Vendicatori si diressero alla porta. Quello che videro li lasciò intontiti.

La stanza era un enorme laboratorio che doveva occupare tutto il resto del piano. Dentro, un piccolo esercito di robot dalle vaghe fattezze femminili lavorava su altrettante macchine da cucire di un modello a dir poco antiquato...Ma era ben altra, la ragione dell’orripilato stupore degli eroi.

I modelli di stoffa che venivano tagliati, cuciti e rimodellati, modelli che chiunque avrebbe scambiato per perfetti, stavano urlando. Avevano capelli, e bocche, ed urlavano il loro tormento, mentre venivano sistematicamente immolati sull’altare delle vanità.

 

Come trofei a parte, Big Bertha e Moonfang stavano vestendo dei manichini. Le loro bestemmie erano qualcosa che a tuttora non è ripetibile.

 

“Tu, lurido...” l’espressione di Immortal prometteva morte molto dolorosa...prima di trasformarsi in puro stupore, appena il suo corpo divenne un modello di stoffa! In tale stato, si afflosciò su un braccio di Taylor

“Un po’ di rispetto per il futuro Re del Fashion Wear,” disse Taylor, che teneva in mano un gessetto. “Piace il mio giochino? Sapessi quanti immigrati clandestini ho toccato con il mio marcatore magico, per ottenere così tanti capi per le dame anoressiche...NON AVVICINATEVI!”

Lestissimo come un prestigiatore, con la mano libera Taylor aveva estratto un paio di forbici minacciose. “Un solo movimento, eroi, e ne faccio scampoli! I vostri due amici saranno il mio capolavoro, vestiranno i modelli coi quali conquistare tutte le passerelle più importanti! E voi non*eep!*” una ‘scossa’ di Thundersword, e Simon Taylor fu KO.

“Scommetto che neppure l’Uomo Ragno ha a che fare con simili idioti,” disse Phaze afferrando il gessetto magico. Lo passò su Immortal, che riacquistò il suo aspetto naturale. Subito il teamleader, massaggiandosi il deretano, disse, “Sta diventando un vizio, Thundersword. Guarda qua,” fece per indicare l’area dolente, ma subito ci ripensò “no, meglio di no.”

 

Il sorriso era svanito, la faccia assomigliava ad un sufflè seduto. Il colorito normalmente caratterizzato da una tinta bronzea naturale era pallido come uno straccio dopo il cloro.

Alexander Goodwin Pierce stava seriamente considerando una bella missione suicida –perché erano solo i super a farsela contro gente come l’Arcano?

Con un quasi rantolo, Pierce disse, “Avete detto...tagliati e cuciti? Clandestini? Quanti?”

“Be’,” rispose Immortal. Sullo schermo, dietro ai Vendicatori c’era uno sfondo di Messicani con degli occhioni da Bambi. “A occhio e croce, ci sono almeno un centinaio di capi prodotti, diversi in fase di produzione. Quelli che abbiamo appena tirato fuori dalla catena di montaggio sono un po’ in stato di choc...Ah, e non sono sicuro che il gesso avanzato basti. Bisognerà interrogare il matto, ma non vorrei che T-Sword gli avesse fritto il cervello, e...”

Pierce staccò la comunicazione, seppellì la testa fra le braccia e si mise a piangere sommessamente. La prossima volta, la licenza l’avrebbe fatta passare in una cella alla Volta!

 

Episodio 8 - La sinistra minaccia del…Disertore Pazzo!

 

Chicago, Illinois.

 

L’Illinois Institute of Technology rappresenta un interessante connubio, essendo i suoi indirizzi diretti tanto scientifici quanto umanitari ed artistici. Un connubio nato dalla fusione, nel 1940, di due pregevoli istituti, ai quali se n’è aggiunto un terzo nel 1949.

La tradizionale vena liberal dell’IIT, punta di diamante della formazione e della ricerca nello stato dell’Illinois, garantisce prospettive interessanti agli studenti, indipendentemente dall’indirizzo scelto in una rosa interessante: ingegneria, scienze, psicologia, architettura, business, design e legge.

Insomma, l’IIT è un buon posto dove studiare. Almeno, lo era, fino a pochi minuti fa, alle ore 03:30...

 

Non si accese neppure una luce, nei dormitori. E nessuna si spense, nei laboratori dove i futuri ingegneri sperimentavano le proprie idee.

Semplicemente, dapprima in pochi alla volta, poi come una fiumana, silenziosamente, tutti gli abitanti degli edifici dell’IIT lasciarono il loro posto. Dal personale delle pulizie, agli studenti, agli insegnati, alle guardie –camminavano con gli occhi vitrei, le espressioni spente. Procedevano come zombie, senza guardare che davanti a sé –ovviamente, inciampando con una certa frequenza, per poi rialzarsi e proseguire. Non una parola venne pronunciata.

 

E quando, finalmente, l’ultimo uomo fu uscito –una guardia corpulenta che aveva tentato un’imboscata in ‘sala lettura’, e che ora procedeva con i calzoni abbassati- arrivarono le Station Wagon. In cinque, modelli Subaru, carrozzeria Blu, fari rigorosamente spenti.

Si aprirono i portelloni laterali, e ne scesero rapidamente uomini e donne vestite come commandos, con tanto di passamontagna nero in volto –ma quella era una precauzione per il freddo fottuto.

Gli ‘invasori’ entrarono nell’edificio che ospitava la Direzione Generale. Il piano procedeva a meraviglia...

 

Il giorno dopo, alle ore 13:42, sembrava di trovarsi sulla scena di una specie di catastrofe. Tutti gli edifici erano ancora lì, intatti, e centinaia di persone in pigiama più o meno succinto erano radunate all’aperto. Agenti di polizia disperati stavano conducendo interviste a casaccio, ponendo le domande più disparate che potessero venire in mente, e ricevendo solo un’unica risposta.

Nessuno sapeva cosa gli/le fosse preso. Semplicemente, avevano tutti provato, nello stesso momento, l’impulso irresistibile di abbandonare l’IIT. E basta. E, no, non avevano visto chi fosse entrato dopo quella specie di esodo forzato. Erano tutti troppo occupati ad andarsene.

Alcuni si erano ripresi da quello stato ipnotico dopo circa sei ore, e a quel punto si erano sparpagliati per le strade, costringendo gli automobilisti ad eleganti slalom. C’era chi si era messo a nuotare, una volta giunto al lago Michigan, ed aveva costituito una grossa sorpresa per la polizia fluviale. I più frustrati, naturalmente, furono i ladri ed i borseggiatori, con così tante potenziali vittime e nessuna con un portafoglio o un gioiello addosso. Persino l’occasionale maniaco aveva dovuto cedere di fronte alla totale indifferenza della sua ‘preda’. Inutile menzionare le numerosissime chiamate di cittadini indignati di fronte allo spettacolo di gente più o meno nuda che vagava liberamente.

Gli unici a godere senza freni erano stati, ovviamente, i farmacisti di svariati quartieri, che in una notte si erano visti aumentare il fatturato del 50%.

 

L’unico a desiderare di essere trasferito seduta stante a Timbuctu era Alexander Goodwin Pierce, Direttore della divisione locale dello SHIELD.

In una tenda a parte, attrezzata come sempre con strutture d’avanguardia, uno stormo di medici stava avvoltoiando su una delle vittime, una giovane donna in lingerie, decisamente attraente e ancora alquanto confusa.

C’erano volute circa un paio d’ore di analisi scrupolose -diverse delle quali non proprio necessarie- e il risultato finale fu, “Queste persone non hanno niente.”

Sì, Timbuctu andava benissimo! Magari si sarebbe fatto prima degradare per medicicidio. Da agente semplice, non avrebbe avuto più responsabilità…

“Qualunque sia stata la causa,” continuò l’avvoltoio, “non ha lasciato tracce e/o residui, se non uno stato confusionale che suggerisce l’uso di ipnosi di massa.”

“Ipnosi,” sole caldo, qualche zanzaraccia, forse…Ma niente che un buon vaccino antimalarica non potesse risolvere. “Capisco. Possibilità di…ricadute?”

Il medico scosse la testa. “Nessuna. Salvo che non vengano sottoposti allo stesso fenomeno, naturalmente.”

“Naturalmente.” Anzi, magari avrebbe lasciato del tutto lo SHIELD. Poteva comprare una bella fattoria, i soldi li aveva e le case a Timbuctu dovevano costare poco. Sì, avrebbe fatto così…

Pierce scosse la testa -Fury lo avrebbe pelato vivo e poi servito sul carrello dei bolliti alla cena col Presidente USA, se ci avesse provato. Il Direttore sospirò. “Capisco. Data l’elevata possibilità di trovarsi di fronte ad un super-essere, dobbiamo mobilitare i Vendicatori.”

Fu una piccola consolazione, vedere rabbrividire il personale medico all’unisono.

 

“Allora, la situazione è la seguente,” dal suo posto a capotavola, Pierce squadrò i suoi super-agenti:

Ø  Mr. Immortal, capogruppo. Sbadigliò vistosamente, essendo stato tirato giù dal letto -poverino!- alle 04:21, alla prima segnalazione degli zombati.

Ø  Phaze, che, se era stanco morto, non lo dava certo a vedere, grazie al fatto che l’unica parte visibile del suo corpo erano gli occhi bianchi e romboidali sul corpo nerissimo.

Ø  Big Bertha, che, preda della sua stanchezza, sedeva senza l’ausilio della sua sedia -le bastava trovarsi nella sua forma-blob, e il grasso faceva da superficie d’appoggio.

Ø  Dinah Soar, che, a quanto pareva, e perché forse era aliena, poteva fare a meno del sonno per giorni interi.

Ø  Flatman, diligentemente in ascolto, avendo esperienza di notti insonni nel laboratorio fin dal suo studentato.

Ø  Moonfang, che fingeva spudoratamente di essere interessato, ma che teneva la testa appoggiata sulle braccia incrociate sulla superficie del tavolo. Il licantropo si tradiva schioccando le labbra occasionalmente.

Ø  Thundersword, che invece sembrava sprizzare energia da tutti i pori.

Ø  Night Raven, il cui stato di veglia non faceva testo, visto che era un cadavere ambulante.

“Ieri notte alle 03:51 ignoti hanno rubato dagli uffici della Direzione una tesi…”

‘Fang sbadigliò vistosamente. “Tutto ‘sto casino per quattro cazzate scritte da una scimmietta con un..*uck!*” soffocò prontamente quello sbadiglio, non appena vide che Pierce gli stava puntando una pistola dritto all’altezza degli occhi.

“Ti ho già detto che odio essere interrotto?” All’assenso frettoloso del mannaro, Pierce posò l’arma sul tavolo, tenendola puntata verso gli eroi ora attentissimi! “Dunque. L’oggetto rubato è una tesi di laurea di un tale Henry Simms. Troverete l’indirizzo nei file che vi darò a fine riunione.” L’ultima volta che aveva dato loro degli appunti cartacei, almeno la metà era finita in aeroplanini di carta, un terzo era divenuto materiale da ghirigori, e il rimanente se lo era mangiato il lupo. “La tesi riguarda delle ipotesi di lavoro con dispositivi per il controllo empatico. E’ giocoforza pensare che l’autore del furto voglia disporre di un modo per aumentare il suo potere o che altro. Per quanto ne sappiamo, potrebbe esserci il Controllore dietro a questo casino, o il Corruttore o qualcun altro di questi tizi.” Qui, Pierce dovette reprimere un brivido lungo la schiena alla vista dell’improvviso, palese interesse degli eroi a quei due nomi -ci mancava solo questa! Che desiderassero farsi una fama combattendo contro dei pezzi grossi!

Subito l’Inglese si schiarì la gola, scuotendoli dai sogni di gloria ad occhi aperti. “La prima fase dovrebbe essere abbastanza semplice persino per voi teste di burro: cercate ogni possibile indizio in loco. Soprattutto tu, palla di pelo, che ti vanti di essere il miglior segugio della tua tribù o che altro.”

*Snarl!*

“Non dovreste avere problemi con le forze dell’ordine: con le tessere SHIELD ed il logo dei Vendicatori, vi saranno aperte tutte le porte. Domandate, rompete le scatole, andate dove volete, ma non fate un soldo che sia uno di danno. Un solo conto danni, e vi metto a spazzare i cessi fino al Secondo Avvento. Chiaro?”

 

La SUV Chrysler bianca e blu, con su il logo dei Vendicatori uscì dalla zona dei magazzini dove era nascosta la base dello SHIELD. Il veicolo era perfettamente al centro del mirino.

Il sicario era soddisfatto: blindata o no che fosse, con un missile nel finestrino li avrebbe inceneriti senza troppi problemi.

L’uomo nell’ombra premette il grilletto.

 

“Toh, si mette al brutto,” disse Immortal, guardando verso il cielo. Neanche una nuvola, eppure era sicuro di avere udito il tuono…

 

Una nuvola, effettivamente, c’era, ma era di cordite, e veniva dall’appartamento del sicario.

L’uomo era ancora lì, fermo nell’atto di sparare, completamente annerito dalla polvere e dal fuoco. Sembrava seccato.

Memo: smetterla di fare la cresta e rivolgersi ai discount, per le munizioni.

 

Il veicolo si fermò in un parcheggio dell’Istituto.

“Ci ha dato un incarico da niente,” si lamentò Bertha, che, nonostante il costume, aveva ora le forme della sua identità civile, la formosa Ashley Crawford. “Guarda com’è grande ‘sto posto. Ci vorrebbe un esercito di mannari, per trovare una traccia.”

“Forse, o forse no,” rispose Moonfang, annusando fuori dal finestrino. Agli sguardi perplessi degli altri, rispose con un sorriso zannuto, prima di aprire la porta. “Andiamo alla segreteria. Vi spiegherò lì.”

Il gruppo uscì, sotto gli occhi esterrefatti di alcuni studenti e del personale. Un ragazzo in bicicletta -un esemplare eroico, visto che a sudare con quel freddo si rischiava una bella botta di raffreddore- volto la testa all’indirizzo di Bertha, fece un fischio di ammirazione…e terminò la sua corsa contro un lampione!

“Maschi,” disse la donna, scuotendo la testa.

In quell’istante, un’orda di giovani squali si gettò sul gruppo. I più brandivano blocchetti e quaderni per gli autografi, e penne, matite, stilo caricate a sangue e tutto quello che potesse scrivere. In pochi secondi, fu un’orgia di carta e inchiostro.

“La fama comincia a piacermi,” disse Immortal, con un gran sorriso dentato, facendo svolazzare la mano sull’ennesimo foglietto. Dinah era persa: lei non sapeva neppure scrivere! Per Phaze fu un dramma: in preda all’eccitazione, aveva attivato i suoi poteri, e ogni penna che gli veniva porta svaniva nella sua mano. Moonfang ne stava approfittando bassamente: tutti volevano fargli una carezza, e lui stava ora dicendo, “Un po’ più in basso, sìì sotto la scapola…”

Ad un certo punto, una ragazza chiese a Thundersword -che per puro miracolo stava riuscendo a reggere una biro senza spezzarla come un grissino-  “Ci scriva sopra: da un B-Side ad un altro, con simpatia…”

T-Sword si fermò sul punto di scrivere il primo autografo della sua vita. “Mia giovane ammiratrice, forse stai errando nella tua richiesta. Chi sono codesti B-Side?”

“Non siete i mitici B-Sides?” chiese un ragazzo in punk. La folla sembrò congelarsi.

“Uhh,” Mr. Immortal scosse la testa, poi rinnovò il suo sorriso più diplomatico, condendolo con plastica posa. “Ragazzi, voi avete sotto gli occhi molto di meglio: siamo i Vendicatori dei Grandi Laghi!” ma stava già parlando ad una piazza vuota! Un soffio di vento sollevò tristemente un cumulo di cartacce autografate.

Immortal aveva voglia di piangere! Invece diede un calcio ad una pallottola cartacea e mormorò un, “Branco di marmocchi irriconoscenti…*grumble*”

“Piuttosto,” fece Bertha all’indirizzo di ‘Fang, “tu non sei quello che dovrebbe mettere il timor di Dio a tutti quelli che ti passano vicino? Ancora un po’, e cominciavano a collezionare ciuffi del tuo pelo.”

“Sai come si dice…Il magnetismo animale…” si vantò lui con un sorrisone.

Bertha fece un sorriso sfottorio. “Io direi più la moda della pet-therapy…”

Moonfang ringhiò, ma disse solo, “Andiamo, prima che mi dimentichi di fare uno spuntino…”

“Ennò. Voi non vi muovete da qui, cari!”

Il gruppo si voltò all’unisono verso la nuova voce -finalmente! Un individuo minaccioso, che li sfidava! Chissà se non ci scappava una..?”

Incontrarono gli occhi gelidi di un uomom con addosso gli anni di Noè, in una plateale uniforme da spazzino. In ogni mano, reggeva una coppia di attrezzi, cioè una scopa ed una paletta. “Adesso voi cosiddetti super-eroi prendete queste, e ripulite il casino che avete fatto. Possa cascare il cielo, se Simon Cleansef vi permetterà di fare i vostri comodacci e lasciare a noi poveri cristi il compito di ripulire!”

“Questo è troppo!” sibilò Bertha, avanzando a muso duro verso il vecchietto. “Amico, tu mi sa che ti sei visto troppe volte Mystery Men, ed io…” Si ritrovò un manico di scopa dritto sotto il naso.

Il vecchietto era raggiante. “Così va bene, figliola. Volontà, è la parola d’ordine, ed ora orsù, al lavoro! Ho una nipote che dovrebbe proprio imparare, da te!”

 

Circa due ore dopo, 8 Vendicatori decisamente seccati fecero il loro ingresso nella segreteria. Flatman, usato come pala vivente, aveva ancora dei chewing-gum attaccati al costume, e puzzava di qualcosa che era meglio non descrivere.

“I file degli studenti della facoltà di legge, per favore. E subito.” Immortal aveva la faccia dura delle grandi occasioni, e la tessera magica SHIELD/Vendicatori, che quasi spiaccicò sul naso di un’impiegata.

Furono subito diretti verso un terminale. Flatman rifiutò garbatamente l’assistenza dell’operatore, ed iniziò ad impostare i parametri di ricerca. Moonfang stava dietro di lui, ad esaminare con attenzione le fotografie degli studenti iscritti nell’ultimo anno …

I file scorsero per circa mezz’ora, prima che il licantropo picchiettasse sul video. “Lui. Controlla.”

La foto mostrava un 19enne che, a dire il vero, avrebbe fatto la sua bella figura nella Notte degli Oscar. Joey K. Kilman, nero, ragazzo di buona famiglia, ottimi voti in tutto fino al liceo…

“Vedi lì?” Lykus puntò sulla firma scannerizzata nel modulo di iscrizione. Una firma assolutamente banale, senza alcun segno particolare…

 

“Ma come si faceva, a non vederla? Persino due membri del personale ci avevano fatto caso!”

“Sì, perché stavi praticamente sbavando di rabbia su di loro. Che schifo!” fece Bertha, con il naso arricciato. “E, comunque, da quel ghirigoro microscopico in calce alla firma, si dovrebbe dedurre che la persona è un mannaro?”

“Quel ghirigoro,” ribattè Moonfang, entrando per ultimo nella macchina, “è una parola che indica l’appartenenza al Popolo.”

Night Raven avviò il veicolo -poteva essere un casino, convincere un vigile a non fargli una multa per guida in stato di mascheramento degli occhi, ma guidava da dio! “E in che modo sapere che questo studente è un licantropo ci potrebbe essere di aiuto?” Era un bene, che la sua faccia fosse coperta da una metallica piastra piatta; la sua voce era decisamente intonata al suo stato di decomposizione, ma con un tono gracchiante.

Nel sentirlo, a Lycus gli si drizzò mezza pelliccia, e le orecchie quasi gli sparirono nel cranio. “Ti prego. Sottovoce, almeno.

“Ad ogni modo, dovrebbe essere chiaro persino a voi, no? Un licantropo ha una volontà superiore, lo sanno anche…no, i bambini non lo sanno. Insomma, mentre gli altri sono scappati, ieri notte, Joey sarà rimasto e avrà seguito i ladri fino al loro nascondiglio.” Sprizzava orgoglio, Lykus. “Ahr, sì! Darsi per malato è stato il tocco giusto per non destare sospetti negli umani…”

“Ci siamo. Abita qui.” Erano arrivati ad una villetta con i mattoni a vista, ampia, due piani, e soprattutto una foresta per giardino -anche l’istinto voleva la sua parte, in fondo.

“E se è malato per davvero?” chiese Flatman. “In fondo…” fu interrotto bruscamente da un cenno di artigli.

“Un mannaro D.O.C. si ammala solo se viene maledetto. Ci facciamo le vaccinazioni regolarmente, sai?”

“Do un’occhiata, allora,” disse Flatman, allungando telescopicamente il collo ed una mano -per bussare, se fosse stato il caso.

Giunto alla porta, lo scienziato bussò a ripetizione, ma nessuna risposta. Gli altri lo videro infilare, allora, la testa sotto la porta…E, un istante dopo, si udì un ringhio tremendo!

“Ehi, lo riconosco,” fece Lykus. “E’ Jacque, deve essere in visita.” Poi, cominciarono ad udirsi urla umane tremende, scatti di tagliola e infine uno Sstttrraapp! Preoccupante.

Flatman si ritirò in buon ordine, ricomponendosi a fatica nell’auto. Non aveva una bella cera, e sembrava disorientato.

Moonfang si sporse dal finestrino. “Ehilà, pelliccia, l’hai visto il padrone di casa?”

La porta si aprì, e ne emerse un muso mannaro con ancora dei brandelli di costume fra i molari. “Salve, cacciatore! No, sono via. L’ufficio ha concesso al capofamiglia una bella vacanza premio proprio ieri mattina. Mi hanno chiesto di restare a fare la guardia.” E mostrò con orgoglio il collare su cui spiccava una luccicante medaglietta dorata. Sulla medaglietta, l’incisione in rosso diceva, FIRST LINE WATCH SERVICE × BEWARE US!

‘Fang sbuffò. “Odio il Lunedì…” borbottò a sé stesso, poi, al lupo, “Grazie lo stesso.”

“De nada, fratello. Piuttosto,” e qui, storse il naso, “Di’ a quella scimmia di pulirsi un po’. Pfeh!” e sbatté la porta.

La macchina partì.

 

“Se qualcuno ha qualche altra brillante idea…” disse Immortal, con una vena di sarcasmo.

“Potremmo andare a pranzo,” suggerì, lesta, Bertha.

ççÍÌÊÈð sottoscrisse allegramente Dinah.

In quel momento, la stampante laser nel cruscotto prese a ronzare, e sputò un foglio stampato fitto. Immortal, seduto al fianco di Raven, lo prese, e lo contemplò con curiosità.

Night Raven disse, “E’ l’indirizzo di Ernst Brunner, il Disertore Pazzo, uno scienziato tedesco naturalizzato americano. Il suo nome è saltato fuori dalla lista SHIELD dei possibili umani e metaumani capaci di fare quello che è successo.”

“Sì, va bene, ma perché proprio ‘sto crauto? Guarda qua: ma non vedi che razza di perdente è? Capitan America lo ha sconfitto usando solo…”

“Lo SHIELD è riuscito a rintracciare, poco fa, le auto usate dalla sua banda, tutte noleggiate sotto falso nome tedesco. Brunner si era dimenticato di prendere misure precauzionali contro le telecamere dell’IIT. Non solo, ma come puoi vedere dallo stampato, abita persino a Chicago. In vita ero un detective, quindi per me quello è un perdente. ”

Nessuno ebbe da ridire –soprattutto Moonfang, che si era premunito con dei gran tappi nelle orecchie.

 

“Almeno, si tratta bene,” commentò la donna, alla vista della villetta che corrispondeva all’indirizzo di Brunner. Un quartiere residenziale, di quelli tranquilli tranquilli, dove l’evento più eccitante del mese è la grigliata in giardino del colesterolomane di turno. “Meglio dei soliti, squallidi appartamenti pieni di scarafaggi.”

“Questa volta, non dovremmo avere problemi, giusto? Insomma, quella scheda è completa, vero?”

Raven annuì. “Niente superpoteri o steroidi. La sua sola arma a disposizione è una pistola a irraggiamento che spinge le vittime ad abbandonare una località. Nessun giudice è mai riuscito a credere che quella roba potesse funzionare, e tanto per cambiare, il tizio ha ottenuto la piena insanità mentale. Qualche annetto di manicomio, e via.”

“Allora, questa volta ci assicureremo che la chiave venga buttata via,” disse Immortal. Coraggio, andiamo a…EHI!” improvvisamente, Night Raven aveva sterzato –una curva a U perfetta, senza che l’auto rallentasse minimamente. “Insomma,” fece il teamleader, “ma che crippero ti prende? Fai retromarcia, e…Raven?”

Volto nascosto o meno, era chiaro che l’eroe si era ‘imbambolato’ al volante.

“Preso in pieno dal raggio del Disertore,” sentenziò Flatman. “E se l’effetto dura sei ore…”

“Inutile colpire la sua cervice, presumo. Dubito che abbia un cervello che accuserebbe il colpo,” disse Thundersword. “Perciò, dobbiamo ricorrere ad un metodo un po’ più drastico, per fermarci.” E prima che i suoi compagni potessero dire o fare altrimenti, l’eroe dall’armatura dorata stese un braccio fuori dal finestrino, mentre una specie di lancia fatta di energia apparve nella mano.

Thundersword lanciò, “Op!” e l’arma si trasformò in un arco voltaico abbagliante. All’impatto con l’asfalto, davanti al veicolo, ci fu un’esplosione. Un getto d’acqua fu prodotto dallo squarcio nella tubatura, e l’auto ci finì addosso in pieno, mentre sprofondava nel cratere ancora fumante.

“Orsù, quale lagnanza vi spinge a fissarmi con cotanta antipatia? Non ho forse fermato il nostro incontrollabile veicolo?"

L’interno si stava rapidamente riempendo d’acqua. C’era puzza di cane bagnato. E, ad onor del merito, il motore del SUV continuava a girare. Limitandosi a fissare il cavaliere con aria vagamente omicida, Immortal prese le chiavi della macchina, le tirò via…e il motore si spense.

Thundersword avrebbe voluto almeno scusarsi, ma era difficile con la bocca piena d’acqua. Glub!

 

“Sono invincibile! Nessun cosiddetto eroe può prendermi!” Il Disertore Pazzo esplose in una tipica risata da scienziato pazzo, ed accarezzò la sua pistola cromata quasi fosse stata una bella donna. Assomigliava molto ad uno scienziato pazzo: era magro quanto bastava, vestito dell’immancabile camice bianco, calvo come un uovo, e in più portava degli occhiali a montatura tonda, a lenti convesse su cui erano installate altre due lenti sporgenti –un effetto osceno, sì.

“Appena avrò decifrato gli appunti di quello studente, renderò gli effetti del mio raggio permanenti. E allora potrò rapinare intere città senza più essere ostacolato!” l’uomo ringhiò. “Soprattutto da quel benefattore di Capitan America! Puah! Lo farò fuggire fino al più remoto angolo del pianeta!”

L’uomo rinfoderò la pistola, e si diresse al tavolo centrale, dove si trovava una pila di fogli scritti fitti fitti. Si mise seduto, sfogliò la pila ed iniziò a borbottare imprecazioni. “Ma come scrivono, questi ragazzi di oggi? Questi ghirigori non li facevo neppure in prima elementare…Ma pazienza. Stanotte farò di nuovo disertare l’IIT, e mi procurerò l’indirizzo del ragazzo. Farò decifrare a lui, la sua call…Chi è?”

Qualcuno stava bussando alla porta. Non erano quei supereroi, poco ma sicuro: lo schermo del televisore che dominava la stanza era diviso in finestre dell’esterno. Brunner si alzò, ed andò alla porta. Aprì appena una fessura. “Sì?”

La porta fu spalancata di botto. Una mezza dozzina di omacci tarchiati, certe facce da galera che a Lombroso sarebbe venuto appena appena un infarto, irruppero nella stanza. “Signor Brunner,” disse quello davanti alla fila, facendosi crocchiare le dita. “Non ci piace, che lei abbia usato la sua schifezza su di noi, per non doverci pagare!”

Brunner indietreggiò. Come avevano fatto, a trovarlo..?

Come se avesse letto nei suoi pensieri, l’omaccio tirò fuori un foglietto dalla tasca dei pantaloni: era una ricevuta dell’autonoleggio, con nome falso ed indirizzo vero!

Si sa, i geni sono sempre stati dei distrattoni…

“Allora, i soldi li ha, o no?” e la ghenga incombeva su di lui come un’orda di angeli vendicativi…

 

“Devo ammetterlo: poteva andare peggio,” Pierce era gongolante. Solo qualche decina di migliaia di dollari di danni, e niente di più grave di un paio di scartoffie in più da riempire.

Due infermieri stavano portando Brunner in un’ambulanza –per come era stato conciato, non c’era dubbio che non avrebbe dato fastidi per i prossimi 3 o 4 anni. Era già molto se fosse riuscito a bere senza l’ausilio di un infermiera.

“Allora…non ci punirà per la strada, capo?” chiese Immortal, esitante. Dopo lo scontro con Simon Taylor[xix], li aveva messi a fare belle 500 flessioni sulle gengive…

“Nahh. Almeno, questa volta, abbiamo la riconoscenza dell’IIT, e non è cosa da poco.” Pierce si sfregò le mani. “Coraggio, eroi. Vi siete divertiti abbastanza! E poiché mancano poche ore alla cena, nel frattempo vi rifarete un po’ il tono muscolare con qualche bella sessione nella stanza del pericolo. Op! Op! Cosa sono quelle facce da funerale? Avanti, march!”

 

Episodio 9 - Alien Franchising Ltd.

 

Lunedì mattina di Chicago. Un picnic al parco. Un ordinario quadretto familiare, e soprattutto quasi nessuno in giro. Eh, sì! Prendersi una giornata di permesso aveva i suoi vantaggi!

“Passami il sale, cara,” disse l’uomo, un individuo, per una volta tanto, non di mezza età, non sovrappeso, ed elegante in un completo ‘casual’ adatto alla stagione ed alle passerelle Romane. Persino il cibo era roba di prima scelta, comprato presso i migliori gourmet della città.

La donna passò la boccettina di finissimo cristallo intagliato. La moglie-trofeo perfetta per un agente di cambio, bellezza modellata dalla testa ramata da coiffeur parigini ai piedi calzanti Gucci.

“I bambini?” chiese lui, salando una tartina ai fegatini. Due adorabili frugoletti biondi come il padre, gemellini di un anno di vita…

“Dormono come angioletti,” rispose lei. “La migliore camomilla biologica concentrata. Quasi un litro a testa. Fino a stasera, sei autorizzato a farmi tutto…” un brevissimo cruccio. “Hai portato il libretto degli assegni per le multe, vero?”

Finito di masticare la propria, lui prese un’altra tartina, e la posò delicatamente, maliziosamente, nella bocca di sua moglie. “Precompilato fino agli atti osceni in luogo pubblico. Due ammonizioni.”

I due sposini si chinarono l’uno verso l’altro -cercando di fare attenzione a non macchiare d’erba la preziosa tovaglia Zucchi- pronti per il primo di una lunga serie di baci…Quando un’ombra si frappose fra loro e il Sole. “Terrestri,” disse una voce maschile. “Ci consentano...”

Il velo di trucco sui volti curatissimi si sciolse spontaneamente, l’impomatatura si ‘sedette’, e per un momento la coppia fece due facce come altrettante prugne secche. Poi urlarono.

 

“Sì, capisco. Pelle verde. Costumi rosa e porpora, baffetti da sparviero e modi affabili. E…Oh, sì, capisco; quello è molto peggio. Sì, ne terremo conto, Capitano, grazie.” La centralinista staccò la linea -e dire che aveva accettato il trasferimento a Chicago perché lì di problemi non avrebbero dovuto essercene! Vatti a fidare dei superiori.

Per un minuto, rifletté sulla possibilità di cestinare la chiamata e basta…Poi decise che, fino a quando non le avessero concesso l’aumento chiesto da alcuni mesi, le avrebbe passate proprio tutte! Il capo avrebbe finito col darle una medaglia, pur di risparmiarsi di dovere usare quei supermatti al cubo!

Cominciava ad amare il suo lavoro.

 

Esaminare l’elenco delle chiamate di ‘emergenza’ non era poi stato compito improbo: ce n’era stata una sola!

Quindi, le possibilità si riducevano solo a due, considerò il Supervisore Alexander Goodwin Pierce, mentre spostava la sua attenzione dal monitor con il messaggio -memo: trasferire la centralinista al servizio smistamento rifiuti…no, quello era già pieno, maledizione!- alla scrivania, dove facevano bella mostra di sé due pillole King- Size, una rossa e una blu. Quale prendere? Quella Rossa per vincere quel curioso senso di disastro incombente, o quella blu e attraversare lo specchio?

Optò per entrambe. Le mandò giù con 1 litrata d’acqua, quasi si strozzò, e finalmente si decise a schiacciare il pulsante di chiamata. Naturalmente, avrebbe dovuto interrompere la sessione d’allenamento…e dire che per almeno una settimana, una sola miserabile settimana, li voleva tenere a letto in semicoma…

Cominciava ad odiare il suo lavoro.

 

All’esterno dei Magazzini Loreson, la sede della locale sezione dello SHIELD, il sicario stava preparando la trappola definitiva: mine. Aveva lavorato per tutta la notte, scavato e scavato, ma almeno sei belle ‘padelle’ al C-4 erano pronte a fare polpette del veicolo dei Vendicatori! Quasi gli dispiaceva, di fare fuori tutti quegli eroi per arrivare al solo mannaro…ma era anche vero che quel pulcioso malefico poteva pure lasciare il suo ‘branco’, almeno per fare un favore!

Un’ultima palata, e il campo era pronto. Via la pala. Controllo telecomando: perfetto! Controllo nota spese: una lotteria!

Cominciava a piacergli, quell’incarico.

 

 “Lieto di vedervi pimpanti e pronti alla pugna,” disse Pierce con un sorriso come non ne sfoggiava uno da giorni.

Meno sorridenti erano gli eroi, ognuno in uno stadio più o meno avanzato di decomposizione.

Ø  Mister Immortal stava sdraiato su una sedia a rotelle, con uno sciame di flebo attaccate a braccia e gambe. Avrebbe fatto un figurone nella parte di uno zio vecchio.

Ø  Big Bertha, nella sua forma umana della supermodella Ashley Crawford, era tutta un crampo. Era rigida come un baccalà sulla sua sedia, ed ogni tanto le scappava un curioso gridolino fra i denti serrati.

Ø  Dinah Soar ondeggiava avanti e indietro, in preda ad un mal d’aria da record. In una mano reggeva un preoccupante sacchetto di carta.

Ø  Phaze, come al solito, a causa del suo nerissimo corpo, sembrava in perfetta forma…fino a quando, ogni tanto, non spuntava una manaccia dal torace, che lui prontamente schiaffeggiava per rimetterla al suo posto.

Ø  Flatman aveva una curiosa crisi di singhiozzo, che gli faceva cambiare forma alla testa come Quadratino[xx].

Ø  Night Raven stava ricucendosi un polso che gli era caduto per l’usura.

Ø  Moonfang puzzava di cane sudato, e ansimava come due mantici.

Ø  Thundersword, ovviamente, appariva veramente pimpante e sorridente. Era anche vero che questa volta il suo sorriso aveva un che di isterico…

Pierce indicò i fogli distribuiti ai rispettivi posti. “Allora, ci sono state segnalazioni di alieni al Parco. A parte un gusto da checche nell’abbigliamento, questi rompiscatole starebbero avvicinando cani e porci per proporre certi…affari. Solo che le ‘vittime’ non sono in grado di descrivere in cosa consisterebbero questi affari, visto che basta che questi pelleverde si presentino per spingerli a fuggire via in preda al panico.”

“Sfido io,” disse ‘Fang tenendo stancamente sollevato un foglietto sopra il muso. “Questi slogan non hanno funzionato manco in politica.” E detto ciò, si pappò il foglio. “Hanno pure un pessimo sapore. Ptuì!” sputò il boccone,

che andò a rimbalzare su Flatman, la cui testa -hiccup!- si era trasformata in un triangolo scaleno in quel momento. Infilzata la pallottola con un vertice, disse, “Ipotesi sulla loro provenienza, capo?”

 Pierce scosse la testa. “E chi se ne frega? Scovateli, parlateci, e offritegli una merendina per tenerli buoni. Se sono qui per conquistare il mondo o sterminare l’umanità, o legittimare il falso in bilancio, dategli un numerino e che si mettano in fila. Domande?”

Immortal levò un braccio tremante, tentò di sibilare qualcosa, ma Pierce fece un cenno dismissivo. “Ahh, quante storie per 60 ore di Stanza del Pericolo dura. Non li fanno più, i supereroi di una volta. Andate, op…Oh, e fate una doccia o vi boccio.”

 

Una doccia da denuncia per spreco massivo d’acqua potabile dopo, il familiare SUV Chrysler bianco e blu e logato VGL uscì dai cancelli dei magazzini -ovviamente sotto il binocolo instancabile del sicario. Coraggio così, un po’ di metri ancora…e addio, Vendicatori!

Schiacciò il pulsante del detonatore.

 

“Fa di nuovo brutto? Non ci sono più le stagioni di una volta. E stai attento ai dossi, Raven, che le riparazioni di ‘sta carretta ce le detraggono dalla paga.”

 

La solita nuvola di cordite stava uscendo dalla finestra dell’appartamento vicino.

Il sicario era rimasto ‘freddato’ nell’atto di schiacciare il pulsante. Era di nuovo annerito, capelli presbitero, e perdeva fumo dalle orecchie. Sembrava seccato.

Memo: i manuali di istruzioni in Giapponese fanno cagare.

 

“Stai dicendo che Capitan America li ha presi a scazzottate per parcheggio in zona vietata?” Chiese Big Bertha.

La stampante sul cruscotto aveva sputato la solita scheda informativa. Mister Immortal la stava scorrendo con attenzione. “Yup. Quello, e furto di cestino da picnic…Anche se sarebbero dovuti andare dentro solo per l’arretratezza dei mezzi. Guarda un po’,” e porse lo stampato alla compagna. “Fatti quest’astronave: sembra un sombrero. Per me sono rimasti sulla Terra perché si vergognano a farsi vedere sulle rotte spaziali, con questa roba.”

“Dovranno finire di pagare il leasing,” commentò Flatman, allungando la testa a vedere. “Mica sono tutti imperi pieni di soldi…Hm?” un’ombra si era frapposta fra lui ed il Sole che filtrava dal tettuccio aperto. Istintivamente, andò a vedere di che si trattasse…Ed incontrò un sorriso zannuto. “GAAAAHH!” il corpo gli esplose dalla paura, e si spiaccicò come melassa un po’ dappertutto, incluso il parabrezza.

“Scherzi da prete!” fece Thundersword, ripulendo il finestrino dalla Flat-melassa. “Lo sai che lui ha ancora una fobia dei cani, da quando è stato conciato per le feste da un tuo simile[xxi]!”

“Lo so,” disse il licantropo, sporgendosi dal tettuccio e spalancando la bocca alla Fido. “Se no, dove stava il divertimento?”

“Maschi,” commentò Bertha. Poi, a Raven, “E tu come fai, a guidare?”

“Non fa differenza,” rispose lui, flemmatico. “Tanto i miei occhi sono già decomposti.”

Solo allora, i nostri si resero conto di quale pericolo mortale avevano sempre corso. Fortunatamente, prima dell’ammutinamento, l’auto arrivò a destinazione. Il veicolo si fermò all’ingresso del parco.

“Allora, dove cominciamo la caccia?” chiese Thundersword, uscendo per primo dal veicolo.

“Sparpagliamoci,” disse Immortal. “Siamo in otto, e uno di noi dovrà pure trovarli.”

“Bene!” il cavaliere levò il braccio che impugnava la spada-folgore, ed urlò, “Vieni a me, fido Boronin! Io ti…Che c’è?” chiese appena il braccio fu fermato da Moonfang. Il mannaro gli indicò il cartello che indicava, fra le altre norme precauzionali, il divieto di cavalli volanti sul Parco. Un grosso segno di divieto attraversava, per ovvie ragioni, i quarti posteriori dell’animale.

“Barbari!” sbottò l’eroe, dando un calcio a un sasso. L’oggetto compì una lunga parabola, che si concluse con un sinistro suono di ossaglie e una bestemmia pesa.

Altra risatina di Moonfang, che si apprestò ad entrare…solo per venire fermato dalla mano di Bertha. Prima che lui potesse sbottare, lei gli indicò il solito cartello, con vistoso simbolo di ‘mannari al guinzaglio’.

‘Fang uggiolò pietosamente e fece il musetto da orfanello. Lei sghignazzò e fece una faccia che le mancavano solo le corna e l’odore di zolfo, mentre tirava fuori il completino da passeggio!

“Avanti, basta perdere tempo,” disse Immortal, entrando. “Vediamo di farla finita in fretta.” E il gruppo si incamminò lungo il viale principale -vietato calpestare l’erba!- “Ho la sensazione che questa volta non sarà troppo difficile,” aggiunse il leader.

“Concordo,” disse Flatman, osservando poi indicando al suo leader il VISTOSISSIMO cartello a freccia lampeggiante, raffigurante un grosso sombrero metallico, che diceva “Terrestri! L’occasione della vostra vita la trovate solo da McStar! Affrettatevi numerosi!”

Dopo averlo letto a bocca aperta, Immortal assunse un’espressione alquanto seccata, e senza voltare lo sguardo disse, “Il primo che dice una parola, lo querelo.”

 

“Mamma! Mamma! Ne voglio uno, ne voglio uno anch’ioooo!”

Il disco/sombrero era parte integrante di un chiosco desolatamente ignorato. Neppure un ragno si era degnato di tesserci almeno un avanzo di tela.

La grande gioia del ragazzino era diretta al gruppo dei Vendicatori, particolarmente al guinzagliato Moonfang -il quale si era rannicchiato su sé stesso fin quasi a formare una palla. Per Feronia, come si sarebbe volentieri scavato una fossa, in quel momento!

In distanza, un jogger tutto tronfio nel mostrare fasci di muscoli scattanti e un litro di sudore al minuto, si ritrovò centrato in pieno cranio da un’inkudine industriale piovuta dal cielo. Il potere di Miss Link colpiva duro!

Immortal bussò sulla porticina, sulla quale spiccava un cartello a mano, che in calligrafia alquanto incerta diceva, Fuori per pranzo. Torniamo quando riusciamo a farlo.

“Gente strana,” disse Bertha. “E ora che si fa?”

Immortal sorrise. “Sì apre la porta. Gentilmente. ‘Sword?”

“Era ora!” fece l’altro. “Cominciavo ad arrugginirmi.” Estratta la spada, si preparò a vibrare un bel fendente…Quando si sentì tirare per una gamba. “E ora cosa?”

Moonfang gli indicò un cartello, dove capeggiava un simbolo di divieto sovrapposto ad un supereroe stilizzato con tanto di mantello nell’atto di distruggere un muro di mattoni. A Thundersword venne voglia di piangere.

Immortal sospirò, e ingobbito disse, “Evabbe’, andiamo a prenderli, questi figli di &%$£*.” Era talmente stanco che aveva dimenticato di aggiungere ç.

“Neanche per sogno!” disse Bertha, caricandosi di energia, e puntando dritta al chiosco. “Abbiamo più permessi noi della polizia, e nessun cartello ci impedirà di fare il nostro lavoro!” levò il pugno…

ÕDONG!Õ

“Ma vaff…” Bertha si massaggiò la nuca. “Fatti un po’ vedere, se ne hai il coragg…”

“Mi faccio vedere sì, razza di anarchica!” A rispondere, nonché a causare diverse paia di occhi sgranatissimi, era stato…il cartello. L’oggetto stava ondeggiando sul suo supporto, e usava i suoi divieti per fare una faccia alquanto contrariata alla donna. “Non li sai leggere, i cartelli? È un lavoro già abbastanza fetente tenere in riga i mocciosi e i cani senza guinzaglio! Poi vi ci mettete voi supercazzuti…Insomma, dove sono finiti legge e ordine, dico io?”

“Per gli abissi del male!” Thundersword si stava già preparando a vibrare il colpo. “Il cartello è infestato!”

Fermo o ti denuncio, sai?” la minaccia bloccò il cavaliere ad 1 mm dal colpo fatale. Nella sua identità civile di Stuart Cadwell, ‘Sword era alquanto sensibile a tutto ciò che avesse a che fare con gli avvocati.

Il cartello si chinò su di lui fino a spingerlo ad abbassarsi. “Insomma, credi di essere dell’INS[xxii]? Guarda che sono in regola, ho sofferto per le vostre trafile burocratiche più che nei gironi di Belasco, e questo lavoro me lo sono guadagnato. Lo sai che razza di folla c’era, dopo Inferno? Se almeno voi umani non aveste avuto tanta fretta di chiudere i portali…”

“Vuoi dire Inferno2,” corresse gentilmente Flatman

“No, ho detto Inferno; il primo, quello vero.” Sospiro nostalgico. “Quella sì che era stata una festa, c’era anche il sacrificio tradizionale degli infanti…”

“Posso chiederti un’informazione?” fece Immortal, che si sentiva minacciato dalla nausea. “Puoi almeno dirci dove trovare i proprietari del chiosco?”

Il cartello ondeggiò verso destra. “Verso il laghetto. E fate attenzione alle loro offerte speciali; e soprattutto, fate attenzione ai divieti.” A sottolinearlo, mostrò prontamente un simbolo di divieto su una rissa fra super stilizzati.

Borbottando oscenità, il gruppo si allontanò, con Bertha in coda. Subito il cartello le fece un fischio. “Psst, pupa,” disse con tono sibillino, “quando smonti, perché non vieni a farmi visita? Certo che se poi perdessi qualche altro chiletto, saresti una cartellina perfetta.”

Big Bertha divenne rossa in volto, e non dall’imbarazzo. Le uscì fumo dalle narici. Moonfang avrebbe davvero voluto essere altrove. “Stai suggerendo che sia grassa?”

 

Donna e mannaro si accodarono al gruppo un minuto dopo. “Perché ti eri fermata? Cerchiamo di non disperderci, almeno,” disse Immortal.

 

Il cartello era stato annodato in un perfetto ‘Savoia’, e già un ragazzino gli stava scrivendo in faccia ‘Scemo chi legge’.

“Odio il mio lavoro. *sob!*”

 

“Eccoli là…ma che schifo!”

Le tre figure intente a rovistare nel bidone dei rifiuti levarono le teste, nel sentirsi indirizzare. Il loro verde-pisello divenne verde-alga. Subito uno di loro -elmetto con cresta alla moicana, baffetti da sparviero e mantello viola, laddove gli altri indossavano lo stesso costume tranne la cresta, il mantello ed i baffetti- si avvicinò ai Vendicatori. Cercava di mantenere una posa dignitosa, marziale, ma aveva la faccia scavata dalla fame e un che di disperato di Stalingrado negli occhi. “Siamo in pausa. Se non siete clienti, terrestri, per favore, fateci finire.” Detto ciò, si volto, e sempre con molta dignità riprese a frugare con la finezza di un barbone in astinenza da alcool.

“E…se fossimo clienti?” fece Immortal, completamente spiazzato.

Il capo degli alieni levò la testa dal bidone più in fretta di un ‘Jack-in-the-box’ dalla scatola. Fra i denti stringeva un mezzo cosciotto della Kentucky Fried Chicken.

“Dite davvero?” aveva i lustrini agli occhi. I suoi uomini piangevano dall’emozione.

L’alieno-capo si avvicinò quasi levitando. Superata la barriera dei 5 metri di distanza dal gruppo, i Vendicatori si accorsero che fetava veramente di brutto! Al povero Moonfang venne la pelliccia ‘a riccio’, e si dileguò sull’albero più vicino, uggiolando. A Mr. Immortal si sciolse la capigliatura. Bertha divenne curiosamente bianchiccia. Dinah disse “Ussignur.” Phaze estrasse prontamente una maschera protettiva dal corpo. L’armatura di ‘Sword fece la ruggine. Raven era convinto di avere appena scoperto il segreto del voodoo definitivo. Flatman andò giù a *censura*.

L’alieno-capo estrasse da una tasca del mantello un fascicolo che aveva visto giorni migliori. Si schiarì la gola, e disse, “La McStar desidera dare il benvenuto a qualunque razza intelligente disposta ad investire un piccolo capitale oggi per dei grandi risultati domani! La McStar, leader nel settore del franchising interplanetario dell’alimentazione e dell’intrattenimento durante i pasti, vuole fondare su questo fertile mondo una catena capace di servire oltre 500.000.000 di clienti allo stesso tempo, e di intrattenere le famiglie, prima e dopo i pasti, ricorrendo a soluzioni d’avanguardia, ricette di veloce preparazione ed attentamente surgelate all’origine, come illustrato nel nostro depliant.” Fatta quella tirata, riprese fiato discretamente, mentre i suoi uomini declamavano in un coro ovviamente collaudato, “McStar viaggia con te e sei sempre a casa!” Terminarono con la classica posa da ‘ta-daa!’

Seguì un minuto di imbarazzato silenzio. Bertha si batté una mano sulla faccia. Immortal fissò mestamente il depliant e scosse la testa. “Siete arrivati troppo tardi.” E indicò l’insegna con la grande ‘M’ gialla torreggiante che torreggiava, appena fuori dal parco, più in alto di Mazinga.

“Uh? Ma…” Agli alieni caddero le facce. Poi, uno dei sottoposti disse, “Capo, l’ho detto fin dall’inizio che era un’idea usata…”

“FAI SILENZIO!” gridò il capo, con una vena della fronte che già minacciava di esplodergli. “L’Ufficio Marketing della Cooperativa Millestelle NON sbaglia, chiaro? È chiaro che abbiamo male interpretato la destinazione.” E, ai Vendicatori, “Ma avete una mezza idea di quanti pianeti siano chiamati ‘Terra’ dai loro abitanti? Ahh, lasciate stare. Pensiamo piuttosto a raccogliere un po’ di quella roba dal contenitore dedicato, che dobbiamo farla analizzare per scoprirne i segreti.”

“Ma è spazzatura,” protestò Flatman.

Un assenso condito da un sorriso convinto. “Lo so. Questo metodo di stoccaggio migliora di parecchio il gusto del prodotto.”

Molto delicatamente, nessuno chiese loro da quale pianeta provenissero!

 

Già ci si potevano immaginare le strappalacrime scene di ringraziamento seguite dagli addii e dalle promesse di rivedersi -o almeno di scriversi. E poi la colonna sonora da grande evento, le interviste e i cover-up delle autorità per negare che tutto questo fosse mai successo -ci mancasse solo! Con i pacifisti che ancora volevano il sangue, per il genocidio dei Marziani, c’era il rischio di tenersi questi alieni a…

Non ci sarebbe stato bisogno di temere dei pacifisti. Niente colonne sonore o grandi cospirazioni.

Il chiosco era ancora lì. Il sombrero spaziale no.

Un sottoposto si accorse del foglietto che era stato appeso al chiosco. Lo prese, lo studiò e gemette sconsolato. “Multa per divieto di sosta, capo. 6.666 dollari e 66 centesimi. Qui dicono che se non paghiamo entro domani, la mandano dallo sfasciacarrozze.”

I VGL lanciarono un’occhiataccia al famigerato cartello, che ora, fra gli altri, mostrava un bel divieto di sosta! Il cartello fece una sonora pernacchia all’indirizzo dei presenti.

Bertha lo avrebbe volentieri trasformato in una lattina per la coca, ma fu tenuta a freno da Thundersword, mentre Immortal diceva, “Bhe, qui c’è solo una cosa, da fare…”

 

Il sombrero fu tirato fuori dal proprio parcheggio, mentre l’impiegato contava con vistosa libidine i contanti allungati dagli eroi -cifra che includeva, con una cresta agghiacciante, l’allargamento’ della porta per fare passare la nave. Ovviamente, ancora una volta, era stata Ashley a metterci di tasca propria, ed ora aveva uno sguardo vagamente incavolato alla vista dell’orrore cromato parcheggiato sopra una fila di utilitarie mai reclamate dai tempi della Guerra di Corea. “È per una buona causa…” fece Immortal, a fior di labbra.

“La nostra riconoscenza è sconfinata,” disse l’alieno-capo. Un sottoposto era andato nel sombrero, per tornarne con in mano dei blocchetti viola con la stessa stella bianca sul petto del loro proprietario. L’alieno-capo li prese, erano otto, e li porse ai VGL. “Questi sono buoni-pasto McStar-Quasar[xxiii]. Ognuno vale per una famiglia di Laguna o per un solo consumatore molto affamato. Fatene buon uso.”

“Uh…” Immortal si grattò la testa. C’era qualcosa, in quell’offerta, che non riusciva a mettere a fuoco. “Insomma, così per curiosità…Ma perché la prima volta avete rubato dei cestini da pic-nic?”

L’alieno-capo, che stava già salendo a bordo, si fermò sulla soglia del portello e disse, “Oh, quello. Be’, è che volevamo raccogliere dei campioni di cibo terrestre, per fare delle ricette esotiche per gli altri punti vendita McStar nella Galassia di Prophene. Ma grazie a questi,” aggiunse, mostrando orgogliosamente la spazzatura, “il nostro popolo diventerà il primo Fornitore Cosmico! Nano-nano.” Entrò, chiuse la porta e il sombrero schizzò via, spaccando un altro po’ di porta.

“A questo punto, spero che non ci sarà mai più un’invasione aliena,” disse Thundersword. “Tremo al pensiero del rancio ai prigionieri.”

“Allora,” disse Immortal, battendosi soddisfatto il blocchetto sul petto, “affrettiamoci a consumare questa roba, che Pierce non ci ha fatto mangiare dall’inizio dell’allenamento!”

“Buona idea,” commentò Moonfang. “A patto che lo troviamo, un ristorante McStar!”

Immortal si bloccò a metà di un passo. Pronunciò qualcosa di irripetibile, e gettò via il blocchetto.

 

Mentre il gruppo si allontanava, una mano elegantemente curata si chinò a raccogliere quel blocchetto.

Una rapida sfogliata, poi il misterioso individuo, vestito di una giacca nera, ancora elegante nonostante l’evidente stato di consumo, si attaccò al telefono del garage. Compose il numero, attese, e finalmente, con una voce dall’elegante accento Britannico, disse, “Pronto, Bing? Come sta il tuo quinto fratello…Come? Ben tredici anni per frode fiscale? Lo dicevo che doveva darsi da fare prima delle nuove leggi sull’antitrust. Ah, questi giovani distratti…Senti, ho qui un blocchetto di buoni-pasto nuovi. Una passatina di scolorina, e lo rivendi al mercato nero Russo in men che non si dica…Il prezzo? Un affarone…”[xxiv]

 

Episodio 10 - Barfly

 

Il Palazzo Radiale, nel Nesso di Tutte le Realtà

 

“E adesso, una bella firma qui.” Il dito, un dito dalla carnagione pallida, affusolato, decorato da un cerchio di platino con una vena di cristallo dai riflessi arcobaleni, indicò la prima di una serie di linee tratteggiate in calce al foglio. Il foglio stesso era riempito di righe spaziate al limite della leggibilità. Non un solo accapo. Faceva venire il mal di testa, leggere quella roba.

In fondo, me lo meritavo. Sperai solo di non uscirne con un crampo micidiale. Rischiavo di fare tardi per la seconda rata dei contributi a MIT!

La donna di fronte a me era bella da matti, roba da fare cambiare sponda con un salto su due stampelle rotte. Capelli biondissimi, praticamente bianchi, lunghi fino alle spalle, acconciati come un’onda che copriva l’occhio sinistro. Vestiva con un abito bianco elegantissimo, lungo, con una mantella attaccata alla spalla destra. Nel complesso, Opal Luna Saturnine, Mastrex dell’Omniverso era abbagliante.

Bella, e letale. Ad un suo comando, per salvaguardare l’equilibrio delle realtà, interi mondi erano stati cancellati con la stessa facilità con cui si schiaccia una mosca. Una bella fortuna, che per me avesse deciso di limitarsi ad un accordo privato.

Mentre iniziavo a firmare, Opal disse, “La prossima volta che pensi di nutrire il tuo muso ispiratore con roba più complicata di ‘Piccoli Brividi’, Creatore, giuro che ti farò finire a lavorare come copy-writer sottopagato per un partito di governo. Hai fatto un casino che mi ha costretto ad andare avanti a tranquillanti per una settimana…E non pensare di darmi delle scuse. Avevi un personaggio ottimo di suo, e hai dovuto incasinare la sua storia con delle circonvoluzioni da acrobata. E quell’altro, poi! ‘Raccolta dell’eredità’, ‘lascito morale’…Da quant’è che non ti prendi un periodo di ferie?”

Preferii tacere, e continuare a firmare. Guardai le clausole riguardanti il cambio di guardia, sperando che magari quella fosse una copia revisionata…No. Niente da fare. Il nuovo membro era una vera punizione! E dovevo cominciare ad usarlo da subito. Blet!

“Stavi pensando a qualcosa?” Il sorriso ed il tono affabili di lei erano una promessa di morte. Mi chiusi ermeticamente la mente -era facile, bastava pensare ad un comizio del Presidente del Consiglio. Coma garantito.

Finii di firmare. Niente crampo, purtroppo. Mi toccava mettermi subito al lavoro. Il peggio, era che avrei dovuto E subirmi le sghignazzate scomposte del mio Muso Ispiratore -era vero, mi ero pur sempre incaponito sull’ignorare i suoi avvertimenti in merito a ‘sto casino- E lasciargli campo libero sul prossimo special a tinte rosa.

La vita è dura, per chi ha un po’ di verdura.

 

“Una firma qui, ed una qui, ed un'altra qui,” ogni ‘qui’ era seguito da uno sfogliar di pagina. La voce era quella monocorde di un impiegato annoiato.

La mano che firmava con un bello svolazzo finale ogni spazio indicato nello spesso fascicolo era quella di un uomo entusiasta e pronto a tutto.

Un uomo che sembrava uscito fresco fresco dalla pubblicità di un fitness club. Giovane, muscoloso, e nero, vestito di un completo da motociclista arrabbiato, in pelle nera e borchie. Un giovane molto, molto soddisfatto: Wyndell Dichinson quasi non ci credeva di stare per diventare un Vendicatore! Finalmente avrebbe potuto combattere con i grandi, rifarsi un nome e svergognare l’Uomo Ragno. Tie’, becca!

Un discreto colpo di tosse lo scosse da quell’inizio di delirio di onnipotenza. Realizzò di avere sbavato sul contratto. Prese il plico e se lo strofinò sommariamente sui calzoni, per poi restituirlo a un impiegato alquanto schifato.

“Supers…” borbottò l’uomo, mettendo il plico in un raccoglitore. “Può andare dal Supervisore, adesso. Buona fortuna.” E, con un gesto secco del pollice, l’uomo, vestito di un’aderente uniforme blu e bianca con lo stemma dello SHIELD sul petto, indicò una direzione generica dietro di lui.

Wyndell non sembrava molto convinto dell’indicazione. “Err, là c’è un muro?”

“Ingresso camuffato olograficamente. Ci teniamo, alla sicurezza.”

Il giovane non osò commentare la tenuta tutt’altro che anonima dell’agente che avrebbe altrimenti dovuto essere un ‘guardiano’ dei vecchi Magazzini Loreson, la copertura della sezione di Chicago dello SHIELD. “Um, dove lo trovo il Supervisore, una volta dentro?”

L’uomo lo guardò come un nobile guarderebbe l’ultimo dei contadini lerci appena introdottosi al matrimonio solenne dell’unica figlia. “E vuoi che lo sappia io? Io faccio solo la guardia qui. Per questo, ti ho augurato buona fortuna.”

“Oh. Allora…” Wyndell fece un profondo respiro, si ricordò di sistemarsi la camicia nei pantaloni, bestemmiò quando un bottone saltò via, e si diresse a passi decisi verso il muro…

BONK!

L’agente osservò con disprezzo il cerchio di pugnali, che ballavano sulle else sulla testa del povero cristo al posto dei tradizionali uccellini, e disse, “Che non ci vedi? La porta è a sinistra, demente!”

Fraffie, moffo fenfile.” Wyndell, la faccia ‘melassata’ dall’impatto, si spostò e barcollò attraverso il muro, lasciandosi dietro diversi denti.

 

Si ritrovò dentro una stanza nuda dalle pareti luminose. La luce era polarizzata in modo da rilassare, farti sentire a tuo agio…Ron, fii, ron fii, ronf…

Il momento era giunto! Adesso, nulla mi avrebbe impedito di prendermi un bel periodo di riposo e*

Questo era un colpo basso.

Azz!

Lo sai che noi musi ispiratori ci prendiamo una BREVE vacanza solo fra una storia e l’altra. Giusto per riprendere fiato.

Uno ci prova.

Rifallo, provolone, e ti faccio servire sui maccheroni gratinati all’EIC.

Mica è colpa mia, se sei un iperattivo. Quasi non riesco a starti dietro, ora che hai deciso di manifestarti anche in DCItalia..

Niente pubblicità occulta.

Uno vuole fare un favore…Va bene, ricominciamo?

Bene. Ricominciamo. La stanza. Pareti luminose, luce bella abbagliante, giusto per impedire che l’ospite di turno non possa orientarsi o pensare pensieri cattivi. E soprattutto, un casino di sensori nascosti dietro le luci.

Quando uscì, Wyndell Dichinson barcollava causa mancanza di senso radar. In compenso, era davvero abbronzatissimo, persino per i suoi standard -insomma, era ridotto ad un carbone ambulante.

Sbatté contro una specie di albero -era durissimo, ma al tatto coperto da un sacco di muschio. “E questo coso qui sarebbe un candidato Vendicatore?? Altro che squadra, ci faccio al massimo il pinzimonio, con ‘sto mingherlino!” sentì una voce, profonda, potente, con un accento bizzarro. Si tolse gli occhiali, e si pulì le lenti. Strizzò gli occhi, mentre la vista gli tornava finalmente a fuoco…E si trovò a fissare una tagliola d’avorio!

“Lieto di conoscerti, compagno di branco,” disse l’enorme lupo mannaro dalla pelliccia grigio-rossa, stendendo una zampona con degli artigli che avrebbero fatto venire il complesso di inferiorità a Freddy Kruger.

Wyndell ricambiò meccanicamente la stretta. Aveva la bocca aperta e balbettava incoerentemente.

“Quante volte devo dirtelo, Moonfang? Meno denti, nel sorriso,” intervenne una voce femminile. Magico effetto! Wyndell Dichinson quasi voltò la testa di 180° come nell’Esorcista. Lanciò un fischio di ammirazione da professionista: comportamento giustificato, visto che la proprietaria della voce era nientemeno che Ashley Crawford, la supermodella più ambita da tutti gli atelier. Indossava un body giallo e nero, aderentissimo, e stivali pure gialli, e avrebbe potuto comodamente essere nuda come il mannarone, che indossava solo una collana di zanne.

La mano del nuovo sgusciò fuori da quella lupina, e si stese verso Ashley. “Molto piacere, sì!”

La donna ricambiò. “Altrettanto. Sono Big Bertha. Gli altri,” aggiunse, “sono Mister Immortal, il capo.” E indicò un tipo in costume bianco e blu, che non era certo un campione di body-building, ma sicuramente atletico. Wyndell sperò che non si portasse quell’incredibile ciuffone di capelli nella vita civile! “Hollis DeMeer, cioè Phaze.” Un tizio dalla forma umana, ma che era assolutamente nero., con un paio di grandi occhi romboidali bianchi. “Harold Ventura, Flatman.” Effettivamente, il tizio sembrava una sfoglia vivente; c’era da chiedersi come facesse a stare in piedi. “Dinah Soar,” una femmina, ma di quale specie? Era tutta rosa come una caramella, vestiva un body bianco, il suo cranio era allungato con un paio di occhi neri e tondi, e alle braccia sfoggiava un bel paio di ali da pterodattilo. Fece ‘ciao’ con la mano, e disse, “ÊËêêÈ”. “Non le badare,” disse Bertha, indicando l’ultimo Vendicatore, il classico cavaliere in una splendente armatura d’oro, visiera in cristallo scuro e un sorriso-Pepsodent. “Questo è Stewart Cadwell, Thundersword. Direi che ci siamo tutti. Mettiti il costume, che il capo ci vuole parlare. Usa lo sgabuzzino.”

Wyndell fece appena in tempo a prendere al volo il suo involto. Guardò interrogativamente Mr. Immortal, come a chiedergli il perché della fretta…

“Non lui,” disse ‘Fang, che fece un cenno con la testa verso un’altra porta. “Il capo. Quello che morde.”

“Oh.” Wyndell si infilò nello sgabuzzino in questione. Ovviamente, c’era giusto lo spazio per respirare. Gli ci vollero svariati tentativi abortiti -guanto sinistro sul piede destro? No. Riprovare. Carina la bandolera nuova…hmm, forse come cintura proprio non andava, eh?

 

Di fuori, gli altri Vendicatori udirono solo dei grugniti scomposti e suono di ossaglia -almeno, l’amico non era un maleducato: niente bestemmie.

Se Dio vuole, ne uscì: armatura grigia e rossa, con spalline, guanti e gambali di color acciaio, con spine disposte lungo di essi. Sul petto, mostrava un’elegante decorazione rossa il cui significato era noto solo a lui. Una bandolera attraversava il torace fino alla cintura. Un paio di else senza lama spuntavano su bracciali e cavigliere. Il nuovo Bloodshed era tornato.

Nessuno applaudì. Bloodshed si accodò al gruppo, che già si stava mestamente dirigendo verso la porta del ‘Capo’. Quel capo, chiunque fosse.

Avvicinandosi, il neoreclutato notò che veniva una strana luce intensa da dietro la porta. Come se ci fosse un incendio o roba del genere…Era un sordo ringhio, quello che veniva da lì? “Chiedo scusa…Chi è, il capo?”

La porta si aprì. Una specie di drago disse con tono basso, “Entrate.

Bloodshed li vide farsi piccini piccini come scarafaggi esposti di colpo alla luce. Entrarono.

 

Si trovarono in un ufficio abbastanza simile ad un’aula scolastica. Un’ampia scrivania faceva da cattedra. Una dozzina di banchi fronteggiava la scrivania, dietro la quale stava un’ampia lavagna luminosa. Fra la scrivania e la lavagna, sedeva il Supervisore della locale sezione SHIELD di Chicago: Alexander Goodwin Pierce.

I VGL presero posto fra i banchi. Una sedia rinforzata scricchiolò pericolosamente sotto il peso di Moonfang.

Pierce sbuffò, fissando tutti con occhi rossi da boa costrictor prima del pasto. “Ho ricevuto un messaggio dai vostri colleghi della Costa Est. In breve, mi ricordano che voi siete di proprietà dei Vendicatori, e che in caso di emergenza riguardante l’intera organizzazione, da NY alla California a qui, voi obbedirete direttamente ai loro ordini. Insomma, siete stati ammessi a pieno titolo in serie A. Complimenti.” Lo disse come se avesse appena inghiottito bile di vipera.

“…”

Pierce sospirò. “Potete andarvene quando volete, insomma.”

Ci fu un’esplosione di giubilo, ululati e applausi senza ritegno. Fu un casino degno della finale della Coppa del Mondo.  Volarono anche un paio di tappi.

Pierce aspettò che il casino si esaurisse da solo, poi, le mani incrociate sulla scrivania, disse. “Intendiamoci, branco di sconquassati: sapevo, temevo che questo giorno sarebbe venuto. Certo, a questo punto avrei preferito cercare di farvi diventare almeno una parvenza di gruppo efficiente. Se lo desiderate, potrete sempre restare e…”

Ma stava parlando ad un’aula vuota. “Hmpf. Tanto li odio, i lunghi addii.” Estrasse da una tasca una fialetta semivuota di antiacido. Almeno, avrebbe risparmiato forte sui farmaci.

 

In un palazzo adiacente i Magazzini Loreson, il killer era pronto. Questa volta, aveva considerato tutte le possibilità: aveva oliato l’arma, comprato munizioni di prima scelta, letto manuali originali nella sua lingua nazionale, compilato i moduli di garanzia e stipulato un’assicurazione contro tutto!

Sedeva su una poltrona imbottita e ammortizzata, protetto da una spessa lastra di adamantio, e puntava un lanciamissili a testata multipla con ricerca automatica del bersaglio con comando di ignorare l’effetto politically correct.

“Venite fuori, eroi. Sono qua per voi…” ogni tanto, il killer sghignazzava, mentre fissava con ostinazione il cancello principale, da cui la macchina dei VGL usciva per andare in missione…

Squillò il suo cellulare -niente paura, aveva previsto anche questo. Aveva investito un casino anche per il migliore auricolare sterile antiotite. Disse, “Pronto?” e l’apparecchio si mise in funzione da solo. Un rapido scambio di battute, giusto per fargli sapere che i Vendicatori dei Grandi Laghi avevano appena lasciato lo SHIELD…dalla porta di servizio, sul retro!

Il sicario attaccò la linea. Fece spallucce -era destino, evidentemente. E tanto valeva essere coerente fino in fondo. Si tolse il cellulare, con calma, poi, sempre con calma, allungò una mano verso  la cassa delle munizioni, prese un minirazzo da €2.000, e lo innescò.

 

“Vorrei sapere chi mettono a lavorare, al servizio meteo,” si lamentò Mr. Immortal, guardando il cielo all’ennesimo rombo di tuono. O, meglio, si lamentò Craig Hollis. Per la prima volta da quando i VGL si erano formati, potevano finalmente muoversi in abiti civili!

Naturalmente, Craig portava una chioma assolutamente identica a quella che mostrava quando era in costume; compensava con un abito finto-manager talmente pacchiano nei colori che quello dei capelli diventava un dettaglio. Hollis doveva essere appena diventato 18enne, e vestiva ancora come un adolescente in crisi d’identità, cioè senza uno stile definito. Harold stonava da matti in quella congrega, con il suo abbigliamento da accademico casual, con tanto di pipa accesa in una mano. Ashley, ovviamente, stava da Dio, in camicia pesante, sbottonata sotto il collo ed annodata in vita, e shorts azzurri –ma lei sarebbe stata bene anche con un bidone della spazzatura addosso! Accanto a lei, tenendole una manona attaccata al fianco, stava Lycus, nella sua forma umana –un pirata con elegante camicia bianca con i pizzi, orecchini ad anello d’oro, una testa rasata a puntino e ancora abbastanza muscoli da scoraggiare chiunque non fosse armato con almeno un bazooka. Dinah aveva letteralmente cambiato forma, ed ora si presentava come una ragazzina dall’aria impacciata, vestita con tutto quello che serviva a nascondere le forme femminili ad occhi affamati. Stewart era l’emblema ambulante del tycoon dei media che fu un tempo: camicia hawaiana sbottonata su torace scarsamente villoso, amuleto-riproduzione del premio Shazam al collo, braccialetto d’oro al polso destro e occhiali da sole a lenti grandi. Brillantina ai capelli e profumo economico pseudo-esotico.

Wyndell, in coda al gruppo, procedeva tutto ingobbito –eccheddiavolo, potevano pure lasciargli sfoggiare la sua armatura, no? “Era così brutto, là dentro? Insomma, ‘sto Pierce mi è sembrato uno in gamba…” Non ebbe finito di dirlo, che si ritrovò oggetto di sette sguardi fra il divertito e l’impietosito.

“Non forzare la mano alla fortuna, amico,” disse Craig. “Quello non aspetta nemmeno che tu gli offra la mano, per prendersi il braccio e tutto il resto. Non ha fatto altro che torturarci fin dal primo giorno e porci un sacco di limitazioni[xxv]. Ma adesso basta! Ora siamo Vendicatori a pieno titolo, e ci gestiremo da soli!”

“Non contare sulle mie finanze, cocco,” disse Ashley in un tono che non ammetteva repliche, sgonfiando immediatamente l’entusiasmo del capogruppo[xxvi].

“Allora potete contare sulle mie, cocchini,” dissero contemporaneamente Lycus e Stewart, e, incredibilmente, pavoneggiandosi nello stesso, identico modo. Si fermarono entrambi allo stesso tempo, e come due immagini speculari si fissarono allibiti.

“E tu,” si dissero, puntandosi reciprocamente l’indice accusatore, “da dove li tireresti fuori?”

Stu tirò fuori dal taschino un portasigarette ultrapiatto placcato oro con zippo incorporato. Come in un gioco di prestigio, prese una sigaretta e se l’accese. “Fido, ero un produttore di successo. Ho messo da parte qualcosina in un bel conto alle Cayman, dove neppure Perry Mason può ficcanasare. Tasso di interesse del 07,00%. Mangiati la polvere, Fido.” E soffiò una nuvoletta venefica sulla faccia di Lycus.

Lycus controsoffiò la nuvoletta sulla faccia di Stewart. “La mia famiglia è di nobile lignaggio, e vecchia di tremila anni. Io stesso ne ho duecentocinquanta, e ho messo da parte qualcosina. Disponibilità immediata, soldi puliti, proprietà immobiliari. Mangiami la coda, scimmietta.”

In mezzo a quel duello, l’arbitro, cioè Craig, stava sorridendo come un piranha davanti alle mucche grasse, indeciso sul quale spolpare per prima -un’esagerazione? No, visto che Ashley si era vista decurtare parecchi dei suoi fondi nei primi mesi di attività dei VGL.

Alla fine, vinse la moderazione. “Parliamone davanti ad un bicchiere, va bene?” disse Ashley, mettendosi fra i due, che si stavano scambiando ringhi zannuti. La proposta fu subito accolta a pieni voti.

 

Naturalmente, quando Ashley intendeva ‘parlarne davanti ad un bicchiere’, intendeva in un locale all’altezza dei suoi gusti.

Purtroppo, un gruppo come quello dei VGL, seppure in abiti civili, non avrebbe potuto mettere piede in toto in uno dei locali più esclusivi di Chicago. Naturalmente, entrarono tutti. Ovviamente, in cinque -Craig, Hollis, Dinah, Stewart e Wyndell- fecero un volo ad arco fuori dalla porta.

Craig si rialzò per primo, lanciando imprecazioni. “Ma che modi! Insomma, siamo Vendicatori!” e lo sottolineò mostrando l’inconfondibile tessera, andando a piazzarla praticamente sotto il naso del gigantesco buttafuori che li aveva ‘accompagnati’ fuori.

L’omone, il solito armadio vestito il solito Armani, osservò la foto olografica ed il nome del proprietario. “Qui dice che saresti un tizio chiamato Mr. Immortal. Non gli assomigli. Ti chiami Mr. Immortal? È un nome fesso, se me lo lasci dire.”

Craig si batté il palmo sulla fronte. “Lo posso ammazzare, capo?” fece Wyndell, dietro di lui.

“Nahh, troveremo un modo migliore, per entrare. Ad ogni costo!”

 

“Possiedo una villa nel Minnesota,” disse Lycus. “Al confine con il Canada. Mi piace rilassarmi con una bella corsa nelle foreste Canadesi. Con la Luna piena, sono più belle che di giorno.”

Ashley aveva dimenticato il suo drink. Aveva deciso: avrebbe presentato Lycus alla famiglia, poi matrimonio in grande stile e luna di miele in Canada. E chi se ne fregava, se non era umano? Aveva soldi, tanti soldi, era un bell’uomo e le era devoto…

Soprattutto, non avrebbero dovuto preoccuparsi di una superminaccia ogni cinque minuti -davvero! Chicago stava diventando peggio di NY!- e per arrivare sul luogo dell’azione ci avrebbero messo così tanto tempo da arrivare a cose fatte.

Ashley vide che negli occhi di Harold si leggevano le stesse aspettative. Sì, viva i mannari…

“Ma per la &%$£! E un momento, no?” la voce maschile spezzò l’idillio. Ashley sperò che non si trattasse di nuovo di Craig, o gli avrebbe spezzato le braccia… “Oh, no.”

Dall’ingresso alle toilette, un altro armadio stava portando via a peso un cliente…vestito in un costume giallo e nero, con un paio di grosse ali da insetto sulla schiena, e con un elmo a forma di…testa di mosca! “Insomma, uno vuole fare un’onesta rapina e voi lo trattate neanche fosse uno stupratore o…Insomma, ho detto lasciami!”

Un campo di forza esplose intorno all’uomo-mosca, sbattendo l’armadio a terra. L’uomo estrasse una pistola dalla cintura, e la puntò verso gli avventori. “Tutti fermi dove siete! Adesso, signore e signori, mi darete tutti i vostri contanti, e…” fu subito colpito da un’umiliante pioggia di spiccioli -in effetti, era da un pezzo che andava di moda tenersi qualche contante giusto per l’elemosina. “E adesso smamma, buffone,” disse qualcuno dai tavoli.

L’uomo-mosca fu lì lì per decidere di prendere circa i $25 in monete da 1 cent…quando, dopo un breve tafferuglio all’ingresso, cinque Vendicatori fecero il loro ingresso!

“Fermi tutti!” urlò Mr. Immortal, col suo miglior effetto stentoreo. “Nessun crimine passerà impunito, finché ci saremo noi sul mercato!”

Nessuno applaudì, in compenso qualcuno ordinò subito un whisky & soda.

Ashley cercò invano di stamparsi la mano sulla faccia. Cominciava ad odiare il suo lavoro!

“Super eroi a Chicago??” fece il criminale, dimentico del suo mucchietto di soldi. “Poco male! Quando si saprà che ho ne ho steso un gruppo intero, diventerò il signore del crimine di questa città. Fatevi sotto, boy-scout! La Mosca è pronta a darvi un caloroso benvenuto!”

Con sottofondo di obbligatoria risata maniacale, la Mosca fece fuoco con la sua pistola laser.

Mr. Immortal fu colpito in pieno al petto! Emise un gridolino e cadde a terra, stecchito.

“Evvai!” fece la Mosca saltellando. “Il primo gradino verso la fama! E ora tocca a…EHI!” diversi giri di un braccio sottilissimo lo avvolsero saldamente.

“Brutta idea, quella di abbassare il campo di forza per sparare,” disse Flatman.

“Buona idea, l’avermelo ricordato,” disse la Mosca. E lo attivò. La pressione era tale che l’eroe dovette, finalmente, mollare. Il colpo di frusta andò a rovesciare diversi tavolini e bicchieri di cocktail, in un’orgia di salatini volanti.

La camicia da 300$ di Ashley divenne un mosaico di liquori. Non disse nulla, ma decise che avrebbe dovuto rinnovare la sua scorta di gomme da ufficio.

“Ha! E adesso, provatemi a prendermi, buffoni!” La Mosca spiccò un salto, le ali sulla schiena ronzarono…e si fermarono. “Uh-oh.”

La Mosca ricadde ignominosamente a terra. “Ahio! Maledizione, se solo avessi avuto il tempo di sistemarmi meglio il costume, invece di essere interrotto…”

“Preoccupati della tua imminente prigionia, piuttosto, marrano!” lo interruppe Thundersword, levando la sua lancia dorata.

“No, non farlo!” urlò Ashley, pallidissima.

Troppo tardi! L’arma fu lanciata, si trasformò in una specie di folgore, e colpì il campo di forza della Mosca, liberando in pari quantità luce ed energia elettrica.

Quando l’esplosione energetica si fu dispersa completamente, i capelli di ogni cliente erano ridotti ad una massa allucinante degna di una sfilata di istrici punk. C’era un silenzio molto, molto minaccioso, e la morte negli occhi degli avventori: la morte dei VGL.

“Che mi sono perso..?” chiese Immortal, aiutato da Dinah a mettersi in piedi.

“Potresti ancora fare in tempo per il plotone di esecuzione,” disse Ashley, andando a prendere una Mosca alquanto mortificata. “Hai intenzione di darci altri problemi?” chiese al criminale.

“Nossignora, no. Giurosaròbuono…Ma che razza di potenza ha, quel tizio?” chiese, indicando T-Sword. “L’Uomo Ragno ha dovuto ricorrere ad un vile trucco, per spingermi ad abbassare il mio indistruttibile campo di forza!”

“Mi sembravi familiare,” disse Flatman. “Ma non eri morto? O sei un emulo? O un fratello, o un clone, o…”

“Io sono la vera Mosca,” sbuffò il criminale in un moto d’orgoglio. “Io ero riuscito a catturarlo, il tessiragnatele, e quasi l’avevo messo sotto! Aspettate e vedrete! Una Mosca non smette mai di ronzare intorno alla sua preda!” Fu portato via dai due armadi, che si era fatto prendere dalle tradizionali convulsioni isteriche da criminale frustrato.

Immortal rispose con una posa plastica del mento. “Tss, proprio non lo capiscono che questa strada non porterà mai bene, per loro.”

Ashley lo afferrò per i capelli, e lo trascinò verso l’uscita. “L’unica strada che mi interessa, ‘capo’, è quella per il Minnesota. Fammi tardare un altro minuto, e ti gonfio. Andiamo, hop hop!”

A nulla servirono le suppliche di Immortal, che fu quasi portato via di peso. Lui voleva restare a Chicago, dove c’erano l’azione e la gloria, non in qualche sperduto angolo di bosco!

 



[i] QUASAR #29

[ii] prossimamente sui vostri schermi – NDCA

[iii] JUSTICE, INC. #2-3

[iv] su ALPHA FLIGHT

[v] POWER PACK #7

[vi] GUERRA DEI MONDI #2

[vii] Generic Comic Book #1 – e non chiedetemi di più, vi prego!

[viii] Idem.

[ix] SECRET WARS II #1

[x] In realtà il pigrissimo autore della presente serie si è finalmente deciso a sfogliare qualche FQ Star arretrato! Me la perdonate?

[xi] Ep. #1 in su (per quelli che ci sono..!)

[xii] CAPITAN AMERICA & I VENDICATORI Star #11

[xiii] Non siete impazziti, dovrete solo aspettare qualche episodio :)

[xiv] In GUERRE SEGRETE II #1

[xv] MIDNIGHT SONS UNLIMITED #7

[xvi] Epp. 5-6

[xvii] Ep. #1

[xviii] Ep. #2

[xix] Ultimo ep.

[xx] E chi non lo conosce si legga IL CORRIERE DEI RAGAZZI. Gnurant!

[xxi] Ultimo ep.

[xxii] No, non la catena di discount-market

[xxiii] No, non quello

[xxiv] Non PUOI avere in mente quello che penso, ti prego! - Lascia fare a me, uovo…err, uomo di poca fede - Ti sei montato la testa. Lo dicevo che non dovevi bere quella CERAMENTE®-Vodka - Sei invidioso solo perché non te ne ho offerta! - No, ho tanta paura di finire atomizzato!

[xxv] Ma non è vero! - La parte sulla tortura sì, però! – Tu ti stai prendendo delle libertà. – Nyah nyah, penitenza, scribacchino! – Uffi!

[xxvi] Ammettilo, non suona male. – Te la concedo, ma solo per questa serie! Sa di politica, blet! – Sai fare qualcos’altro, oltre a lamentarti? – So concretizzare i tuoi suggerimenti, e solo io lo so fare, right? – Bastardo. – Hehe J